CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27722 del 2 ottobre 2023
Lavoro – Ricalcolo pensione – Sistema retributivo – Riliquidazione della pensione di vecchiaia – Armonizzazione – Inammissibilità
Rilevato che
la Corte d’appello Venezia, con sentenza n. 464/2021, ha accolto l’appello principale proposto dall’INPS ed ha rigettato quello incidentale proposto da L. R. avverso la sentenza del Tribunale di Padova che aveva accolto la domanda dello stesso R., tesa al ricalcolo della pensione liquidata dall’INPS ex fondo elettrici dal luglio 1997 ma solo con decorrenza dalla data della domanda amministrativa e su base retributiva pensionabile ridotta rispetto a quella indicata dal pensionato;
in particolare, la Corte – dopo avere disatteso l’eccezione di decadenza ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, ed aver richiamato la normativa applicabile – ha affermato che l’importo del trattamento pensionistico, da calcolarsi con il sistema retributivo in presenza di una anzianità di contribuzione di almeno 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, era soggetto al tetto massimo di cui al D.lgs. n. 562 del 1996, art. 3, lett. a) e b), sicché, una volta determinata la prestazione alla luce della normativa vigente presso il fondo elettrici, doveva procedersi, quanto alla valutazione delle retribuzioni pensionabili percepite sino al 31 dicembre 1996, a determinare i due tetti cui confrontare l’importo della pensione, che, se superiore agli stessi, doveva ridursi fino a farlo coincidere con il tetto di maggiore valore;
la domanda per come formulata, e cioè come pretesa a fruire della pensione interamente commisurata alla retribuzione imponibile determinata secondo le regole AGO nel limite dell’80%, non poteva, secondo la Corte territoriale, essere accolta, in quanto, in conformità con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, i valori di cui al D.lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, costituivano altrettanti limiti finalizzati a perseguire, in esecuzione della Legge Delega n. 335 del 1995, la graduale armonizzazione dei trattamenti sostitutivi vigenti presso i Fondi speciali INPS con quello vigenti presso l’AGO;
osservava che, nella fattispecie di causa, detti limiti non erano stati mai superati, laddove la pensione già mensilmente percepita era evidentemente inferiore a quella astrattamente determinabile in forza del d.lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, che costituiva un tetto massimo, ma non assicurava al pensionato il diritto a fruire della pensione interamente commisurata alla retribuzione imponibile determinata secondo le regole AGO nel limite dell’80%, che, ad avviso della Corte, l’appellato aveva rivendicato in ricorso; per la cassazione di tale decisione, ricorre L. R., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS che propone ricorso incidentale basato su un motivo;
L. R. non ha svolto attività difensiva relativa al ricorso incidentale;
il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di gg. 60 (art. 380 bis 1 c.p.c.);
Considerato che
con il primo motivo, il ricorrente principale denuncia vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c., in particolare, l’errore consisterebbe nell’ aver ritenuto sussistenti circostanze non provate che si individuano nel fatto che la pensione liquidata non risultava superiore ai tetti indicati dalla disposizione di armonizzazione (si richiama Cass. 1.10.2004 n° 19693);
con il secondo motivo, si denuncia nuovamente un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c. ed in questo caso l’errore consisterebbe nella ricognizione della fattispecie concreta sulla quale la sentenza avrebbe dovuto pronunciarsi [C. 18.05.2005, n° 10385];
anche il terzo motivo deduce vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c. questa volta per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, che il ricorrente individua nel fatto che l’INPS non aveva mai contestato la quantificazione della somma richiesta a titolo di pensione, né aveva opposto parametri alternativi;
con il quarto motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c. e cioè la falsa applicazione della legge c.d. di armonizzazione 562/96;
l’unico motivo del ricorso incidentale, proposto dall’INPS, è relativo la violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come novellato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38 conv. in L. n. 111 del 2011, in ragione del fatto che, in contrasto con Cass. SS.UU. n. 15352 del 2015, Cass. n. 3580 del 2019 e Cass. n. 7756 del 2016, la sentenza impugnata ha ritenuto non soggetta ad alcun termine decadenziale la domanda di riliquidazione della pensione di vecchiaia già in godimento al momento dell’entrata in vigore della citata disposizione;
i primi tre motivi del ricorso principale, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili non rispettando i parametri fissati dall’art. 360, primo comma n. 5) in relazione ai vizi di motivazione denunciati:
per consolidata e costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il vizio di motivazione ai sensi della vigente formulazione dell’art. 360, primo comma n. 5) c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012 (ndr l. n. 134 del 2012), prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (tra le più recenti vd. Cass. n. 2268 del 2022, in conformità a Cass. SS. U.U. n. 8053 del 2014);
nel caso di specie, non si allude ad alcun fatto storico decisivo, ma – in modo del tutto generico – a parametri di calcolo della retribuzione pensionabile che si assumono non contestati dall’INPS, ovvero alla esatta quantificazione delle differenze pensionistiche rivendicate; in entrambi i casi, il ricorrente elude il presupposto logico dell’accertamento in fatto svolto dalla sentenza impugnata che poggia sulla considerazione che la pensione calcolata secondo le regole del Fondo elettrici era inferiore ad entrambi i tetti previsti dalla legge di armonizzazione, così che non veniva neanche in considerazione la possibile applicazione della disciplina vigente nell’AGO, in concreto pretesa dal ricorrente;
il quarto motivo è inammissibile in quanto non chiarisce in cosa consisterebbe l’errore di diritto, posto che la sentenza ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione che si è espressa in varie occasioni sulla specifica questione del regime pensionistico degli iscritti al Fondo di previdenza per i dipendenti dall’Enel e da aziende elettriche private (Cass. 23.1.2008, n. 1444; Cass. 10.12.2008, n. 28996; Cass. 26617 del 2016; Cass. n. 12161 del 2019; Cass. nn. 4888/2017; 32734/2021; 32733/2021; 5672/2015; 5674/2015; 5673/2015); in particolare, si è affermato che: –
ai fini della determinazione della pensione di vecchiaia erogata con il metodo retributivo dal Fondo elettrici presso l’INPS, il D.lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2 – nella prospettiva di una graduale armonizzazione tra i trattamenti sostitutivi presso i fondi speciali INPS e il regime dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti (AGO) – stabilisce che l’importo della pensione va determinato nella misura più favorevole tra a) l’80% della retribuzione pensionabile calcolata secondo le norme in vigore presso l’AGO e b) l’88% della retribuzione pensionabile determinata ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12, lett. a); – il meccanismo indicato prevede – con riferimento alla quota di pensione da liquidare relativamente al periodo anteriore alla soppressione del Fondo Elettrici, avvenuta il 31 luglio 1997 – che, ottenuti questi due valori, li si pone a raffronto con l’importo della pensione liquidata secondo le disposizioni del Fondo elettrici e che, qualora questa sia pari o inferiore al maggiore dei due tetti, la pensione si eroga in quella stessa misura;
se, invece, essa superi il maggiore dei due tetti, la si riduce fino a farla coincidere con il tetto di maggior valore;
la ragione di questo meccanismo viene individuata nell’esigenza di pervenire ad una graduale armonizzazione dei trattamenti sostitutivi vigenti presso i Fondi speciali Inps (Elettrici, Autoferrotranvieri, Telefonici ecc.) con quelli vigenti presso l’AGO (cfr. Cass. n. 1444/2008 cit.);
nel caso in esame, il ricorrente ha prospettato che l’INPS, nell’applicare quanto stabilito dal D.lgs. n. 562 del 1997, art. 3, comma 2, lett. a), non ha fatto corretta applicazione dei relativi criteri applicativi, ma non ha spiegato in quale punto del computo vi sia stata l’erronea interpretazione o applicazione;
la sentenza impugnata, conformandosi ai principi espressi da questa Corte, ha giudicato corretto l’operato dell’INPS che aveva liquidato la prestazione attestandosi al tetto maggiore, tra quelli indicati dal D.lgs. n. 562 del 1996, art. 3, citato comma 2 ed ha pure specificato che il ricorrente non aveva indicato specifici errori nel calcolo;
il ricorso incidentale, non essendo tardivo, non è inefficace e resta assorbito alla luce della inammissibilità del ricorso principale;
le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
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