Corte di Cassazione, ordinanza n. 26818 depositata il 19 settembre 2023
nel processo tributario la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore
Rilevato che:
La Guardia di Finanza, in data 11.8.2014, iniziava una verifica fiscale nei confronti della R. s.r.l., cancellata dal registro delle imprese in data 13.12.2012, al fine di controllare l’adempimento delle disposizioni fiscali in materia di imposte sui redditi, IVA ed altri tributi per l’anno 2010.
All’esito della verifica, veniva consegnato a T.S., in qualità di ex liquidatore della società, processo verbale di constatazione con il quale si contestavano deduzione di costi fittizi dalle basi imponibili IRES ed IRAP ed indebita detrazione di IVA per avere la società posto in essere una condotta integrante abuso del diritto.
Il T.S., nella sua qualità, presentava quindi istanza di adesione al p.v.c. ai sensi dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 218/1997 al fine di beneficiare della riduzione delle sanzioni.
Successivamente l’Agenzia delle entrate emetteva due distinti atti di definizione – l’uno intestato alla N. s.r.l. (cancellata dal registro delle imprese in data 21.12.2012), nella qualità di società consolidante, l’altro alla R. s.r.l., nella qualità di società consolidata, con i quali chiedeva il pagamento di maggiori IRES, IRAP e IVA, con relative sanzioni.
T.S., nella sua qualità, la R. s.r.l. e la N. s.r.l., società già estinte, nella persona del già liquidatore e legale rappresentante T.S., proponevano due distinti ricorsi contro gli atti di liquidazione. I ricorrenti deducevano, in particolare, la nullità degli atti impugnati per avere l’Ufficio liquidato l’IVA in violazione dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 218/1997, posto che l’adesione al p.v.c. presuppone che i rilievi possano essere oggetto di un accertamento parziale, da escludersi nella specie poiché la contestazione concerneva un’ipotesi di abuso del diritto, nonché per violazione del principio del legittimo affidamento, avendo parte contribuente confidato nel contenuto del p.v.c. il quale prevedeva la possibilità di aderire con riferimento ai rilievi in materia di IRES ed IRAP.
La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, riuniti i ricorsi, annullava gli atti di definizione. Rilevava, in particolare, che gli atti impugnati erano nulli, in quanto intestati e notificati a T.S., non come persona fisica ma quale ex liquidatore e legale rappresentante delle due società già estinte.
L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate veniva accolto dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, la quale riteneva non impugnabili gli atti di definizione.
La suddetta sentenza è stata impugnata dinanzi a questa Corte, sulla base di quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono «Violazione di legge, art. 360, c. 1 n. 3 cpc. Violazione e falsa interpretazione ed applicazione degli artt. 5 bis e 2, co. 3, del D.Lgs. n. 218/97 e dell’art. 19 del D. Lgs. 546/92», per avere la sentenza impugnata erroneamente rilevato, in ragione della loro comune natura deflattivo-premiale, una connessione sistematica tra l’atto di definizione e l’accertamento con adesione, ritendo consequenzialmente l’applicabilità al primo del regime di inoppugnabilità previsto per il secondo.
2. Con il secondo motivo si deduce «Violazione di legge, art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c. e all’art. 36 del D.Lgs. n. 546/92», per essere la decisione gravata affetta da motivazione apparente e meramente contraddittoria, avendo dapprima escluso in via generale l’impugnabilità degli atti di definizione e poi esaminato taluni profili inerenti tali atti.
3. Con il terzo motivo si deduce «Violazione di legge, art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546/92», sul rilievo che l’interpretazione e l’applicazione di dette disposizioni prospettate nella sentenza impugnata comportano un’arbitraria limitazione dei vizi per i quali l’atto può essere impugnato e dei poteri di controllo del giudice tributario.
4. Con il quarto motivo si deduce «Violazione di legge art. 360 c.p.c. co. 1, n. 3 in relazione all’art. 5bis del D.lgs. 218/97, all’art. 324 c.p.c. ed all’art. 2909 codice civile», in riferimento alla statuizione della pronuncia di primo grado secondo cui non sussistevano i presupposti per accertare una violazione ex art. 54, quarto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972.
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360- bis, n. 1, cod. proc. civ., con assorbimento degli altri motivi, avendo la sentenza impugnata deciso la questione di diritto prospettata dai ricorrenti in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
5.1. Ai sensi dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997, applicabile ratione temporis nel caso di specie, «1. Il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che consentano l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 2. L’adesione di cui al comma 1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo mediante comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’organo che ha redatto il verbale. Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, lo stesso notifica al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento parziale recante le indicazioni previste dall’articolo 7».
5.2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, una volta che sia stato definito l’accertamento con adesione, ai sensi del d.lgs. n. 218 del 1997, con fissazione anche del quantum debeatur, al contribuente non resta che eseguire l’accordo, mediante il versamento di quanto da esso previsto, risultando normativamente esclusa la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato. È, quindi, inammissibile il ricorso contro l’avviso di accertamento proposto dopo la firma del concordato fiscale (cfr. Cass. n. 25497 del 2022, Cass. n. 15980 del 2020, Cass. n. 10086 del 2009).
L’adesione al processo verbale di constatazione ha la finalità di evitare qualsiasi forma di contraddittorio in quanto il contribuente, esercitando la facoltà allo stesso riconosciuta, aderisce all’integrale contenuto del processo verbale relativamente ai rilievi in tema di imposte sui redditi ed IVA, definendo la propria posizione prima ancora dell’emissione dell’atto di accertamento, con il vantaggio che, a fronte della mancata instaurazione di un vero e proprio contraddittorio con l’Ufficio, nonché della mancata emissione di un avviso di accertamento, le sanzioni previste per la procedura ordinaria di accertamento vengono ridotte; il legislatore ha precisato che l’adesione del contribuente riguarda il processo verbale di constatazione che consenta l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’art. 41-bis del decreto del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 54, quarto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972; dunque, è il riferimento ai presupposti per l’accertamento parziale che caratterizza la particolare procedura deflattiva in esame.
5.3. Ciò posto, deve precisarsi che, nella fattispecie, non può peraltro trovare applicazione il principio espresso da Cass. n. 29036 del 2021 (conf. Cass. n. 4566 del 2020), secondo cui, poiché l’accertamento parziale è connotato dalla contestazione di un maggior debito di imposta, senza che emerga alcuna attività di tipo valutativo da parte dell’Amministrazione finanziaria (profilo che, invece, attiene all’atto di accertamento ordinario), è escluso dalla procedura di adesione tutto ciò che, pur inserito all’interno del processo verbale, non ha alcuna attinenza con quanto può formare oggetto di immediata adesione, sicché non possono essere fatte oggetto di adesione tutte quelle indicazioni che, se pur inserite nel processo verbale di constatazione, necessitano di una ulteriore attività istruttoria da parte dell’Ufficio. Invero, posto che il processo verbale di constatazione contiene sia rilievi in materia di IRES ed IRAP che in materia di IVA, va osservato che la CTR, con apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, ha rilevato che nel p.v.c. «si rinviene un univoco riferimento normativo proprio all’IVA» e che tra le violazioni sostanziali «è compreso, subito dopo i quadri A e B (a pag. 38), concernenti le violazioni sostanziali in materia di II.DD. e IRAP, anche il quadro C (a pag. 39), concernente violazioni sostanziali in materia di IVA». Conseguentemente, la commissione ha ritenuto che parte contribuente avesse prestato adesione al contenuto integrale del processo verbale di constatazione, sicché risultava inammissibile qualsivoglia censura nei confronti degli atti di definizione, non sussistendo alcuna difformità rispetto al contenuto del p.v.c.
6. Il ricorso in scrutinio è inammissibile anche sotto altro profilo.
6.1. L’impugnazione risulta proposta da T.S., nella qualità di ex liquidatore della R. s.r.l., cancellata dal registro delle imprese in data 13.12.2012; da R. s.r.l., cancellata dal registro delle imprese in data 13.12.2012, in persona dell’ex liquidatore T.S.; da N. s.r.l., cancellata dal registro delle imprese in data 21.12.2012, in persona dell’ex liquidatore e rappresentante legale T.S..
6.2. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore (ex plurimis, Cass. n. 23365 del 2019). In linea con tale orientamento e con riferimento alla fattispecie in esame, si è poi affermato che l’accertamento con adesione da parte dell’ex socio e liquidatore di società di capitali già estinta e cancellata dal registro delle imprese in epoca anteriore all’emanazione dell’atto impositivo è valido ed efficace e determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato tra le parti, risultando conseguentemente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare tale accordo o l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia ma solo a garanzia del Fisco, fino all’integrale pagamento dell’obbligazione scaturente dal concordato (Cass. n. 26109 del 2020).
6.3. Nella specie, risulta dal ricorso per cassazione che le società contribuenti sono state cancellate dal registro delle imprese ben prima della notifica degli atti impugnati; va pertanto rilevato d’ufficio il difetto di capacità processuale dei ricorrenti, con conseguente inammissibilità – anche riguardo a tale profilo – del ricorso.
7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 13.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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