Corte di Cassazione, ordinanza n. 23322 depositata il 1° agosto 2023
procedure concorsuali – notifiche sulla pec – società estinte
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1/2018, dichiarava il fallimento di J.C. di M.A. & s.n.c. e dei suoi soci illimitatamente responsabili M.A. e F.M. su istanza dell’Agenzia delle Entrate.
2. La Corte d’appello di Venezia, a seguito del reclamo presentato da M.A. e F.M. quali soci illimitatamente responsabili di J.C. s.n.c., rilevava che la notifica dell’istanza di fallimento non era stata neppure tentata nei confronti della società debitrice, mentre era avvenuta rispetto ai soci illimitatamente responsabili soltanto il 2 gennaio 2012, a udienza già celebrata. Osservava che una simile violazione del principio del contraddittorio avrebbe imposto, ai sensi dell’art. 354 proc. civ., una declaratoria di nullità e la remissione degli atti al primo giudice. Riteneva, tuttavia, che la regressione non fosse possibile, dato che era già interamente decorso il periodo di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, previsto dall’art. 10, comma 1, l. fall., perché potesse essere dichiarato il fallimento della società e dei suoi soci.
Accoglieva, pertanto, il reclamo, revocando la declaratoria di fallimento di J.C. di M.A. & C. s.n.c. pronunciata dal tribunale.
3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 14 maggio 2018, prospettando due motivi di doglianza.
Gli intimati fallimenti di J.C. di M.A. & C. s.n.c. e dei suoi soci illimitatamente responsabili M.A. e F.M., J.C. di M.A. & C. s.n.c., M.A. e F.M., quali soci illimitatamente responsabili di J.C. s.n.c., non hanno svolto difese.
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ., la nullità del procedimento di reclamo e della sentenza pronunziata all’esito dello stesso a causa della violazione degli artt. 16-bis, comma 9-bis, e 16-undecies d.l. 179/2012 e del correlato decreto del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia in data 28 dicembre 2015:
la Corte d’appello non si è avveduta – in tesi – della nullità delle notifiche eseguite dai reclamanti, che, pur essendo avvenute a mezzo p.e.c., non erano state accompagnate da una regolare attestazione della conformità degli atti notificati all’originale.
In particolare, l’attestazione di conformità era nulla perché non erano stati indicati, con riferimento ai documenti allegati alla relata di notificazione, i nomi dei files a cui essa si riferiva; inoltre, non era stato attestato che la procura allegata alla relata di notifica fosse stata estratta dal fascicolo informatico.
5. Il motivo risulta, nel suo complesso,
5.1 L’art. 16-undecies, comma 3, d.l. 179/2012, applicabile ratione temporis, prevede che: i) l
Queste disposizioni, nel loro complesso, richiedono che l’attestazione di conformità sia inserita direttamente nella relazione di notifica, se la copia informatica ha una simile destinazione, e
La mancata indicazione del nome del file all’interno dell’attestazione di conformità della copia informatica dell’atto processuale notificato, tuttavia, costituisce una mera irregolarità non riconducibile alle nullità contemplate nell’art. 11 della l. n. 53/1994 (Cass. 14818/2018) e inidonea a influire sulla validità della notifica.
Il primo vizio denunciato, quindi, non comporta alcuna nullità.
5.2 La relazione di notifica non si limita, poi, ad attestare che “la copia informatica della procura alle liti allegata è conforme all’originale analogico (o alla copia conforme analogica) della procura alle liti dal quale è estratta”, ma specifica, in esordio, che la notificazione avveniva “in virtù della procura alle liti rilasciata ai sensi dell’art. 83, 3° comma c.p.c. che si allega alla presente notifica”. Queste indicazioni non lasciavano dubbi in ordine al fatto che la procura alle liti allegata alla relata di notifica fosse quella in virtù della quale il gravame era stato promosso e coincidesse con quella allegata all’atto di reclamo depositato.
Risulta così infondato anche il secondo profilo di contestazione.
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 18, comma 10, l. fall., 347, comma 3, cod. proc. civ. e 45 disp att. cod. proc. civ.: la Corte d’appello ha ritenuto che la notifica dell’istanza di fallimento non fosse stata effettuata alla società debitrice senza preoccuparsi di acquisire la prova dell’attività compiuta dalla cancelleria, la quale, invece, aveva provveduto a eseguire la notifica all’indirizzo p.e.c. della società indicato nel registro delle imprese.
7. Il motivo è fondato.
In caso di società già cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato, ai sensi dell’art. 15, comma 3, l. fall., all’indirizzo di posta elettronica certificata della stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese (v. Cass. 25701/2017, Cass. 602/2017, Cass. 17946/2016). Il che è quanto avvenuto nel caso di specie, dato che la cancelleria ha provveduto alla notifica del ricorso e del decreto di convocazione all’indirizzo della società risultante dal registro delle imprese (xxxxx@xxxxx.it) in data 20 dicembre 2017, nel rispetto dei termini abbreviati fissati ex art. 15, comma 5, l. fall..
La constatazione del fatto che non fosse stata neppure tentata la notifica alla società cancellata risulta, perciò, viziata dal mancato accertamento del fatto che la cancelleria del primo giudice aveva provveduto ad effettuare la notifica secondo le modalità preferenziali previste dall’art. 15, comma 3, l. fall..
La verifica del compimento di una simile attività non poteva che avvenire attraverso l’acquisizione di copia del fascicolo telematico, al cui interno la stessa trovava riscontro, nell’esercizio di quel potere di indagine che l’art. 18, comma 10, l. fall. attribuisce al collegio del reclamo anche al fine di controllare l’esito dell’attività che la cancelleria era tenuta a compiere (oltre che la fondatezza dell’attestazione della sentenza di fallimento in ordine alla “regolarità delle notifiche”).
Giova, infine, precisare che l’irritualità della convocazione dei soci illimitatamente responsabili non impedisce di acclarare l’erroneità della constatazione compiuta dalla Corte distrettuale rispetto alla società debitrice.
Infatti, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di società con soci illimitatamente responsabili l’obbligo di convocazione di questi ultimi, sancito dall’art. 147, comma 3, l. fall., trova giustificazione non in un loro generico interesse riferito alla dichiarazione di fallimento della società, ma nel fatto che detta dichiarazione produce anche il loro fallimento; ne consegue che, siccome la sentenza che dichiara il fallimento della società e dei soci contiene una pluralità di dichiarazioni di fallimento, tra loro collegate da un rapporto di dipendenza unidirezionale, trovando la dichiarazione di fallimento del socio il suo presupposto nella dichiarazione di fallimento della società (la cui nullità travolge anche la prima, mentre non è vero il contrario), la mancata convocazione del socio determina unicamente la nullità del suo fallimento, ove specificamente impugnato, ma non si riflette sulla validità della pronuncia emessa nei confronti della società (Cass. 7181/2013; nello stesso senso Cass. 25140/2018, Cass. 1105/2016).
8. La sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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