CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 luglio 2022, n. 23490

Lavoro – Contratti di somministrazione a tempo determinato – Ricorso abusivo al lavoro interinale – Nullità

Fatto

1. Con sentenza 7 febbraio 2017, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello di A.I. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di accertamento della nullità dei plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato conclusi tra il 5 settembre 2005 e il 12 luglio 2014 e di conseguente costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l’utilizzatrice C.T. s.r.l. e del suo diritto al ripristino del rapporto e al risarcimento del danno.

2. Come già il Tribunale, essa ha ritenuto la decadenza del lavoratore dall’impugnazione di tutti i contratti di somministrazione a tempo determinato anteriori agli ultimi due (dal 5 al 31 maggio 2014 e dal 16 giugno al 12 luglio 2014, impugnati il 16 luglio 2014), per l’applicabilità dell’art. 32 l. 183/2010 anche ai contratti di somministrazione a tempo determinato, variando, rispetto a quelli ad essa successivi, soltanto la data di decorrenza dalla sua entrata in vigore e, dopo la legge n. 10/2011 (cd. “milleproproghe”) a definitiva soluzione dell’applicazione della disciplina transitoria prevista per i contratti a tempo determinato anche a quelli in somministrazione, dal 1° gennaio 2012.

La Corte bresciana ha inoltre escluso la configurabilità di un unico rapporto di lavoro, in assenza di una prestazione continuativa di attività tra un contratto e l’altro.

3. Quanto agli ultimi due, tempestivamente impugnati, essa ne ha rilevato la stipulazione in regime di acausalità, peraltro in assenza di loro contestazione sotto il profilo della causale, negando pure il diritto rivendicato dal lavoratore di assunzione, a norma della previsione dell’art. 4 CCNL metalmeccanici del 20 gennaio 2008 (di acquisizione di un tale diritto a seguito della prestazione presso la stessa azienda, con mansioni equivalenti, sia di periodi di lavoro con contratto a termine, sia di periodi di missione con contratto di somministrazione, per oltre 44 mesi), essendo egli stato occupato presso C.T. s.r.l. per un tale periodo, ma esclusivamente in somministrazione, senza alcun periodo con contratto a tempo determinato. E pertanto assegnato all’utilizzatrice per scelta esclusiva della somministratrice H., non condizionante la prima.

4. Con atto notificato il 21 aprile 2017, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui la società utilizzatrice ha resistito con controricorso.

5. In esito a fissazione in adunanza camerale e comunicazione di memorie delle parti, ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c,, in risposta alla requisitoria del P.G., sul rilievo del difetto dei presupposti per la sua trattazione con tale regime, la causa è stata quindi rimessa all’odierna pubblica udienza.

6. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, nel senso dell’accoglimento del secondo motivo nei limiti di cui in motivazione, rigetto del primo e assorbimento del terzo.

7. Il ricorrente ha comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1. Nel rispetto dell’ordine logico – giuridico delle questioni poste, appare pregiudiziale l’esame del secondo motivo, con il quale il ricorrente deduce la violazione degli artt. 117, primo comma Cost. in relazione all’art. 5, quinto comma della Direttiva 2008/101/CE e degli artt. 28 d.lgs. 276/2003, 1344 c.c., per avere la Corte territoriale escluso alcun limite all’utilizzazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in somministrazione, pur rimettendone la legge applicabile ratione temporis (art. 22, secondo comma d.lgs. 276/2003, di proroga del contratto di lavoro, con il consenso scritto del lavoratore, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore; poi abrogato dall’art. 55, primo comma d.lgs. 81/2015) la regolamentazione alla contrattazione collettiva, che disponeva il limite massimo, formalmente rispettato, di proroga del periodo di assegnazione iniziale per sei volte nell’arco di 36 mesi (art. 42 CCNL lavoratori somministrati del 16 maggio 2008) e interpretato l’art. 4 del CCNL citato nella superiore parte espositiva nel senso dell’abuso della precarizzazione del rapporto. E per avere, in tal modo, essa adottato un’interpretazione non comunitariamente orientata, per il mancato rispetto della prescrizione della Direttiva denunciata (sul lavoro tramite agenzia interinale) di adozione da”gli Stati membri” delle “misure necessarie … per evitare il ricorso abusivo” a tale tipologia di lavoro e “prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva”, a tutela della stabilità del rapporto di lavoro e di limitazione della possibilità di costituzione e successione dei contratti, così legittimando la pratica della cd. “somministrazione all’infinito”.

2. Esso è fondato.

3. Questa Corte ha affrontato e risolto la questione con la sentenza 21 luglio 2022, n. 22861, che deve essere pertanto posta a fondamento anche della soluzione della presente controversia, per richiamo dei suoi passaggi essenziali, in completa e adesiva condivisione.

4. Dopo avere puntualmente ricostruito l’evoluzione normativa della disciplina del contratto di somministrazione (in motivazione, p.ti da 5 a 10) ed illustrato il diritto dell’Unione europea sul lavoro tramite agenzia interinale, come in particolare interpretato dalle recenti sentenze della Corte di Giustizia del 14 ottobre 2020, JH c. KG, C-681/2018 e del 17 marzo 2022, D.A., M.B.W.B., C-232/20 (in motivazione, p.ti da 11 a 17), essa ha chiaramente affermato che le disposizioni della Direttiva 2008/104 sul lavoro tramite agenzia interinale, pur non imponendo agli Stati membri l’adozione di una determinata normativa in materia, obbliga tuttavia gli stessi Stati membri, in termini chiari, precisi ed incondizionati, ad adottare le misure necessarie per prevenire l’assegnazione di missioni successive a un lavoratore tramite agenzia interinale aventi lo scopo di eludere le disposizioni di tale Direttiva nel suo insieme; sicché, gli Stati membri devono adoperarsi affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per un lavoratore tramite agenzia interinale (in motivazione, p.to 13).

4.1. In particolare, nella prima sentenza (JH c. KG), la Corte di Giustizia ha dichiarato che l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della Direttiva 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Ma tale disposizione deve essere interpretata in senso ostativo a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della Direttiva 2008/104 nel suo insieme (in motivazione, p.to 14).

Nella seconda sentenza (D.A.M.B.W.B.), premessa la possibilità per gli Stati membri di stabilire nel diritto nazionale una durata precisa oltre la quale una messa a disposizione non possa più essere considerata temporanea ed il compito dei giudici nazionali, in caso di mancata previsione normativa di una durata determinata, di stabilirla caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, la Corte di Giustizia ha stabilito che l’articolo 1, paragrafo 1 e l’articolo 5, paragrafo 5, della Direttiva 2008/104 debbano essere interpretati nel senso che costituisce un ricorso abusivo all’assegnazione di missioni successive a un lavoratore tramite agenzia interinale il loro rinnovo su uno stesso posto presso un’impresa utilizzatrice, qualora le missioni successive del medesimo lavoratore comportino una durata dell’attività, presso la stessa impresa utilizzatrice, più lunga di una che sia ragionevolmente qualificabile «temporanea», alla luce di tutte le circostanze pertinenti, quali in particolare le specificità del settore e nel contesto del quadro normativo nazionale, in assenza di alcuna spiegazione obiettiva del ricorso a una serie di contratti di lavoro tramite agenzia interinale successivi: circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare (in motivazione, p.to 17).

5. Sempre con la seconda sentenza citata, la Corte europea ha quindi indicato l’obbligo per il giudice di rinvio di operare secondo il principio di interpretazione conforme, “prendendo in considerazione tutte le norme del diritto nazionale, per garantire la piena efficacia” della Direttiva 2008/104 (Corte di giustizia del 5 ottobre 2004, P., cause riunite da C-397/01 a C-403/01), nel rispetto del limite dei principi generali del diritto e del divieto di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (in motivazione, p.ti da 18 a 20).

Ribadito il carattere “chiaro, preciso e incondizionato” dell’obbligo, imposto agli Stati membri dall’art. 5, par. 5, prima frase, di adottare le misure necessarie per impedire il ricorso abusivo ad una successione di missioni di lavoro tramite agenzia interinale, questa Corte ha quindi individuato, in funzione di una interpretazione conforme delle norme nazionali in grado di garantire l’effetto utile alle disposizioni del diritto dell’Unione, tra quelle interne regolanti gli effetti di condotte elusive di norme imperative, l’art. 1344 c.c., in combinato disposto con l’art. 1418 c.c. (in motivazione, p.ti 21.3. e 21.4.).

5.1. In particolare, essa ha rammentato come il ricorso all’ipotesi del contratto in frode alla legge, per sanzionare la reiterazione dei contratti interinali, qualora costituisca il mezzo, anche attraverso intese esplicite o implicite, tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice concernenti la medesima persona del prestatore, per eludere la regola della temporaneità, sia stato praticato nell’interpretazione delle disposizioni della legge n. 196 del 1997, in materia di fornitura di lavoro temporaneo (Cass. n. 7702 del 2018; Cass. n. 23684 del 2010; Cass. n. 15515 del 2009); e pure come strumento utile per evitare la possibilità, attraverso ripetute assunzioni a tempo determinato, di una condotta che integri una frode alla legge (Cass. n. 59 del 2015; Cass. n. 14828 del 2018): non impedendo l’assenza di alcuna previsione esplicita sulla durata temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nel d.lgs. n. 81 del 2015 e prima ancora nel d. lgs. n. 276 del 2003, di considerare tale requisito implicito ed immanente del lavoro tramite agenzia interinale, in conformità agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, non comportando una simile lettura una interpretazione contra legem (in motivazione, p.ti da 22 a 25).

6. Questa Corte ha pure ribadito essere compito del giudice di merito stabilire caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c. e specificamente degli obblighi e delle finalità imposti dalla Direttiva, da cui discende, secondo l’ordinamento interno, la nullità dei contratti. In ciò potendosi esso avvalere delle indicazioni, in particolare delle suindicate sentenze della Corte di Giustizia, di indici rivelatori dell’eventuale ricorrenza di un abusivo ricorso al lavoro tramite agenzia interinale volto ad eludere la finalità della Direttiva di circoscriverne la portata in termini di temporaneità, verificando se: le missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducano a una durata dell’attività presso tale impresa più lunga di quanto possa essere ragionevolmente qualificato come «temporaneo»; missioni successive assegnate al medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice possano eludere l’essenza stessa delle disposizioni della Direttiva 2008/104, costituendo un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, per la compromissione dell’equilibrio in essa tra flessibilità per i datori di lavoro e sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima; in concreto, non sia fornita alcuna spiegazione oggettiva del ricorso dell’impresa utilizzatrice ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, a maggior ragione qualora ad essa sia assegnato sempre lo stesso lavoratore (in motivazione, p.to 27).

7. Né a tale accertamento osta la decadenza, maturata ai sensi dell’art. 32, quarto comma, lett. d) della legge n. 183 del 2010, dall’azione di costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore. Il fatto che la decadenza sia istituto preordinato a realizzare una preclusione all’esercizio di un’azione, in mancanza del compimento di un atto previsto dalla legge o dal contratto entro un certo termine, non impedisce infatti che la vicenda contrattuale possa rilevare fattualmente ad altri fini: in particolare, come antecedente storico che entri a fare parte di una sequenza di rapporti e che possa essere valutato in via incidentale dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104 (in motivazione, p.ti 29, 30).

D’altro canto, una tale interpretazione è coerente con la citata sentenza Daimler (p.to 83), secondo cui la Direttiva 2008/104 deve essere intesa in senso ostativo ad una normativa nazionale che stabilisca una durata massima di messa a disposizione del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice, nell’ipotesi in cui escluda mediante una disposizione transitoria, ai fini del calcolo di tale durata, il computo dei periodi precedenti l’entrata in vigore di una siffatta normativa, non consentendo al giudice nazionale di prendere in considerazione la durata effettiva della messa a disposizione di un lavoratore tramite agenzia interinale al fine di determinare se essa abbia avuto luogo «temporaneamente», ai sensi di tale Direttiva (in motivazione, p.to 31).

Diversamente, l’art. 32, quarto comma 4, lett. d) l. cit. si porrebbe in contrasto con la Direttiva, laddove venisse interpretato nel senso di precludere al giudice nazionale di prendere in considerazione il rapporto di lavoro somministrato per il quale è maturata la decadenza al diverso fine di verificare se anche detta messa a disposizione per l’utilizzatore si inserisca in una sequenza reiterata di missioni che oltrepassi il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea. Sicché, ben può essere rilevante per il giudice di merito verificare il numero di contratti succedutisi ed il tempo complessivamente trascorso, potendo inserirsi l’utilizzazione del medesimo lavoratore mediante agenzia interinale entro un quadro complessivo di durata del suo utilizzo superiore a quello ammissibile alla luce di una interpretazione della normativa nazionale conforme al diritto dell’Unione europea (in motivazione, p.ti 32, 33).

8. Tale complessiva valutazione non è stata compiuta nel caso di specie dalla Corte d’appello di Brescia e quindi da essa si dovrà invece attendere in sede di rinvio, tenendo conto delle indicazioni offerte dalla Corte di giustizia e dei principi suenunciati.

9. Pertanto, il primo motivo (relativo a violazione dell’art. 4 – sez. IV – tit. I CCNL industria meccanica e installazione di impianti del 20 gennaio 2008, per la legittimazione della cd. “somministrazione all’infinito”, con abuso della precarizzazione del rapporto, secondo l’interpretazione del giudice di merito, in assenza di una regolamentazione di massima durata consentita nell’utilizzazione dei rapporti di somministrazione di manodopera, della norma denunciata nel senso della sua inapplicabilità nell’ipotesi, come quella di specie, di esclusiva prestazione di lavoro a tempo determinato in somministrazione) e il terzo motivo (relativo a nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla violazione degli artt. 117, primo comma Cost. in relazione all’art. 5, quinto comma della Direttiva 2008/101/CE, degli artt. 28 d.lgs. 276/2003, 1344 c.c.) sono assorbiti.

10. Dalle argomentazioni sopra svolte discende allora l’accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli altri, con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano.