Corte di Cassazione, ordinanza n. 8956 depositata il 30 marzo 2023
onere della prova alla luce del nuovo comma 5-bis dell’art. 7, l. n. 130/2022
RILEVATO CHE
1. L’Agenzia delle entrate procedeva alla notifica di avvisi di accertamento in conseguenza della rideterminazione, ai fini delle imposte dirette, di un maggior reddito da lavoro autonomo per gli anni da 2008 a 2012, assumendo che il contribuente aveva svolto attività di consulenza presso la società E.C. s.n.c. sedente in San Felice del Benaco, come ricostruito in sede di p.v.c. alla luce dei numerosi assegni bancari tratti in favore dello stesso O.A. e dell’autorizzazione che lo stesso aveva ad operare sul conto della società, nonché ad accedere alla relativa cassetta di sicurezza. L’O.A. impugnava gli avvisi di accertamento e la CTP, con due sentenze, respingeva i ricorsi tranne che per l’anno d’imposta 2008. In sede di appello, la CTR respingeva tanto il gravame proposto dal contribuente quanto quello incidentale proposto dall’Agenzia.
2. Il contribuente propone così ricorso in cassazione affidato a tre motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso per resistere all’impugnativa.
In data 4 febbraio la difesa del contribuente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo di ricorso O.A. assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 42, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 156, cod. proc. civ., in quanto il funzionario che aveva sottoscritto gli avvisi di accertamento non risultava dotato dei necessari poteri, non essendo dirigente e per altre ragioni, ma la sentenza impugnata aveva ritenuto la tardività dell’eccezione in quanto proposta per la prima volta in appello.
1.1 Il motivo è inammissibile in quanto con esso si eccepisce un coacervo inestricabile di censure, rilevandosi come l’atto fosse stato posto in essere in “carenza di potere e/o difetto di firma e/o di procura del soggetto firmatario e/o per inesistenza e/o per incompletezza della delega nonché per mancata allegazione della delega integrale all’atto impositivo notificato”.
Va, comunque, rilevato, essendosi invocato da parte del ricorrente l’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, che né il ricorrente ha fornito in questa sede elementi per stabilire in concreto che la nomina a dirigente del funzionario sottoscrittore fosse attinta dalla nullità del relativo provvedimento in seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sent. Corte Cost. n. 37 del 2015, né può ritenersi senz’altro invalida la delega, in quanto quella per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Cass. 29/03/2019, n. 8814).
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o erronea applicazione degli artt. 2727 e 2729, cod. civ., e 38, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, in quanto il giudice d’appello avrebbe tratto dalla sussistenza di assegni in favore del contribuente la conseguenza che lo stesso era consulente della società, mentre egli risultava, in base ad altri accertamenti, e ai dati disponibili, addirittura non collaboratore occasionale ma socio occulto della E.C. stessa (percependo assegni dai 40 mila ai 50 mila euro annui su un giro d’affari complessivo di 195 mila euro; essendo autorizzato a operare sul conto ed accedere alla cassetta di sicurezza), per cui era illogica e irragionevole la conseguenza
2.1 Il motivo è inammissibile.
Esso tende a sottoporre a questo giudice di legittimità un riesame delle circostanze utilizzate dal giudice d’appello per fondare il giudizio di fatto in ordine alla ricorrenza di un rapporto da cui scaturiva un reddito non dichiarato, peraltro corroborando con le proprie osservazioni la sussistenza dello stesso, risultando poi indifferente (ai fini che rilevano in questa sede) se il reddito corrisposto e non dichiarato fosse dipendente da un rapporto qualificabile come di consulenza saltuaria piuttosto che di coinvolgimento diretto nella gestione dell’impresa.
3. Con il terzo motivo si deduce “travisamento della prova” da parte dei giudici d’appello, in quanto non sarebbe stato valutato l’allegato 7 al processo verbale, consistente nella lettera UBI del 23 aprile 2013, relativa agli accertamenti bancari. A giudizio del ricorrente, si dovrebbe constatare come tale elemento contrasti con la sentenza, che quindi ne risulterebbe contraddetta.
3.1 Il motivo è infondato, dal momento che l’indicato documento dimostra come il ricorrente fosse autorizzato ad operare sul conto della società e sul conto titoli, nonché ad accedere alla relativa cassetta di sicurezza. Ciò non dimostra affatto che le somme corrisposte non dovessero essere tassate come reddito corrisposto dalla società al ricorrente, ma per quanto sopra già detto corroborano tale conclusione.
Né in alcun modo viene, nella specie, in rilievo il disposto, pur invocato dalla parte ricorrente nella sua memoria illustrativa, del nuovo comma 5-bis dell’art. 7, l. n. 130/2022, dal momento che tale disposizione si riferisce all’onere probatorio in capo all’amministrazione, senza incidere sull’assetto del suo assolvimento in base alla tipologia delle prove con cui quest’ultimo avviene.
In effetti questa Corte ha già ritenuto che “In tema di onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio, l’art. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, non stabilisce un onere probatorio diverso, o più gravoso, rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale” (Cass. 27/10/2022, n. 3878).
4. Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo al ricorrente integralmente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento in capo al ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.