CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26658 depositata il 15 settembre 2023
Lavoro – Infortunio sul lavoro – Regresso dell’INAIL – Prescrizione dell’azione di regresso – Decorrenza del termine – Data di emissione della sentenza penale di non doversi procedere – Giorno nel quale è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna – Momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato – Rigetto
Ritenuto che
Con sentenza del 21.2.18, la corte di appello di Brescia, in riforma di sentenza del 2016 del tribunale di Bergamo, ha condannato la cooperativa e la S. in epigrafe nonché il socio accomandatario della S. al pagamento di 142.439 € in favore dell’Inail per infortunio sul lavoro occorso a dipendente della cooperativa che aveva svolto attività presso la S..
In particolare la corte di territoriale ha ritenuto che il termine triennale ex art. 112 t.u.i.l.m.p. per il regresso dell’Inail, anche nel caso in cui fosse intervenuta sentenza di non doversi procedere, decorresse dall’irrevocabilità della detta sentenza e non della data della sua pronuncia.
Avverso tale sentenza ricorre la S. e il suo accomandatario per due motivi, resiste l’Inail con controricorso; la cooperativa è rimasta intimata. Le parti costituite hanno presentato memorie.
Il Collegio si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito della decisione.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce violazione degli articoli 112 d.p.r. 1124 del 1965 e 2935 del codice civile, invocando la prescrizione dell’azione di regresso, avendo la corte territoriale trascurato che il termine, ove manchi una sentenza penale di condanna, decorre dalla liquidazione dell’indennizzo.
Il motivo è infondato.
Sez. U, Sentenza n. 3288 del 16/04/1997 (Rv. 503737 – 01) ha evidenziato che l’ultimo comma, art. 112, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (secondo cui il giudizio civile di cui al precedente art. 11 non può istituirsi dopo trascorsi tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per le cause indicate dallo stesso articolo, quali la morte dell’imputato o l’intervenuta amnistia del reato, e l’azione di regresso di cui all’art. 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile) contempla, nelle sue due disposizioni anzidette, due fattispecie diverse, delle quali la prima è caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto – reato da parte del giudice penale e la seconda, invece, dall’esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna (pronunciata nei confronti del datore di lavoro o di suoi dipendenti o dello stesso infortunato);
correlativamente, l’azione di regresso dell’I.N.A.I.L. soggiace nella prima ipotesi (ai sensi della prima parte, ultimo comma, cit. art. 112) a termine triennale di decadenza, che (insuscettibile d’interruzione) decorre dalla data di emissione della sentenza penale di non doversi procedere, e nella seconda ipotesi (ai sensi dell’ultima parte, ultimo comma, stesso art. 112) a termine triennale di prescrizione, che decorre dal giorno nel quale è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna.
La giurisprudenza di questa Corte ha poi ulteriormente precisato che il termine in discorso, ove non sia stato iniziato alcun procedimento penale (Cassazione SU 5160 del 2015) decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato (ovvero, in caso di rendita, dalla data di costituzione della stessa), mentre, se il procedimento è iniziato entro il triennio dal pagamento dell’indennizzo o dalla costituzione della rendita, il decorso del termine triennale di prescrizione non può che restare ancorato al momento della sentenza penale irrevocabile (Cass. Sez. Lav., sentenza n. 20853 del 2015).
Solo nel momento in cui la sentenza penale diviene definitiva, si consolida il momento a partire dal quale decorre il termine, a seconda dei casi di decadenza o di prescrizione, per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL.
In tal senso, si è già precisato (Sez. L, Sentenza n. 4225 del 03/03/2016, Rv. 639196 – 01 e Sez. L, Sentenza n. 5947 del 05/03/2008, Rv. 601977 – 01)) che, in tema di infortunio sul lavoro per il quale sia stata esercitata l’azione penale, ove il relativo processo si sia concluso con sentenza di non doversi procedere o (come nella specie) in sede dibattimentale per essersi il reato estinto a seguito d’intervenuta prescrizione, il termine triennale di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla mera emanazione della sentenza, non essendovi stato un accertamento dei fatti-reato da parte del giudice penale.
Il secondo motivo deduce ex art. 360 co. 1 n. 4 e 5 .c.p.c. vizio di mancata motivazione in relazione alla mancata ammissione della c.t.u. medico-legale per i postumi dell’infortunato.
Il motivo è inammissibile.
Premesso in linea generale che la scelta se avvalersi o meno di consulenza tecnica d’ufficio è scelta discrezionale che compete al giudice di merito, nel caso la corte territoriale ha rilevato che il danno biologico non era stato contestato e dunque ha reso motivazione sulle ragioni del manto ricorso a consulente.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 7000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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