CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 49298 depositata il 12 dicembre 2023

Lavoro – Violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro – Movimentazione manuale dei carichi – DVR – Colposa omessa vigilanza sui lavoratori da parte dei preposti – Obbligo del datore di lavoro di adottare misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi – Rigetto

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Firenze, il dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo B) imputazione per essere lo stesso estinto per decorso del termine di prescrizione, ha rideterminato la pena inflitta ad A.M. per il restante capo A) rispetto al quale ha confermato la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato espressa dal Tribunale di Livorno.

1.2. L’imputato è stato chiamato a rispondere del delitto di cui all’art. 590 c.p., commi 2 e 3, perché in qualità di datore di lavoro della “(…)”, per colpa generica ed in violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro – D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 28, comma 2, lett. a) e art. 55, comma 4, – cagionava al dipendente L.L. lesioni personali, consistite in distacco muscolare del bicipite brachiale destro all’inserzione distale, guarita in un tempo superiore a 40 giorni; in particolare, il L., nel corso dei lavori di pulizia di fine stagione, stava movimentando a mano e senza attrezzi idonei, unitamente ad un collega, un frigorifero delle dimensioni di cm. 79 di larghezza, 83 di profondità, metri 2.10 di altezza, del peso di circa 158 kg, quando, improvvisamente, non riusciva più a muovere il braccio destro.

2. Avverso la sentenza di appello ricorre l’imputato, a mezzo del difensore che solleva i seguenti motivi:

2.1. Violazione di legge per non avere i Giudici di merito correttamente applicato la norma attinente al caso di specie. La motivazione, infatti, incentra la penale responsabilità dell’imputato sulla circostanza che lo stesso, in qualità di datore di lavoro, avrebbe omesso di valutare i rischi derivanti dalla movimentazione del frigorifero. La Corte territoriale non si sofferma sulla valutazione del rischio imposto dalla norma di cui all’art. 28, comma 2, lett. a), limitandosi a ravvisare la responsabilità dell’imputato nella circostanza di aver “costretto” i lavoratori ad eseguire delle attività di pulizia per le quali era necessario lo spostamento del frigorifero, prescindendo da ogni valutazione specifica imposta dalla norma. Laddove si parla di movimentazione manuale dei carichi, al fine di ravvisare se quell’operazione possa rappresentare un rischio, è tuttavia necessario che il movimento da effettuare rientri nei parametri imposti dalla norma. Al fine di ravvisare l’omessa valutazione di un rischio, dunque, i Giudici avrebbero prima dovuto accertare se quella movimentazione rappresentasse o meno un rischio, così come previsto e definito dal Titolo VI e dall’allegato XXIII del D.Lgs. n. 81 del 2008. Per individuare la violazione di una norma specifica, non bastava richiamare il citato art. 28, ma si sarebbe dovuta esplicitare la cautela specifica e verificare se, con quella specifica valutazione, la presunta movimentazione effettuata dall’infortunato rappresentasse un rischio oppure no. Nel caso di specie, il datore di lavoro aveva effettuato una valutazione secondo le regole cautelari specifiche indicate dalla norma, che avevano portato ad evidenziare come in quei piccoli movimenti volti a spostare il frigorifero non si sarebbero raggiunti i limiti normativi che impedivano al lavoratore di effettuare quella movimentazione. Il lavoratore si è infortunato perché non si è attenuto alle indicazioni valutative del datore di lavoro;

2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La sentenza afferma che i preposti erano coloro che avevano impartito il compito all’infortunato di effettuare le operazioni di pulizia ma allo stesso tempo ravvisa la responsabilità del datore di lavoro che si sarebbe recato presso il bar “(…)” – che la cooperativa “Nuovo Futuro” aveva in appalto – e non avrebbe in alcun modo delegato ad altre la cura e la gestione della sicurezza sul lavoro. L’imputato è a capo di un’azienda che all’epoca contava circa trecento dipendenti, dislocati in tutta la Toscana; è logico che non potesse osservare un obbligo di vigilanza pedissequo su ciascuna lavorazione, incombendo detto obbligo ai soggetti gerarchicamente allo stesso subordinati nell’organigramma di sicurezza. Non può, pertanto, ravvisarsi la responsabilità dell’imputato nella determinazione dell’evento, atteso che il lavoro di pulizia era stato impartito da un preposto e consisteva in piccoli movimenti che non potevano rappresentare un rischio secondo le norme più sopra citate.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4. In data 29/09/23, è pervenuta memoria di replica del difensore, avv. L.F.. 

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo, ai limiti del vago, è volto ad ottenere una rilettura degli elementi di prova, non consentita in questa sede. La sentenza impugnata ricorda, sulla base di quanto emerso nell’istruttoria dibattimentale, che la manutenzione e la pulizia del frigorifero in questione competevano all’utilizzatore comodatario, e cioè alla cooperativa sociale del cui consiglio di amministrazione l’imputato era presidente; che una siffatta pulizia nella parte retrostante, necessitante quindi un’indispensabile movimentazione del frigorifero, era stata poi richiesta alla persona offesa e al collega Socci dai preposti; che la movimentazione dei frigoriferi e la relativa pulizia retrostante a fine stagione era una prassi; che per una siffatta movimentazione, connessa alla necessità di pulizia del frigorifero, il datore di lavoro non aveva munito i dipendenti di mezzi e strumenti di movimentazione e che, anzi, l’esiguità degli spazi e la collocazione del bene impedivano l’impiego del carrello; che lo specifico rischio connesso alla movimentazione di un frigorifero voluminoso e pesante quale quello di cui si tratta non era stato oggetto di valutazione nel DVR (documento di valutazione del rischio); che, pur a fronte di un alto numero di addetti, l’imputato non ha in alcun modo delegato ad altri la cura e la gestione della sicurezza sul lavoro; che, essendosi recato sul luogo e avendo anche dato indicazioni ai lavoratori, il prevenuto era a conoscenza del rischio correlato alla movimentazione del frigorifero e, pur tuttavia, non l’aveva preso in considerazione.

Quanto al secondo motivo, la sentenza impugnata ha evidenziato come l’imputato, nella sua veste datore di lavoro, non abbia vigilato, come era suo dovere, né sull’operato dei propri collaboratori, né sui lavoratori stessi. Non solo: dalle risultanze processuali, di cui dà pieno conto la Corte di appello, è emersa una colposa omessa vigilanza sui lavoratori da parte dei due preposti, i quali peraltro hanno dato l’ordine pericoloso ai due dipendenti. Ne’ vale ad esonerare l’imputato da responsabilità il fatto che fosse coadiuvato da dirigenti di area, preposti e consulenti, come correttamente afferma la sentenza impugnata, pacifico essendo che il dovere principale che la normativa in materia impone al datore di lavoro è quello di organizzare un sistema atto a prevenire efficacemente gli infortuni, provvedendo alla individuazione di tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro e alla predisposizione delle necessarie misure di prevenzione. Al datore di lavoro incombe altresì l’obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, così sopperendo all’omessa previsione anticipata (Sez. 4, n. 4075 del 13/01/2021, P.G., Rv. 280389).

Le omissioni colpose dell’imputato, più sopra richiamate, risultano del tutto preminenti rispetto alle censure difensive proposte, le quali, pertanto, si appalesano infondate.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.