CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2021, n. 23363
Ragionieri e Periti Commerciali – Contributo di solidarietà – Determinazione del trattamento pensionistico – Criteri
Rilevato che
la Corte d’appello di Brescia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato non dovuto il contributo di solidarietà applicato dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Ragionieri e Periti Commerciali in danno di S.B., titolare di pensione di anzianità a decorrere dall’1.2.2007, per il triennio 2014/2016;
avverso tale pronuncia, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Ragionieri e Periti Commerciali ha proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria, deducendo un unico e articolato motivo di censura, cui ha opposto difese, con controricorso, il pensionato;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ., unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – la ricorrente denuncia violazione e/o falsa della legge n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come novellato dalla legge nr. 296 del 2006, art. 1, comma 763, nonché del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, in combinato disposto con l’art.13 del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa, per avere la Corte di merito, in adesione ai numerosi precedenti di questa Corte, ritenuto l’illegittimità del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa nella parte in cui istituiva il contributo di solidarietà a carico dei pensionati senza considerare che la Suprema Corte si è pronunciata in relazione al contributo di solidarietà adottato dalla CNPR per il periodo 2004-2008 mentre nella fattispecie veniva in rilievo quello previsto dall’art. 13 del Regolamento vigente per il triennio 2014/2016, di legittima applicazione sia dell’art. 2 del D.Lgs. nr. 509 del 1994 sia dell’art. 3, comma 12, della legge nr. 335 del 1995, come modificato e autenticamente interpretato dalle disposizioni di cui in rubrica;
il motivo è manifestamente infondato alla stregua del principio, che resta valido anche in relazione alla fattispecie concreta, secondo cui gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei ragionieri e Periti commerciali) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore (così, ex plurimis, Cass. n. 31875 del 2018, cui hanno dato continuità, tra le tante, Cass. nn. 603, 982, 16814, 19561 e 29292 del 2019; Cass, nn.. 27340, 28054, 28055 del 2020);
ai precedenti di questa Corte occorre integralmente rinviare, ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod.proc.civ., anche per ciò che riguarda l’intervento della Corte costituzionale nr. 173 del 2016 e per la valutazione della disposizione di cui alla legge nr. 147 del 2013, art. 1, comma 488, qualificata come di interpretazione autentica, secondo cui: «L’ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine»;
in proposito, è stato osservato come «quest’ultimo intervento legislativo non (rilevi ai fini della) soluzione della […] questione, dal momento che la norma in esame pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo»;
i principi affermati nei precedenti indicati meritano di essere confermati anche in relazione al contributo di solidarietà introdotto con l’art. 13 del Regolamento di previdenza, approvato con decreto Interministeriale del 17.12.2013, pubblicato sulla G.U. del 22.2.2014, in ragione dell’analoga struttura transitoria del prelievo che, in quanto tale, incontra i medesimi limiti di legittimità dei precedenti contributi (v. anche Cass. nr. 19561 del 2019; le diffuse argomentazioni del ricorso e quelle svolte con la memoria depositata dalla Cassa, in occasione della presente adunanza, non offrono elementi di rimeditazione e neppure pongono temi effettivamente nuovi, non affrontati nelle numerose pronunce intervenute sull’argomento, sicché il ricorso deve rigettarsi, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza, con distrazione in favore dei difensori che si sono dichiarati antistatari;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, con attribuzione agli avv.ti A.P. e L.F.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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