CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26680 depositata il 15 settembre 2023

Tributi – ICI – Rendite catastali dichiarate – Intervenute variazioni edilizie – Rigetto

Rilevato che

1. oggetto del contendere è l’ICI relativa agli anni 2005/2008, la cui maggior somma dovuta veniva accertata dal Comune di (…) con l’avviso n. (…), notificato il 23 aprile 2014, tramite il quale detto ente territoriale chiedeva alla contribuente il pagamento dell’importo di 17.914,09 Euro, oltre accessori, sulla base della nuova rendita catastale presentata dalla società il 27 marzo 2013;

2. con l’impugnata sentenza la Commissione regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da E.P. S.p.A. contro la sentenza n. 349/2/2015 della Commissione tributaria provinciale di Macerata, assumendo – per quanto ora rileva in relazione ai motivi di impugnazione – che:

– la previsione della L. 21 novembre 2002, n. 342, art. 74, comma 1, (secondo cui: “A decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro modificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita”) risulta derogata dalla l. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 comma 337, (a mente del quale “Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notifica della richiesta del Comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune”) (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata), allo scopo di favorire la dichiarazione spontanea di quanti avrebbero dovuto dichiarare le variazioni intervenute sull’immobile al catasto;

– “la deroga posta dalla l. 311 del 2004, comma 337 dell’art. 1 ha riguardato esclusivamente l’effetto fiscale delle nuove rendite catastali – vale a dire la decorrenza delle obbligazioni tributarie e non la retroattività del potere di accertamento dell’Ente impositore, di cui non vi è menzione alcuna nella suddetta norma” (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata);

– “corollario di tale coordinamento normativo è che la disposizione summenzionata non ha inciso sulla disciplina del termine decadenziale dell’azione accertatrice che rimane regolata dal D.Lgs. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161” (ndr L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161) (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata), costituente norma applicabile in materia di decadenza/prescrizione vigente all’epoca della notifica dell’avviso di accertamento (23 aprile 2014);

– la notifica di detto avviso di accertamento era intervenuta dopo la scadenza del termine decadenziale “in quanto in relazione alle annualità in questione (2005/2008), era scaduto al 31 dicembre 2010 per l’anno 2005, al 31 dicembre 2011 per l’anno 2006, al 31 dicembre 2012 per l’anno 2007 ed al 31 dicembre 2013 per l’anno 2008” (così a pagina n. 4 della sentenza impugnata);

3. con ricorso notificato in data 22 dicembre 2019, il Comune di (…) proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando un unico motivo di censura, illustrato con successiva memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c., depositata il 4 maggio 2023;

4. E.P. S.R.L. resisteva con controricorso notificato il 22 gennaio 2020, concludendo per il rigetto dell’impugnazione; in data 27 aprile 2023 ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Considerato che

1. con l’unico, articolato, motivo di impugnazione il Comune di (…) ha eccepito, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3, cod. prov. civ., la violazione e la falsa applicazione della l. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 commi 336 e 337, contestando la decisione del primo Giudice, in quanto contraria al dettato normativo ed introduttiva di una limitazione non coerente con il dato letterale, assumendo che non avrebbe senso assegnare efficacia alle nuove rendite a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data a cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale e poi impedire che gli effetti fiscali delle modifiche, se intervenute dopo il quinquennio, possano essere oggetto di accertamento;

1.1. la tesi del comune e’, dunque, quella di una riespansione determini di accertamento, nel senso della loro decorrenza dall’anno successivo alla modifica della rendita catastale, a mente del citato art. 1, commi 336 e 337, della l. 30 dicembre 2004, n. 311;

2. il ricorso non può essere accolto per le seguenti ragioni;

3. come ricordato dalla contribuente con la memoria ex art. 380-bis. 1., c.p.c., questa Corte si e’, di recente, occupata della questione giuridica posta con il motivo di ricorso, risolvendola, con la pronuncia dell’11 luglio 2022, n. 21811 (ai cui più ampi contenuti si rimanda anche ai sensi dell’art. 118, disp. att./trans., c.p.c.), nei termini sottoindicati, che, in assenza di contrarie, convincenti, argomentazioni, vanno ribaditi, confermando che:

in ordine alla decadenza del potere di accertamento in materia di tributi locali, la l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 comma 161, (Finanziaria del 2007), “ha provveduto a dettare per i suddetti tributi un termine unitario di decadenza, sia per l’esercizio dell’attività di accertamento, sia per la notifica del primo atto di riscossione”, stabilendolo al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati;

– “in forza del successivo comma 171, la disciplina di cui al precedente comma 161 opera anche per rapporti d’imposta che alla data di entrata in vigore della legge cit. risultano ancora pendenti, di talché ai tributi dovuti per annualità precedenti al 2007, per i quali, alla data del 1 gennaio 2007, non è ancora intervenuta la decadenza in base alla disciplina previgente, si applica, dunque, il nuovo termine decadenziale“:

– “Quanto alla disciplina in materia di variazione catastale, la l. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 comma 336, (legge finanziaria 2005) stabilisce che “I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al d.m. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministro delle finanze (…)”, così creando “un meccanismo con quale si realizza un aggiornamento del catasto sostanzialmente ad opera del contribuente”;

– “Il successivo comma 337 sancisce che “Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal l gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune“;

– “A tal fine il comma 337 prevede una deroga alle disposizioni attuali (l. n. 342 del 2000, art. 74 che fanno decorrere gli effetti di tutte le modificazioni di rendite dalla data della notifica a cura dell’ufficio. L’effetto fiscale delle nuove rendite catastali, conseguenti alla variazione del classamento intervenuta a seguito della richiesta del comune, si produce dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferisce la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune“;

– (…) la deroga in esame riguarda esclusivamente l’effetto fiscale delle nuove rendite catastali – vale a dire la decorrenza dell’obbligazione tributaria – e non la retroattività del potere di accertamento dell’Ente impositore, di cui non vi è menzione alcuna nella norma suddetta”, il che induce a ritenere che “la disposizione summenzionata non ha inciso sulla disciplina del termine decadenziale dell’azione accertatrice, che rimane regolata, dal D.Lgs. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161 (ndr L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161) )”.

– “In particolare, occorre precisare che non si deve confondere la data di aggiornamento del classamento catastale, che coincide con il giorno di inserimento in catasto della nuova identificazione dell’immobile e consiste nell’adeguamento del classamento catastale alla situazione di fatto, con la data di rilevazione della discrasia tra classamento catastale e situazione di fatto, che coincide con il giorno di mancata presentazione della denuncia di variazione catastale e costituisce il dies a quo per la risalenza ex tunc degli effetti fiscali“;

– “Ad ogni modo, in assenza di espresse indicazioni da parte del comma 337, la decorrenza retroattiva delle rendite catastali, in relazione alla determinazione dei tributi parametrati sulle relative variazioni, come per l’I.C.I., incontra il limite della decadenza quinquennale indicata dalla l. n. 296 del 2006, art. 1 comma 161, con la conseguenza che l’ente impositore non e’, in tali casi, esonerato dal dovere di attivarsi nel termine previsto da quest’ultima norma per accertare l’imposta dovuta” (così Cass., sez. T., 11 luglio 2022, n. 21811);

4. la Commissione tributaria regionale ha correttamente applicato i suddetti principi, per cui il ricorso va rigettato;

5. le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in ragione della novità della questione solo da ultimo risolta dalla Corte;

6. nondimeno, va dato atto, ai sensi del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.