CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 marzo 2018, n. 6597
Illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Successiva impugnazione del licenziamento per violazione della L. n. 223/1991 – Differenza tra “mutatio” ed “emendatio libelli”
Fatti di causa
1. Con ricorso al Tribunale di Livorno L.C. impugnava il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo intimatogli dalla T&C T. s.r.l. (poi T&C C.C.I. s.r.l.)» chiedendo che fosse dichiarato illegittimo, con gli effetti di cui all’art. 18 I. n. 300/1970.
2. Costituitasi la società e alla luce delle allegazioni e produzioni della stessa, il ricorrente instava per essere autorizzato ex art. 420, comma primo, cod. proc. civ. a proporre un nuovo motivo di impugnazione del licenziamento fondato sulla violazione della I. n. 223/1991.
3. Il giudice di primo grado autorizzava, sul rilievo della configurabilità nel caso di specie di una consentita emendatio libelli; accoglieva, quindi, la domanda, previo svolgimento dell’istruzione probatoria, dichiarando illegittimo, con le pronunce conseguenti, il recesso per violazione della disciplina dei licenziamenti collettivi.
4. In accoglimento del gravame principale di C.H. s.r.l. (già T&C C.C.I. s.r.l.), assorbito quello incidentale del lavoratore, la Corte di appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, respingeva la domanda proposta con il ricorso introduttivo del giudizio.
5. La Corte, preliminarmente respinta l’eccezione di carenza di specificità dell’appello ex art. 434 cod. proc. civ., rilevava, diversamente dal primo giudice, come la proposizione dell’impugnazione del licenziamento per violazione della I. n. 223/1991 integrasse una inammissibile mutatio libelli; procedeva di conseguenza ad esaminare la domanda iniziale (di accertamento della illegittimità del licenziamento per g.m.o.), pervenendo a ritenerne l’infondatezza, sul rilievo dell’avvenuta soppressione della posizione lavorativa ricoperta dal ricorrente e della impossibilità di un suo reimpiego in azienda.
6. Nei confronti della suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con tre motivi, assistiti da memoria, cui ha resistito la società con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 420, comma 1°, cod. proc. civ., oltre che degli artt. 4, 5 e 24 I. n. 223/1991, nonché vizio di motivazione e nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 111 Cost., per avere la Corte erroneamente ritenuto che la proposizione di impugnazione del licenziamento per violazione della I. n. 223/1991 configurasse una inammissibile mutatio libelli rispetto all’originaria domanda di accertamento della illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia error in procedendo nell’applicazione degli artt. 434 e 346 cod. proc. civ. per avere la Corte riformato la sentenza di primo grado sebbene non fosse stato formulato alcun motivo di appello con riferimento alla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia error in procedendo nell’applicazione dell’art. 434 cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte violato il principio del potere dispositivo delle parti, alterando gli elementi obiettivi dell’appello avversario ed emettendo un provvedimento diverso da quello richiesto.
4. E’ fondato, e deve essere accolto, il primo motivo di ricorso.
5. La Corte territoriale non si è, infatti, uniformata al principio di diritto, per il quale “la disposizione contenuta nell’art. 420, comma primo, cod. proc. civ., secondo cui le parti possono – se ricorrono gravi motivi – modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice, presuppone che la relativa richiesta concreti una mera emendatio libelli, che non comporti, cioè, immutazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione e non introduca un tema di indagine completamente nuovo perché concernente presupposti diversi da quelli prospettati con il ricorso introduttivo dell’attore o con la memoria difensiva del convenuto” (Cass. n. 13997/2007).
6. E’ stato, in particolare, ritenuto che “è possibile l’ampliamento del thema decidendum, previa l’autorizzazione del giudice ex art. 420, 1° comma, cod. proc. civ., ricorrendone gravi motivi, come quando il contenuto della memoria difensiva ex art. 416 cod. proc. civ. abbia giustificato l’allegazione di una nuova ragione di illegittimità del licenziamento e quindi la proposizione di una nuova domanda” (Cass. n. 270/2005).
7. E’ da considerare al riguardo che la linea di separazione tra mutamento non consentito della domanda e modifica invece consentita, ai sensi dell’art. 420, comma 1°, cod. proc. civ., deve tracciarsi con riferimento al criterio della sussistenza (nella prima ipotesi) o della insussistenza (nella seconda) di un concreto pregiudizio per il diritto di difesa della controparte, che non deve essere posta di fronte ad una controversia del tutto difforme da quella originariamente prospettata: ciò che si realizza – come più volte precisato da questa Corte – in presenza di un petitum diverso e più ampio oppure di una causa petendi basata su fatti costitutivi del diritto radicalmente differenti da quelli delineati nell’atto introduttivo della lite, così da provocare un effetto di sorpresa e disorientamento e da determinare una sopravvenuta carenza o inidoneità degli strumenti di resistenza già apprestati, alterando di conseguenza il regolare ed equilibrato corso del processo.
8. Tale alterazione deve conseguentemente escludersi ove la modifica dei termini della controversia venga a dipendere dalle allegazioni in fatto contenute nella memoria di costituzione avversaria (e, pertanto, da fatti di cui la controparte in tal modo dimostri di avere già conoscenza), non attuandosi in questo caso alcuna pregiudizievole estensione del thema probandum e rimanendo pienamente integra la parità delle parti nel processo.
9. Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti.
10. Consegue dall’accoglimento del primo motivo che l’impugnata sentenza n. 330/2015 della Corte di appello di Firenze deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame della fattispecie, avrà cura di attenersi al principio di diritto sopra richiamato.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.
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