CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 giugno 2018, n. 15095
Licenziamento – Superamento del periodo di comporto – Indicazione analitica dei giorni di assenza – Conteggio
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 6.3.2013 S.D. – ex dipendente della P. s.p.a., e da questa licenziata in data 25.5.11 per superamento del periodo di comporto – proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva respinto le sue domande volte ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna della società al risarcimento del danno pari alle mensilità di retribuzione maturate dal licenziamento sino alla effettiva riammissione in servizio.
L’appellante censurava la sentenza per avere il giudice di prime cure disatteso il principio secondo il quale nel caso in cui, nella lettera di licenziamento, il datore di lavoro indichi analiticamente i giorni di assenza conteggiati ai fini del calcolo del comporto, nella verifica della legittimità del recesso non può farsi riferimento a giorni di assenza diversi; censurava, inoltre, la sentenza per avere il Tribunale ritenuto conforme a buona fede e correttezza la condotta posta in essere dalla società.
Si costituiva in giudizio la P. s.p.a., sostenendo l’infondatezza delle doglianze avversarie e, con appello incidentate, censurava a sua volta la sentenza per avere il Tribunale escluso che l’indicazione, nella lettera di licenziamento, della data del 21.05.11, potesse considerarsi effetto di mero errore.
Con sentenza depositata il 5.10.15, la Corte d’appello di Roma dichiarava illegittimo il licenziamento, con ordine di reintegra e pronunce consequenziali ex art. 18 Stat.lav.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la P., affidato a sei motivi. Resiste la D. con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., considerando che la D., nel ricorso in primo grado, aveva chiesto la declaratoria di illegittimità del licenziamento in quanto intimato per superamento del periodo di comporto ma adottato anteriormente alla scadenza di esso, sicché la corte di merito avrebbe dovuto solo accertare se il licenziamento del 25.5.11 era stato o meno adottato anteriormente alla scadenza del periodo di comporto, e più specificamente se alla data del 25.5.11 fossero decorsi o meno i 180 giorni di assenza per malattia, mentre la sentenza impugnata dichiarò che i giorni da considerare ai fini del calcolo erano solo quelli indicati nella lettera di licenziamento.
Il motivo è infondato posto che, come risulta dalla sentenza impugnata: “Nel costituirsi in giudizio (in primo grado) la P. ha sostenuto che per mero errore nella lettera di licenziamento era stato indicato come ultimo giorno di assenza da calcolarsi ai fini del comporto per malattia, il 21.05.2011 e non il 25.5.2011; che, comunque, la società non aveva alcun obbligo di indicare analiticamente, nella lettera di licenziamento, i giorni di assenza per malattia del lavoratore…. Il giudice di prime cure, ritenuto decisivo il fatto che la ricorrente fosse ancora assente per malattia alla data del licenziamento e che a quella data il periodo di comporto era stato effettivamente superato, ha respinto il ricorso. Con il primo motivo di appello D.S. censura la sentenza per avere il Tribunale disatteso il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale qualora il datore di lavoro, pur non essendovi tenuto, indichi analiticamente nella lettera di licenziamento le giornate di assenza per malattia che hanno, a suo avviso, determinato il superamento del periodo di comporto, l’indicazione è vincolante e preclude la possibilità di considerare, ai fini della legittimità del recesso, altre giornate di assenza”.
Da quanto sopra emerge che la questione esaminata dalla corte di merito (se i giorni di assenza indicati nella lettera di licenziamento determinavano effettivamente il superamento del comporto) le era stata assolutamente devoluta.
Del resto la stessa società aveva ammesso, sin dal primo grado, che le assenze per malattia indicate nella lettera di licenziamento non determinavano il superamento del periodo di comporto, che sarebbe scaduto invece il 25.5.11, donde la doglianza, contenuta nell’attuale ricorso (pag.11), della necessità, da parte della sentenza d’appello, di valutare solo se alla data del licenziamento (25.5.11) il periodo di comporto era scaduto o meno, risulta infondata.
2.- Con il secondo motivo la società denuncia la violazione dell’art. 7 L. n. 300/70 e dell’art. 2 L. n. 604/66, per non avere considerato l’insussistenza di un obbligo del giudicante di valutare i giorni di assenza indicati nella lettera di licenziamento, non sussistendo alcun obbligo del datore di lavoro di indicare specificamente in essa i giorni di assenza considerati ai fini del calcolo del comporto, in mancanza di una esplicita richiesta del lavoratore.
Il motivo è infondato.
Ed invero seppure deve convenirsi, in base al principio secondo cui il licenziamento per superamento del comporto non può assimilarsi ad un licenziamento disciplinare con i connessi obblighi in tema di specificità ab origine della contestazione (ex aliis, Cass. n. 8440/13), che il datore di lavoro non è tenuto a specificare i giorni di assenza di malattia (Cass. n. 21377/16), salva esplicita richiesta del lavoratore ex art. 2 L. n. 604/66 (Cass. n. 2554/15), tuttavia, una volta indicate le assenze nella lettera di licenziamento, esse non possono essere poi modificate dal datore di lavoro (Cass. n. 18283/09; cfr. altresì Cass. n. 7950/11). Peraltro nella specie assume rilievo la circostanza, evidenziata dalla sentenza impugnata, che la società dapprima dedusse che il termine dell’ultima assenza per malattia doveva intendersi il 25.5.11 (e non il 21.5.11), poi contraddittoriamente deducendo che tale data doveva intendersi 31.5.11, avendo erroneamente indicato il 21 per il 31.
3.- Con il terzo motivo la società denuncia la violazione degli artt. 1429, 1431 e 1433 c.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, lamentando, come detto, che per mero errore di “battitura” era stata indicata nella lettera di licenziamento la data del 21.5.11 anziché quella del 31.5.11.
Il motivo è inammissibile non esistendo più il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., ma solo l’omesso esame di un fatto decisivo, che nella specie non sussiste avendo la sentenza impugnata congruamente esaminato tale fatto, anche a voler prescindere dalla mancanza di prova circa il dedotto “errore di battitura”.
4.- Con il quarto, quinto e sesto motivo la società denuncia la violazione degli artt. 1429, 1431 e 1433 c.c. “per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo”, sempre in ordine alla sussistenza dell’effettivo superamento del comporto alla data del 25.5.11, oltre alla palese erronea indicazione della data del 21.5.11 in luogo di quella, corretta, del 25.5.11.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati alla luce delle considerazioni che precedono, essendo risultato indimostrato l’errore di “battitura” di cui sopra, ed essendo pacifico che al 21.5.11 la ricorrente non aveva superato il periodo di comporto.
7.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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