CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 febbraio 2019, n. 5260
Tributi – Accertamento – Riscossione – Art. 2 del TU del 22 dicembre 1986, n. 917 – Cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato
Fatti di causa
1. B.F. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano, depositata l’1 aprile 2011, che, accogliendo parzialmente l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza di primo grado, aveva escluso la tassazione IRAP e detratto dal reddito la misura dei costi determinati in via forfettaria nel 10% in relazione a tre avvisi di accertamento per gli anni 2003, 2004, 2005, in ordine a IVA, IRPEF e IRAP.
2. Dall’esame della sentenza di appello si evince che, condividendosi la tesi del giudice di primo grado, è stata ritenuta la fittizietà dell’allegata residenza nel Principato monegasco sulla scorta del riscontro dell’esistenza di interessi di natura filiale, parentale, sociale ed economico – finanziaria, atti a rappresentare un indubbio persistente forte legame con il Comune di origine Mercallo, in provincia di Varese e la concomitante assoluta secondarietà degli interessi presenti in Monaco come descritti dalla stessa ricorrente.
2.1. La Commissione Tributaria Regionale ha, quindi, ritenuto del tutto congruamente applicata la normativa di cui all’art. 2 del TU del 22 dicembre 1986, n. 916 (ndr art. 2 del TU del 22 dicembre 1986, n. 917), pur reputando di dover applicare ai compensi accertati le deduzioni del 10% (valutate congrue sulla base delle analisi istruttorie) a titolo di costi sostenuti per la produzione del reddito artistico ed escludendo il reddito accertato per ogni singolo anno, dalla tassazione ai fini IRAP, non reputando identificabile nei confronti della ricorrente, cantante lirica, il presupposto di un’autonoma organizzazione alla luce del personalissimo apporto alla determinazione del reddito.
3. Il ricorso è affidato a tre motivi.
4. Resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate spiegando altresì, ricorso incidentale affidato a sei motivi.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso proposto B.F. denuncia la violazione dell’art. 53 della Costituzione in relazione al principio della capacità contributiva per essere stata determinata la parte fondamentale dell’imponibile accertato sulla base del valore risultante dai viaggi aerei della cantante moltiplicati per un compenso presunto.
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione della parità di trattamento contributivo sulla base dell’allegazione secondo cui i redditi prodotti all’estero dalla contribuente non avrebbero dovuto essere sottoposti ad ulteriore tassazione.
3. I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione, sono inammissibili.
3.1. Va preliminarmente rilevato che nella vigenza dell’originario testo dell’art. 2 TUIR, comma 2 bis, (introdotto dalla legge finanziaria 1999) si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato; dunque, per effetto della presunzione legale relativa di residenza in Italia, è il contribuente, apparentemente emigrato verso Stati o territori indicati a dover dimostrare di aver reciso ogni rapporto significativo con il territorio dello Stato italiano, operando il principio dell’unicità del domicilio di cui all’art. 43 c.c..
3.2. Con riguardo alle dedotte violazioni di legge, premesso il difetto di precettività dell’art. 53 Cost. e l’impossibilità per il giudice comune di applicarne direttamente il contenuto nell’ambito delle controversie sottoposte al suo esame, va evidenziato (sul punto, ex plurimis, Cass. Sez. 6 – 5, n. 1479 del 22 gennaio 2018), che i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, mediante le quali il ricorrente non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa. La natura di giudizio a critica vincolata del processo per cassazione, infatti, impone alla parte di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, atteso che il singolo motivo assolve alla funzione condizionante il “devolutum” della sentenza impugnata.
3.2.1. Il requisito in esame, quindi, non può in alcun modo ritenersi soddisfatto qualora il ricorso per cassazione sia basato su generiche censure della decisione d’appello quale quella della inidoneità della utilizzazione, fra gli altri elementi diretti alla costruzione dell’importo imponibile, di biglietti aerei attestanti i viaggi lavorativi della ricorrente ovvero quale quella della violazione del principio di capacità contributiva, il cui elemento fondamentale sarebbe rappresentato dalla effettività, affiancata dalla parità di trattamento fra i contribuenti.
4. In ordine al terzo motivo, genericamente descritto in termini di “contraddittorietà” della sentenza rispetto a quella della Commissione Tributaria di Roma avente ad oggetto gli stessi fatti ma riguardante l’opposizione proposta dal marito della ricorrente, anch’esso è da ritenersi inammissibile.
Va evidenziato, infatti, oltre alla assoluta genericità della censura, che la Commissione Tributaria Regionale da perfettamente contezza, nel proprio iter motivazionale degli elementi probatori posti a base della decisione mentre, deducendo la contraddittorietà con altra pronunzia, parte ricorrente fa valere, nella sostanza, un vizio di motivazione e, tuttavia, il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547 del 2017).
4.1. Il ricorso principale deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.
5. Con riguardo al primo motivo di ricorso in via incidentale, mediante il quale si deduce la nullità della sentenza per violazione del divieto di extra o ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ., con riguardo all’applicazione delle deduzioni del 10%, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Cass. n. 13294 del 2016), il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, talché il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte, restando, peraltro, esclusa dall’art. 35, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, la pronuncia di una sentenza parziale solo sull’an” o di una condanna generica.
Deve quindi ritenersi, nel caso di specie, che la richiesta di annullamento dell’avviso di accertamento, comprendendo in sé l’altra istanza, abbia adeguatamente indotto la Commissione tributaria a pronunziarsi anche sulle deduzioni, escludendo la configurabilità dell’ultrapetizione ed inducendo, quindi, a ritenere l’infondatezza del motivo di ricorso.
5.1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 109 TUIR e dell’art. 2936 cod. civ.; premessa l’assoluta inconferenza del riferimento all’art. 2936 cod. civ., deve ritenersi non violata la regola probatoria posta dal mentovato art. 109, atteso che la utilizzazione delle analisi istruttorie esposte dallo stesso ufficio, sulla base delle allegazioni inerenti la produzione di reddito artistico, ritenute congrue e definite tali in motivazione dalla Commissione, appare soddisfare il requisito probatorio richiesto, sempre alla luce del carattere di “impugnazione- merito”che assiste il processo tributario (su cui, fra le altre, la citata Cass. n. 12394 del 2016).
5.2. Quanto al terzo motivo di ricorso, con cui si deduce il difetto di motivazione relativamente alla ritenuta applicabilità ai compensi accertati per ogni singolo anno delle deduzioni del 10%, ritiene il Collegio che il già richiamato riferimento alla reputata congruità di tale quantificazione alla luce delle analisi esposte dallo stesso Ufficio nel testo degli accertamenti, a titolo di costi sostenuti per la produzione del reddito artistico soddisfi i requisiti di adeguatezza della motivazione soprattutto in quanto si tratta di documentazione proveniente dal medesimo Ufficio e non oggetto di contestazione.
5.3. Con il quarto motivo si deduce il vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ., in relazione alla somma dovuta a titolo di IRAP,sul presupposto dell’inesistenza del requisito dell’inesistenza dell’autonoma organizzazione.
5.3.1. Con il quinto motivo si deduce falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 49, comma primo, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, all’art. 1 del d.lgs. 10 aprile 1988, n. 137 agli artt. 2 e 3 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 in relazione ai requisiti per l’applicazione dell’IRAP.
5.3.2. Con il sesto motivo si deduce difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ., sempre con riguardo ai presupposti dell’imposta in questione ed in particolare dell’organizzazione autonoma richiesta.
5.4. I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono infondati.
Va premesso, al riguardo, che la ratio decidendi della sentenza d’appello si fonda sulle indicazioni emergenti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 156/2001 secondo cui i lavoratori autonomi e i professionisti sono assoggettati all’IRAP solo in quanto svolgano l’attività con organizzazione di capitali o con lavoro altrui.
L’autonoma organizzazione, che costituisce il necessario presupposto dell’imposizione IRAP è un quid pluris che si aggiunge a quel corredo minimo di strumenti e collaborazioni senza il quale l’attività non potrebbe neppure essere esercitata ed è ravvisabile ogni qualvolta l’assetto organizzativo predisposto dal professionista è tale da consentire lo svolgimento dell’attività anche senza il suo diretto e personale intervento (fra le più recenti, Cass. n. 12084 del 17 maggio 2018).
Nel caso di specie, come congruamente motivato dalla Commissione Tributaria Regionale, lo stesso carattere personalissimo dell’attività espletata dalla cantante lirica esclude in radice la configurabilità di quella autonomia organizzativa che presiede all’imposta regionale sulle attività produttive, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (in questi termini, Cass. n. 12026 del 16 maggio 2018), lo svolgimento di un’attività artistica fa presumere che il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, anche ove produca un reddito cospicuo, non potendosi neanche ritenere sufficiente, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, la circostanza che il contribuente si avvalga di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli.
6. Alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, anche il ricorso incidentale deve essere respinto.
7. La reciproca soccombenza induce all’integrale compensazione delle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.
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