CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25608 depositata il 1° settembre 2023
Lavoro – Gestione separata – Presupposti per l’iscrizione – Pagamento contributi e sanzioni – Prescrizione dei crediti contributivi – Differimento della scadenza del termine – Articolo 1 D.P.C.M. del 10.6.2010 – Avviso bonario – Accoglimento
Rilevato che
Con sentenza del giorno 9.12.2020 n. 208, la Corte d’appello di Perugia respingeva il gravame proposto dall’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Perugia che aveva accolto i ricorsi riuniti (relativamente alla richiesta di accertamento dell’insussistenza dei presupposti per la iscrizione alla gestione separata dell’Inps sia per il 2009 che per il 2010 e dei conseguenti avvisi di addebito) promossi da C.S., avvocato, avverso il pagamento degli importi meglio indicati nella sentenza impugnata, a titolo di contributi e sanzioni, per gli anni 2009 e 2010, dovuti alla gestione separata, di cui all’art. 2, comma 26 della legge 335/95 e per l’effetto, il medesimo tribunale, dichiarava non dovute tali somme, ritenendo illegittima l’iscrizione della professionista alla gestione separata.
La Corte d’appello, da parte sua, ha confermato l’accoglimento del ricorso da parte della sentenza di primo grado, precisando, tuttavia, che l’iscrizione era legittima ma i crediti contributivi oggetto di contestazione erano prescritti, essendo decorso il relativo termine senza che vi fosse stato alcun valido atto interruttivo, mentre il differimento del termine di scadenza del versamento del saldo (ad opera dell’art. 1 del DPCM 10.6.10 e dell’art. 1 del DPCM 12.5.2011) non era utilmente invocabile dall’Istituto previdenziale atteso che la professionista non era destinataria della proroga, avendo optato per gli anni in contestazione per il regime fiscale cd. “dei minimi”, proroga che riguardava, invece, i professionisti soggetti agli studi di settore.
Avverso tale sentenza, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base un motivo, mentre C.S. non ha spiegato difese scritte.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il motivo di ricorso, l’Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2935 c.c., in combinato disposto con l’art. 2 commi 26-31 della legge n.335/95, con l’art. 18 del d.lgs. n. 241/97, con l’art. 17 del DPR 435/01 e del DPCM 10.6.10 e con l’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto maturata la prescrizione quinquennale dei crediti contributivi alla data di ricezione dell’avviso bonario emesso dall’Inps e per aver ritenuto di non poter applicare i DPCM di differimento della scadenza del termine per il versamento dei contributi, perché la professionista non sarebbe stata destinataria degli stessi, che si riferivano, in tesi, esclusivamente a chi fosse stato soggetto agli studi di settore.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte. “ (…)3.4.- Quanto alla latitudine soggettiva del differimento, questa Corte ha chiarito che ne beneficiano tutti i contribuenti, allorchè esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore. A favore di tale interpretazione milita l’univoco dettato letterale, che contraddice la lettura riduttiva, propugnata nella memoria illustrativa dalla parte controricorrente. Il differimento, dunque, non si applica soltanto a “coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione” (sentenza n. 10273 del 2021, cit.). Pertanto, “ciò che rileva, ai fini di detto differimento, è il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi” (Cass., sez. VI-L, 11 agosto 2022, n. 24668; nello stesso senso, fra le molte, Cass., sez. VI-L, 26 luglio 2022, n. 23314 e n. 23309, punto 8, e Cass., sez. VI-L, 15 luglio 2022, n. 22336), cfr. Cass. nn. 32683/22, 10273/21.
Nella presente vicenda, per il 2009, il D.P.C.M. di riferimento è quello del 10.6.2010 che all’art. 1 statuisce che “i contribuenti tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di imposta regionale sulle attività produttive entro il 16 giugno 2010, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui all’art. 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze, effettuano i predetti versamenti entro il 6 luglio 2010”.
Quindi, per l’anno 2009, il termine prescrizionale decorreva dalla scadenza prorogata del 6.7.10 ed alla data di ricezione da parte della professionista dell’avviso bonario dell’Inps di richiesta di pagamento dei contributi (30.6.15), il termine prescrizionale dei cinque anni non era ancora decorso.
Il motivo di ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, affinché, alla luce di quanto sopra esposto, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.
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