CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 settembre 2022, n. 25832
Tributi – IRPEF – Agevolazioni – Soggetti colpiti dal sisma in Sicilia del 1990 – Ritenute subite su reddito di lavoro dipendente – Rimborso 90 per cento degli importi trattenuti – Legittimità
Fatti di causa
1. La sig.ra F.P. impugnava, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ragusa, il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate in merito alla richiesta di rimborso, formulata dalla predetta contribuente, del 90% degli importi versati a titolo di IRPEF per gli anni 1990, 1991 e 1992, in forza dell’art. 9, comma 17, della l. 27 dicembre 2002, n. 289.
2. La C.T.P. di Ragusa, con sentenza n. 151/2/2012, accoglieva il ricorso della contribuente.
3. Interposto gravame, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, con sentenza n. 2274/17/2016, pronunciata il 12 maggio 2016 e depositata in segreteria il 14 giugno 2016, rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la contribuente P.F..
All’udienza pubblica dell’8 giugno 2022 il consigliere relatore ha svolto la relazione ed il P.M. ed i procuratori delle parti hanno rassegnato le proprie conclusioni ex art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché dell’art. 81 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ. Rileva, in particolare, l’Ufficio che la sig.ra P. non sarebbe legittimata a richiedere il rimborso in questione, in quanto lavoratore dipendente soggetto a ritenuta alla fonte, per cui tale rimborso avrebbe potuto chiederlo unicamente il sostituto d’imposta, che aveva materialmente versato i tributi.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, l. n. 289/2002, degli artt. 11 e 14 delle disp. prel. cod. civ., dell’art. 3 l. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 3, comma 3, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 2033 cod. civ., posto che i benefici fiscali in questione riguarderebbero unicamente coloro che non avevano ancora versato le imposte, ma non anche coloro che le avevano comunque versate.
6. Entrambi i motivi suindicati sono destituiti di fondamento.
6.1. Con il primo motivo di ricorso sostiene, in particolare, l’Agenzia delle entrate che, poiché l’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha previsto che i soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990 in Sicilia, che “hanno versato” le imposte nel triennio 1990-1991- 1992 per un importo superiore al 10% previsto dall’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002, hanno diritto – con esclusione di quelli che svolgono attività di impresa, per i quali l’applicazione è sospesa nelle more della verifica di compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea – al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione della presentazione della istanza di rimborso entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31 (di conversione del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248), allora deve intendersi escluso dalla possibilità di rimborso il “sostituito” (lavoratore dipendente), perché non obbligato ex lege al versamento delle ritenute. Secondo tale impostazione, soltanto il “sostituto” d’imposta, per i redditi da lavoro dipendente, è obbligato al versamento all’Erario delle ritenute d’acconto, sicché solo lo stesso “sostituto” sarebbe legittimato in astratto a chiedere il rimborso, mentre il “sostituito” non avrebbe diritto ad alcun rimborso.
Il motivo è infondato.
Invero, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta, e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario, sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”: cfr. Cass. 29 luglio 2015, n. 16105; Cass., Sez. U., 26 giugno 2009, n. 15032; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4291), Si è, inoltre, affermato che, in materia di condono fiscale, l’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289, che consente al contribuente di recuperare il 90 per cento di quanto dovuto e versato per imposte (con esclusione dell’I.V.A., la cui condonabilità è incompatibile con il diritto comunitario), in deroga al principio per cui la sanatoria generalmente non comporta la possibilità di ottenere rimborsi dallo Stato, costituisce una disposizione rispondente ad una logica del tutto particolare e diversa rispetto agli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto mira ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (Cass. 26 settembre 2016, n. 18905).
Ne consegue che il diritto al rimborso deve ritenersi attribuito al oggetto passivo dell’imposta in senso sostanziale, e non anche al mero sostituto d’imposta, apparendo al riguardo non vincolante il diverso parere contenuto nelle circolari. Invero, la domanda di rimborso ai sensi dell’art. 9, comma 17, cit. – riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa – può essere proposta soltanto dal soggetto passivo in senso sostanziale, unico legittimato, e non anche dal sostituto d’imposta, come avallato dal legislatore con l. 3 agosto 2017, n. 123 (di conversione del d.l. 20 giugno 2017, n. 91), trattandosi di sanatoria volta a indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (da ultimo Cass. 4 maggio 2021, n. 11615; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5498).
Deve, dunque, affermarsi che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso delle somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente, ai fini della spettanza del beneficio, la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta.
6.2. Anche il secondo motivo è infondato.
Ritiene, invero, l’Agenzia che questa Corte, con la sentenza 1° ottobre 2007, n. 20641, avrebbe errato nel riconoscere il rimborso in questione, oltre che a coloro i quali non avessero ancora versato l’imposta, anche a coloro che avevano già pagato le imposte.
Sul punto, va rilevato, tuttavia, che il già citato art. 1, comma 665, l. n. 190/2014 – nel testo modificato dall’articolo 16-octies, lettere a), b) e c), del d.l. n. 91/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123/2017, e successivamente dall’articolo 29, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 – prevede espressamente il rimborso per coloro che hanno già versato l’imposta per un importo superiore al 10% previsto dall’art. 9, comma 17, n. 289/2002. Il tenore della norma è sufficientemente chiaro ed i giudici d’appello l’hanno quindi applicata correttamente.
Pertanto, con riferimento alla definizione delle posizioni fiscali relative agli anni 1990, 1991 e 1992, previste dall’art. 9, comma 17, l. n. 289/2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo (Cass. 22 febbraio 2018, n. 4291).
Irrilevanti devono, peraltro, ritenersi eventuali limiti di spesa previsti dall’art. 16-octies d.l. n. 91/2017, conv. dalla legge n. 123/2017, con riferimento alle modalità concrete di erogazione dei rimborsi, trattandosi di profili che esulano dall’àmbito di definizione della controversia, venendo in rilievo soltanto in fase esecutiva o di ottemperanza (Cass. 19 maggio 2022, n. 16289; Cass. 17 giugno 2021, n. 17476).
7. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Agenzia delle entrate, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore di P.F., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 200,00 per esborsi ed € 1.800,00 per onorari, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A. come per legge.
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