Corte di Cassazione sentenza n. 11362 depositata il 10 maggio 2018
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – AMMISSIONE AL PASSIVO – CON RISERVA – SENTENZA NON ANCORA PASSATA IN GIUDICATO – APPLICAZIONE ART. 96, COMMA 2, N. 3 L. FALL. – INTERPRETAZIONE ESTENSIVA – AMMISSIBILITA’
RILEVATO
che:
L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (hinc solo Inpgi) chiedeva di essere ammesso al passivo del fallimento di (omissis) s.p.a., per crediti derivanti dal mancato pagamento di contributi assicurativi obbligatori, previdenziali e assistenziali;
la domanda di ammissione veniva respinta perché i crediti, oggetto di un decreto ingiuntivo revocato in sede di opposizione, erano da considerare sforniti di prova;
l’Inpgi proponeva opposizione chiedendo, in subordine, l’ammissione con riserva, essendo ancora pendente il termine per proporre appello alla sentenza di revoca del decreto ingiuntivo;
l’adito tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione, osservando che la parte ricorrente era stata autorizzata a depositare l’atto di appello entro il termine del 18-10-2016, per valutarne l’utilizzabilità in relazione alla data di notificazione; che nessun deposito era stato effettuato nel detto termine; che il credito nel suo complesso era totalmente sfornito di prova; che l’ammissione con riserva non poteva essere pronunciata in mancanza di un titolo favorevole all’istante, volta che la sentenza aveva avuto “contenuto negativo (…) avendo accolto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo”;
l’Inpgi ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi;
la curatela non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo, deducendo violazione o erronea applicazione della L. Fall., artt. 52, 95 e 96, l’Inpgi lamenta che il credito non sia stato ammesso al passivo con riserva: assume che una tale ammissione può trovare presupposto anche nella sentenza che abbia rigettato la pretesa di pagamento avanzata prima del fallimento, purché sottoposta a gravame;
col secondo motivo, deducendo l’omesso esame di fatto decisivo, il ricorrente censura l’affermazione con la quale il tribunale ha sottolineato il mancato deposito dell’atto di appello, quando invece l’atto era stato tempestivamente depositato in giudizio in via telematica;
col terzo motivo, deducendo violazione ed erronea applicazione della L. Fall., artt. 42, 43, 52, 95 e 96, l’Istituto ricorrente lamenta che il tribunale abbia esteso la propria indagine al merito della pretesa creditoria, quando invece il relativo giudizio doveva esser riservato al giudice investito dell’appello avverso la sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo;
il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è manifestamente fondato;
il tribunale di Milano, sebbene inizialmente sottolineando che l’atto di appello alla sentenza relativa alla causa di opposizione a decreto ingiuntivo non era stato depositato dall’Inpgi nel termine appositamente assegnato (cosa di cui l’Inpgi si duole nel secondo motivo di ricorso), non ha tratto alcuna conseguenza da tale rilievo, e anzi ne ha inequivocamente disatteso la rilevanza nel momento in cui, nella parte finale della motivazione, ha affrontato l’unico nodo della causa sulla base del presupposto della sentenza non passata in giudicato; rispetto alla domanda di ammissione con riserva il tribunale, dopo aver ricordato che è possibile ammettere con riserva i crediti accertati con sentenza non passata in giudicato, ha osservato che la pronuncia giurisdizionale era anteriore alla data della dichiarazione di fallimento, e come tale astrattamente invocabile dal creditore se non fosse per il contenuto negativo, essendosi trattato di sentenza di accoglimento dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo allora ottenuto;
è dunque implicito, in tale motivazione, che la sentenza era stata impugnata e non era passata in giudicato, in quanto l’ammissione con riserva è stata esclusa non per l’esistenza di una preclusione da giudicato ma per il semplice fatto del ripetuto carattere della sentenza stessa, negativo e come tale non partecipe della natura di accertamento del credito;
sennonché a tal riguardo il tribunale è incorso in un errore di diritto, perché è del tutto pacifico, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, che L. Fall., art. 96, comma 2, n. 3, al pari del previgente art. 95, comma 3, deve essere interpretato estensivamente, in modo da comprendere anche i crediti oggetto di accertamento negativo da parte della sentenza di merito non passata in giudicato (v. Cass. n. 26041-10, quanto al previgente testo della L. Fall., art. 95, comma 3, e v. Cass. n. 7426-15, in motivazione, quanto all’attuale regime dell’art. 96 citato);
la cognizione di tali crediti rimane quindi di spettanza del giudice dell’appello, dovendo il creditore presentare proprio per questo la sua domanda di ammissione al passivo fallimentare con riserva;
il decreto del tribunale di Milano va dunque cassato;
segue il rinvio al medesimo tribunale, diversamente composto, per nuovo esame;
il tribunale si uniformerà al principio esposto e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Milano.
Motivazione semplificata.
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