CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 novembre 2021, n. 36256
Tributi – Imposta di registro – Sentenza del Tribunale di accoglimento delle opposizioni allo stato passivo, relative all’espunzione della condizione con cui taluni crediti erano già stati ammessi al passivo – Imposta in misura proporzionale – Esclusione – Imposta in misura fissa
Fatti di causa
Z. S.p.A. in amministrazione straordinaria propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 13807/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Catania in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro, applicata in misura proporzionale sull’importo dei crediti, già ammessi al passivo in via condizionata, e per i quali con sentenza del Tribunale di Catania era stata espunta la condizione dell’ammissione.
La CTR, in particolare, aveva respinto l’appello ritenendo legittima la tassazione con l’imposta proporzionale trattandosi di accertamento di diritti a carattere patrimoniale.
L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ex art. 360 n. 4 c.p.c., rispettivamente, nullità della sentenza per omessa pronuncia e motivazione apparente sul primo motivo di appello, con cui si lamentava il difetto di motivazione dell’atto impugnato per mancata allegazione della sentenza della cui registrazione si discute in giudizio.
1.2. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ex art. 360 n. 4 e 3 c.p.c., motivazione apparente e violazione di norme di diritto (art. 20 DPR n. 131/1986, art. 8 lett. c), d), e) Tariffa Parte Prima DPR n. 131/1986) laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che la sentenza del Tribunale di Catania, nella parte in cui, in accoglimento delle opposizioni allo stato passivo della Z. S.p.A, aveva espunto la condizione con cui taluni crediti erano già stati ammessi al passivo, avrebbe dovuto essere sottoposta a registrazione con applicazione dell’aliquota proporzionale dell’1%.
1.3. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in via subordinata, omessa pronuncia e omesso esame di fatto decisivo con riguardo alla richiesta, formulata in via subordinata in appello, circa l’illegittimità dell’avviso impugnato per errata quantificazione dell’importo dovuto.
2.1. Vanno disattesi, sia il primo che il secondo motivo di ricorso.
2.2. Occorre in primo luogo richiamare l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, dì modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010).
2.3. La questione posta con il primo ed il secondo motivo dell’odierno ricorso va quindi esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi che, nell’odierna fattispecie, effettivamente risultano non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinché il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità.
2.4. Nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base delle considerazioni che seguono.
2.5. Sulla base del più recente orientamento di questa Corte (cfr. Cass. nn. 26340/2021, 21713/2020, 13402/2020) va ribadito il principio secondo cui, in materia di imposta di registro su atti giudiziari definitori di procedimenti nei quali il contribuente sia stato parte, l’avviso di liquidazione, attraverso il corredo esterno di documenti allegati ovvero attraverso la riproduzione interna di documenti richiamati, deve garantire in ogni caso al contribuente l’agevole intelligibilità dei valori imponibili, delle aliquote applicate e dell’imposta liquidata in relazione alla registrazione di un titolo giudiziale, senza alcuna differenza per la rilevanza fiscale delle enunciazioni (preliminari) o delle statuizioni (finali).
2.6. Nel caso in cui il contribuente contesti in maniera specifica e circostanziata la sufficienza motivazionale dell’avviso e la comprensibilità della pretesa impositiva rinveniente da quelle sole indicazioni, il giudice di merito deve procedere, quindi, al vaglio complessivo del livello motivazionale dell’avviso stesso, indipendentemente dall’allegazione o non allegazione ad esso dell’atto giudiziario tassato, anche in relazione agli eventuali elementi di complessità ed equivocità che possano in concreto emergere da quest’ultimo.
2.7. Orbene, nel caso di specie, sulla base di quanto dedotto e prospettato dalla stessa ricorrente, sebbene dall’avviso di liquidazione non scaturissero elementi di immediata ed esatta percezione del criterio di determinazione dell’imposta dovuta – limitandosi a quantificare l’imposta con la seguente motivazione: <<registro: altre voci – prop. 109T 6.346.052,00» -, la mancata specificazione degli elementi applicativi fondamentali, dianzi indicati, non ha, tuttavia, in concreto determinato una lesione dei diritti della contribuente in considerazione del fatto che con la sentenza tassata (il cui dispositivo è stato anch’esso trascritto nel ricorso per Cassazione), in parziale accoglimento di un’opposizione allo stato passivo nei confronti della ricorrente, era stata disposta, con chiarezza, l’espunzione, dal provvedimento di ammissione al passivo dell’odierna ricorrente, della condizione dell’escussione delle fideiussioni rilasciate in favore di vari istituti di credito, attinenti a diritti patrimoniali già riconosciuti nello stato passivo opposto e su tali importi l’Ufficio, come espressamente dedotto dalla stessa contribuente, aveva poi applicato l’imposta proporzionale di registro sul presupposto che trattavasi di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.
2.8. Questa situazione denotava dunque che mediante l’avviso di liquidazione – indipendentemente dall’allegazione (o non allegazione) della sentenza – era stata resa una chiara esplicazione degli elementi indispensabili per il calcolo dell’imposta di registro, come peraltro dimostrato appieno dal tenore delle articolate difese dell’odierna ricorrente nel giudizio di merito e di legittimità.
3.1. È fondato il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del quarto motivo, formulato in via subordinata.
3.2. La ricorrente lamenta che la CTR, nell’affermare che deve applicarsi l’imposta di registro in misura proporzionale alla sentenza tassata, nella parte in cui ammette al passivo il credito vantato nei confronti della ricorrente da taluni Istituti di credito mediante espunzione della condizione a cui era stata subordinata l’ammissione al passivo, illegittimamente non avrebbe tenuto conto che nella suddetta pronuncia non era stato disposto alcun nuovo accertamento del credito, nessun rilievo assumendo, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, la qualità del credito, se chirografario o privilegiato, se ammesso con o senza condizione.
3.3. Questa Corte (cfr. Cass. nn. 14146/2013, 2131/2013, 10588/2007; conf. Cass. n. 29383/2020 non mass.) ha già affermato il principio, applicabile anche alla presente fattispecie, secondo cui la sentenza che, in accoglimento dell’opposizione allo stato passivo, riconosca la natura privilegiata di un credito fatto valere nella procedura fallimentare, e già ammesso in via chirografaria dal giudice delegato, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma primo, lettera d), della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, poiché essa incide esclusivamente sul profilo qualitativo del credito, determinando un mutamento della sua posizione nel concorso, in quanto l’ammontare ed il titolo, che rappresentano gli unici aspetti rilevanti ai fini dell’imposta in esame, risultano già determinati per effetto del decreto di ammissione, essendo quest’ultimo assoggettato ad imposta in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 8, comma primo, lettera c), di detta tariffa.
3.4. Ne deriva che l’applicazione della medesima disposizione, ovvero di quella di cui all’art. 9 della tariffa, alla sentenza in questione, comporterebbe una duplicazione dell’imposta, in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e capacità contributiva, oltre che con la funzione dell’imposta di registro, che nella specie assume la natura di corrispettivo per il servizio complesso della registrazione.
4. Il ricorso va dunque accolto quanto al terzo motivo, assorbito il quarto motivo e respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame, in applicazione degli enunciati principi di diritto, anche delle eventuali questioni rimaste assorbite, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto motivo e respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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