CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 35803 depositata il 22 dicembre 2023
Lavoro – Trattenute su pensione – Contributo di solidarietà – Cassa dei ragionieri e periti commerciali – Restituzione somme – Principio del pro rata – Assenza facoltà d’introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati – Prelievo introducibile solo dal legislatore – Rigetto
Fatti di causa
1.– Con sentenza n. 803 del 2017, depositata il 31 marzo 2017, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali e ha dunque confermato la pronuncia del Tribunale di Monza, che ha dichiarato l’illegittimità delle trattenute effettuate sulla pensione del ragionier G.C. a titolo di “contributo di solidarietà” e ha condannato la Cassa a restituire le relative somme.
A fondamento della decisione, la sentenza impugnata ha richiamato il costante indirizzo di questa Corte, che reputa preclusa agli enti previdenziali privatizzati l’introduzione del contributo di solidarietà e afferma l’irrilevanza delle innovazioni introdotte dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in quanto il contributo di solidarietà, contraddistinto da una portata circoscritta nel tempo, esula dal novero delle misure volte ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine.
In senso contrario non depone neppure la sentenza n. 173 del 2016, pronunciata dalla Corte costituzionale e concernente il diverso contributo di solidarietà imposto ai titolari di trattamenti pensionistici erogati da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie.
2.– La Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano, con ricorso notificato il 27 settembre 2017 e affidato a un unico, complesso, motivo, illustrato da memoria.
3.– Resiste il ragionier G.C. con controricorso, notificato il 26 ottobre 2017.
4.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ.
5.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
6.– Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Ragioni della decisione
1.– Con l’unico, articolato, motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, come novellato dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell’art. 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel considerare illegittimo il contributo di solidarietà imposto dal Regolamento della Previdenza del 2013, senza tener conto delle sue finalità solidaristiche e di risanamento finanziario, del suo carattere temporaneo e proporzionato e dell’osservanza di tutti i requisiti enucleati dalla sentenza n. 173 del 2016 della Corte costituzionale.
A giusto titolo la Cassa, dotata di autonomia gestionale, organizzativa e contabile alla stregua del d.lgs. n. 509 del 1994, avrebbe introdotto il contributo in esame, al precipuo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, in conformità agli obiettivi indicati dalla legge n. 335 del 1995 e in attuazione delle esigenze di equità sociale e intergenerazionale.
A fronte di un intervento ragionevole, che trova applicazione per un arco temporale limitato e incide in misura ridotta sul trattamento pensionistico, senza comprometterne l’adeguatezza complessiva, non si potrebbe invocare alcun affidamento legittimo nell’intangibilità dell’originaria consistenza della pensione.
1.1.– Il motivo è infondato.
1.2.– La pronuncia impugnata è conforme all’orientamento di questa Corte, ferma nel ritenere l’illegittimità del contributo di solidarietà di cui si discorre, estraneo al numerus clausus di provvedimenti che le Casse hanno potestà di adottare e lesivo, tra l’altro, dell’affidamento che il pensionato ripone in un trattamento pensionistico commisurato ai contributi versati (fra le molte, Cass., sez. lav., 6 aprile 2016, n. 6702).
Non giova invocare, in senso contrario, le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, che, nel temperare il principio del pro rata, non accordano alle Casse la facoltà d’introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati (Cass., sez. lav., 24 gennaio 2019, n. 2018, in linea con l’indirizzo già espresso, per la Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, da Cass, sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875).
Né una trattenuta di tal fatta può rinvenire una giustificazione plausibile nell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, che sancisce quale indefettibile condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali la finalità di assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine. Una finalità così connotata è estranea al contributo in esame, che presenta carattere provvisorio.
1.3.– Come ha chiarito anche il giudice delle leggi nella sentenza n. 173 del 2016, menzionata a più riprese dalla parte ricorrente, l’introduzione di un contributo di solidarietà, riconducibile a una prestazione patrimoniale imposta (art. 23 Cost.), è demandata al legislatore.
Anche alla luce della sopravvenuta pronuncia del giudice delle leggi, questa Corte ha puntualizzato che è inibita alla Cassa ricorrente l’imposizione di un contributo di solidarietà, che non si sostanzia in un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma «costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore» (Cass., sez. VI-L, 19 luglio 2019, n. 19561, punto 5 dei Motivi della decisione).
Né si può ritenere che l’autonomia delle Casse sia legibus soluta e offra un crisma di legittimità a qualsivoglia prelievo a carico dei trattamenti pensionistici degli assicurati, in difetto di un puntuale fondamento normativo, rispettoso della garanzia dell’art. 23 Cost.
1.4.– Questa Corte ha già vagliato e disatteso gli argomenti di segno contrario illustrati nel ricorso, in forza di un orientamento generalmente recepito anche all’epoca della proposizione dell’impugnazione.
Non vi sono ragioni per discostarsi da tali principi, cui la stessa parte ricorrente, nella memoria illustrativa (pagina 1), mostra di aderire.
2.– Per le ragioni esposte, il ricorso dev’essere rigettato.
3.– Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza (art. 385, primo comma, cod. proc. civ.) e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
4.– L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
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