CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 19787 depositata l’ 11 luglio 2023

Tributi – Imposte sui dividendi azionari – Istanza di rimborso – Società madre di diritto francese – Società figlia residente in Italia – Direttiva 90/435/CEE – Regime della convenzione bilaterale Italia-Francia – Doppia imposizione – Fonte Eurounitaria rispetto alla convenzione bilaterale – Accoglimento

Fatti di causa

La ricorrente T.F. s.a. è società di diritto francese che deteneva partecipazione qualificata pari al 65% dell’I.P. s.p.a., da cui riceveva dividendi in vecchio conio equivalenti ad Euro 1.007.090,95 nell’anno di imposta 2001 ed Euro 780.000,00 nell’anno di imposta 2002.

Su entrambe le operazioni la controllata I.P. esercitava la facoltà concessa dall’art. 27bis, comma 3, d.p.r.  n. 600 del 1973 che, in applicazione della direttiva 90/435/CEE del Consiglio (nota come “direttiva madre-figlia”), permetteva di non assolvere la ritenuta alla fonte sui dividendi erogati. Successivamente, la controllante francese optava per il regime della convenzione bilaterale Italia – Francia, fatta il 5 ottobre 1989 e ratificata con l. n. 20/1992, proponendo istanza di rimborso a competente Centro operativo di Pescara per credito di imposta pari ad Euro 230.591,10 per l’anno 2001 e di Euro 169.406,25 per l’anno 2002.

Il provvedimento di diniego era motivato da assenza di doppia imposizione e da prevalenza della fonte Eurounitaria rispetto alla convenzione bilaterale. I gradi di merito confermavano l’impianto motivo del provvedimento impugnato, donde ricorre per cassazione la società francese affidandosi a due mezzi, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.

In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive posizioni.

Ragioni della decisione

Vengono proposti due motivi di ricorso

.I. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione degli artt. 10 n. 4 b) e 2 a) della Convenzione Italia – Francia contro le doppie imposizioni ratificata con l. n. 20/1992, nonché dell’art. 27 bis d.p.r. n. 600/1973, nella sostanza lamentando la violazione del diritto al rimborso sui dividendi elargiti a controllante estera con partecipazione qualificata, secondo il credito di imposta che sarebbe spettato ad un controllante residente, depurato del 5% sull’ammontare del credito e del 5% sull’ammontare dei dividendi.

Con il secondo motivo si protesta censura ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, in coerenza con l’art. 111 della Carta repubblicana, per motivazione apparente, lamentando omessa motivazione laddove la commissione d’appello abbia rilevato che i dividendi percepiti fossero stati tassati solo parzialmente in Francia, non ritenendo sufficiente l’astratta assoggettabilità ad imposizione d’Oltralpe quale presupposto per riscuotere il credito di imposta in Italia, rilevando il rischio di una “doppia non-imposizione”, quanto meno parziale. Sicché il carattere dubitativo del passaggio motivazionale renderebbe inficiata la sentenza qui in scrutinio.

I due motivi possono essere trattati unitariamente per ragioni di stretta connessione.

.II. La questione all’oggetto è stata trattata in più occasioni da questa Corte, con affinamento progressivo cui merita dare continuità (cfr. Cass. V, n. 13845, 13846, 13847 e 13848 del 2021).

Nel particolare, la sentenza di secondo grado sarebbe viziata per non aver riconosciuto che la contribuente avesse dichiarato che i dividendi percepiti fossero stati esposti, ancorché non integralmente tassati in Francia, ricorrendo tutti i requisiti richiesti dalla fonte pattizia per ottenere il beneficio fiscale, il quale, peraltro, sorgerebbe a prescindere da una doppia imposizione fiscale, secondo la piana lettura del dato normativo che non ne fa cenno alcuno. In altri termini, la CTR ha ancorato il diritto al rimborso ad una condizione (l’aver subito tassazione) non prevista in convenzione.

Altresì si contesta l’errata interpretazione del rapporto fra direttiva e convenzione, di aver voluto cumulare i benefici delle due fonti. Infine, si espone la corretta ratio del rimborso chiesto (e negato) all’Amministrazione fiscale italiana.

I motivi, nelle diverse articolazioni, possono essere esaminati complessivamente e sono fondati.

.III. Le questioni poste con il ricorso hanno trovato soluzione nella recente ordinanza inter partes n. 13845 del 20/05/2021, il cui principio di diritto può essere riassunto secondo massima ufficiale: In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia ad una società madre residente in Francia, il credito d’imposta previsto dall’art. 10 comma 4, lett. b), della Convenzione contro le doppie imposizioni, firmata tra Italia e Francia il 5.10.1989 e ratificata dalla Repubblica Italiana con l. n. 20 del 1992, non è escluso dal riconoscimento dell’esenzione dalla ritenuta prevista dalla Direttiva madre-figlia n. 453 del 1990 (attuata con il d.lgs. n. 136 del 1993), atteso che secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (causa C-389/18, del 19 dicembre 2019, Brussels Securities), questo secondo beneficio non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica né di violazione del principio di neutralità fiscale. Peraltro, ai fini del corretto coordinamento dei due meccanismi di tutela dagli effetti distorsivi della doppia imposizione (esenzione e credito d’imposta), la necessaria verifica in concreto della eliminazione effettiva di detto rischio in danno della società madre francese – a tutela da trattamenti fiscali deteriori rispetto alla disciplina applicabile ad una società madre sedente in Italia – deve essere compiuta mediante l’accertamento che il dividendo distribuito dalla società figlia italiana sia compreso, una volta assegnato alla società madre francese, nel coacervo dei redditi imponibili in quello Stato, senza che rilevi se nel concreto quel reddito sia ivi assoggettabile ad aliquota pari, inferiore o superiore a quella altrimenti applicabile in Italia, riconducendosi la disciplina nel principio di neutralità ed efficienza fiscale internazionale. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 13845 del 20/05/2021, Rv. 661232 – 01). Tale principio (peraltro seguito da altre coeve e successive decisioni nn. 138846-7-8 del 2021, nn. 19984 e  25196 del 2022 ed altre ancora) si attaglia alla fattispecie in esame. Poiché il Collegio intende dare allo stesso continuità, la difforme sentenza d’appello va cassata in modo che il giudice di rinvio possa riesaminare la vicenda, in tutti i suoi profili, alla luce dell’enunciato principio di diritto (che trova riscontro nella Circolare del 10-08-1994 n. 151 – Min. Finanze – Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. VII).

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.