CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 28408 depositata l’ 11 ottobre 2023

Lavoro – Retribuzione – Ferie – Permessi non goduti – Tredicesima – TFR – Committente – Appaltatore – Sub appaltatore – Accoglimento

Rilevato che

1. La Corte d’Appello di Bologna ha respinto l’appello principale proposto dalla M. srl e quello incidentale dei lavoratori M.T. e altri, confermando la pronuncia di primo grado che, in accoglimento della domanda subordinata proposta dai lavoratori ai sensi dell’art. 1676 c.c., aveva condannato in solido la committente G.V. spa, l’appaltatrice M. srl e la sub appaltatrice I.T.C. srl a pagare ai dipendenti di quest’ultima le somme dovute a titolo di retribuzione (per le mensilità da gennaio a maggio 2012), ferie e permessi non goduti, tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto, fino alla concorrenza di euro 46.000,00 per la M. srl e di euro 42.350,00 per la G.V. spa in liquidazione; il tribunale aveva inoltre accolto la domanda di garanzia propria svolta dalla committente nei confronti della appaltatrice per le somme che la prima era tenuta a pagare in favore dei lavoratori.

2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha confermato la statuizione di primo grado di intervenuta decadenza dei lavoratori dall’azione esperita ai sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003, considerando quale dies a quo del relativo termine biennale, applicabile ratione temporis, la data di cessazione dell’appalto (11.5.2012, coincidente con l’invio della pec di risoluzione del contratto da M. srl a I.) e tenuto conto della proposizione dei ricorsi giudiziali in data 15.5.2014; ha escluso che fosse stata fornita da M. srl prova (documentale) dei pagamenti eseguiti in favore di I. per lavori commissionati e rimasti ineseguiti alla data di risoluzione del rapporto; ha ritenuto applicabile l’art. 1676 c.c. anche in favore dei dipendenti del subappaltatore, per le domande svolte nei confronti della società subappaltante.

3. Avverso tale sentenza la M. srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. I lavoratori M.T., M.S. e M.V. hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale con un unico motivo. I rimanenti lavoratori e le società G.V. srl in liquidazione (già G.V. spa) e I.T.C. srl non hanno svolto difese. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.

Considerato che

Ricorso principale di M. srl

5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 1676 c.c.

6. Si impugna il capo della sentenza di primo grado che ha condannato la società appaltatrice e subappaltante a manlevare la committente per le somme dovute ai lavoratori; non si contesta che l’art. 1676 c.c. trovi applicazione in favore dei dipendenti del subappaltatore ma si assume che tale disposizione conferisca ai lavoratori un’azione diretta solo nei confronti dell’appaltatore subappaltante (nella specie della M. srl) e non nei confronti della committente principale. In tal senso deporrebbe sia la lettera dell’art. 1676 c.c., che concede azione diretta nei confronti del solo soggetto nel cui interesse viene eseguito il contratto (quindi l’appaltatore in caso di azione diretta dei dipendenti del subappaltatore e il committente ove ad agire siano i dipendenti dell’appaltatore); sia la ratio della norma, che consente ai lavoratori di aggredire (oltre al patrimonio del proprio datore) le somme che il medesimo datore deve incassare per le attività svolte con la collaborazione dei propri dipendenti.

7. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p., per irriducibile contraddittorietà della motivazione nella parte in cui conferma che, al momento di proposizione della domanda dei lavoratori, il debito residuo della M. srl nei confronti della I. fosse pari ad euro 46.000,00. Si osserva che, non essendo contestato il pagamento delle altre fatture in atti ma unicamente il pagamento di euro 25.000,00 a saldo della fattura I. del 28.9.2011, la sottrazione di tale importo dal totale di euro 151.840,00 avrebbe dovuto condurre alla somma di euro 39.160,00.

Ricorso incidentale dei lavoratori M.T., M.S. e M.V.

8. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003 (nel testo vigente alla data del’11.5.2012) in relazione all’art. 11 delle preleggi e agli artt. 2966, 2967 e 2964 c.c. Si censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto maturata la decadenza di cui all’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003 e si assume che tale disposizione, nella versione anteriore alle modifiche apportate con la legge n. 92 del 2012, poiché non individuava l’atto idoneo a impedire la decadenza, consentiva di considerare utile a tal fine anche la diffida stragiudiziale, nella specie tempestivamente sottoscritta dai lavoratori e inviata alla committente e all’appaltatrice l’1.6.2012.

9. In via preliminare, deve rigettarsi l’eccezione di nullità della procura alla luce dei principi espressi da Cass. S.U. n. 36057 del 2022. Per ragioni di ordine logico si esamina anzitutto il ricorso incidentale, che è fondato.

10. È utile, ai fini della soluzione della questione giuridica posta dal motivo in esame, riportare il testo dell’art. 29 cit. e le modifiche intervenute, come già riassunte nella sentenza di questa Corte n. 30602 del 2021.

11. L’art. 1, comma 911, della legge 27.12.2006 n. 296 ha previsto che l’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente: «2. In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti».

12. Il d.l. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 4.4.2012 n. 35 (in vigore dal 7.4.2012 al 17 luglio 2012), testualmente ha poi previsto che: «In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare í beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali».

13. L’art. 4, co. 31, lett. b) L. 92 del 2012 ha ulteriormente inciso nei seguenti termini:

«All’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo sono premesse le seguenti parole: «Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti; b) i periodi dal secondo al quinto sono sostituiti dai seguenti : «Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.

Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali».

14. Il testo dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003 come modificato dal D. L. 25/2017, convertito dalla legge 20 aprile 2017 n.49, prevede che «in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori í trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e í premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali».

15. La sentenza di questa Corte n. 30602 del 2021 (citata nella memoria della ricorrente principale), pronunciata a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione sesta n. 32123 del 2019, ha formulato il principio di diritto secondo cui «In tema di appalto di opere e servizi, la decadenza prevista dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, nel testo “ratione temporis” vigente prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 35 del 2012, secondo cui il committente è obbligato in solido con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori per il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti al lavoratore entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, è impedita anche dalla richiesta stragiudiziale di pagamento», dando atto di come i precedenti di legittimità, Cass. n. 19184 del 2016 e n. 17725 del 2017 (su cui si basa la decisione di appello) e Cass. n. 4237 del 2019 e n. 29629 del 2019, non avessero affrontato il problema della idoneità della sola azione giudiziaria o anche di un atto stragiudiziale ai fini dell’impedimento della decadenza, in base al testo normativo di volta in volta vigente.

16. La citata sentenza, richiamata la norma generale di cui all’art. 2966 c.c. (secondo cui «la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto») ha osservato come, in mancanza di una espressa previsione legislativa, anche un atto stragiudiziale – volto a far valere la responsabilità solidale del committente – sia idoneo a impedire la decadenza, in coerenza con la «ratio dell’istituto, che è quella di rendere edotto il committente di rivendicazioni dei lavoratori anche nei suoi confronti, senza pregiudicare, in mancanza di preminenti ragioni di ordine pubblico, la posizione dei lavoratori che intendano ottenere le loro spettanze in conseguenza di una responsabilità solidale del committente prevista dalla legge». Ha escluso che nella originaria formulazione dell’art. 29 cit. (o meglio, nella formulazione anteriore alla legge 92 del 2012) la decadenza andasse impedita dall’azione giudiziaria, atteso che l’inciso («Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio…») relativo all’azione giudiziaria da proporsi sia nei confronti del committente sia nei confronti dell’appaltatore è stato introdotto solo con la legge n. 92 del 2012.

17. Nella fattispecie oggetto di causa, che si colloca ratione temporis in data anteriore all’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, la Corte di merito non si è attenuta i principi di diritto richiamati, dal che discende l’accoglimento del ricorso incidentale, con assorbimento dei motivi del ricorso principale ed anche delle eccezioni sollevate dai ricorrenti incidentali.

18. Per tali ragioni, accolto il ricorso incidentale e dichiarati assorbiti i motivi del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie alla luce dei principi di diritto richiamati, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso incidentale, dichiara assorbito il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.