CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 599 depositata l’ 8 gennaio 2024

Lavoro – Amianto – Riconoscimento benefici equiparati alle vittime del dovere – Mere cause di servizio – Rischio superiore a condizioni ordinarie di lavoro – Rigetto

Ritenuto che

Con sentenza del 5.6.2019 la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza del medesimo tribunale del 2017, ha rigettato la domanda degli eredi del signor D.S. volta a riconoscere al loro dante causa i benefici per gli equiparati alle vittime del dovere, avendo lavorato a bordo di navi militari contenenti amianto, da cui era derivata la patologia sofferta dal loro dante causa.

In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che per beneficiare della tutela richiesta occorresse necessariamente la ricorrenza di eventi straordinari rispetto al rischio tipico e particolari condizioni ambientali ed operative di lavoro, nella specie non sussistenti.

Avverso tale sentenza ricorrono per un motivo, illustrato da memoria, gli eredi del D.S.; è rimasto intimato il Ministero della difesa.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.

Considerato che

Il motivo deduce violazione dell’articolo 1 comma 564 legge n. 266 del 2005 e del d.p.r. n. 243 del 2006, per avere la Corte territoriale trascurato che lo svolgimento di funzioni istituzionali possono rilevare se vi siano elementi di rischio ulteriori rispetto alle stesse funzioni.

Il motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte ha invero già chiarito (Cass. 29819 del 2022) la differenza tra i presupposti per fruire dei benefici per le vittime del dovere e le situazioni fattuali rilevanti, per converso, quali mere cause di servizio.

In particolare, si è precisato che deve sempre individuarsi un netto discrimine tra lo svolgimento ordinario del servizio e le particolari condizioni ambientali od operative legate a circostanze straordinarie che generano un rischio superiore a quello proprio dei compiti di istituto. Seguendo questa linea, quanto al rapporto tra infermità per causa di servizio e status di vittima del dovere, affinché possa ritenersi che una vittima del dovere abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio non è sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio, occorrendo che questa sia legata a particolari condizioni ambientali od operative implicanti l’esistenza, o anche il sopravvenire, di circostanze straordinarie o di fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, sicché è necessario identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

L’attribuzione della tutela per le vittime del dovere è il risultato della valutazione operata dal giudice di merito di questo quid pluris rispetto alle condizioni ordinarie di lavoro, escludendosi ogni automatismo che attribuisca la tutela in ragione della mera insalubrità delle ordinarie condizioni di lavoro. Può invero considerarsi “particolare” la causa di danno che non sia comune alla platea degli occupati che svolgano il medesimo servizio (altrimenti tutti gli invalidi per servizio sarebbero anche vittime del dovere), sicché il rischio generico connesso con l’insalubrità ambientale (cui pur si ricollega il diverso sistema della responsabilità civile risarcitoria) non consente in sé l’estensione della tutela assistenziale delle vittime del dovere, ancorata ad un particolare rischio e non alla mera illegittimità delle condizioni di svolgimento del lavoro ordinario.

Nulla per spese, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.