CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, Sentenza n. 21149 depositata il 18 maggio 2023

Lavoro – Omessa valutazione di rischi e indicazione delle misure di protezione e prevenzione – Dispositivi di protezione individuale – DVR non contenente la valutazione dei rischi relativi alla lavorazione specifica – Condotta del lavoratore abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità – Insussistenza – Inammissibilità

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 3.5.2021 la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva dichiarato (…), in qualità di legale rappresentante della ditta (…) s.r.l., colpevole del reato di cui all’art. 589 c.p., commi 1 e 2 e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione.

L’addebito colposo mosso all’imputato, avendo ricevuto dalla società V. l’appalto per eseguire la pulizia delle incrostazioni di fango e molluschi di fender (ovvero di respingenti in legno che si trovano nelle acque dei porti a protezione delle navi che attraccano) di proprietà del committente posizionati nell’area di lavaggio denominata CR del petrolchimico di Marghera, è quello di aver cagionato la morte del dipendente (…) per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia nonchè per inosservanza di leggi, regolamenti e discipline ed in particolare:

– per aver violato le disposizioni del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 28, comma 2, lettera b), articolo 55, comma 3, avendo omesso di effettuare la valutazione dei rischi relativi alla lavorazione per l’esecuzione della pulizia di due fender omettendo di indicare le misure di protezione e di prevenzione da attuare nel caso di specie;

– per aver violato la disposizione di cui al d.lgs. n. 81 del 2008, art. 77, comma 3, art. 87, comma 2, lettera d) avendo omesso di fornire ai dipendenti DPI adeguati ai rischi connessi con le lavorazioni per l’esecuzione della pulizia dei due fender con pistola a getto d’acqua ad alta pressione in quanto avrebbe dovuto fornire la tuta di protezione in klevar anzichè una tuta in tyvek idonea solo a riparare spruzzi;

– per aver fornito ai lavoratori una pistola a pressione in cattive condizioni di funzionamento ed usurata.

Secondo la ricostruzione operata dalle sentenze di merito la (…) s.r.l. aveva stipulato un contratto di appalto con la società (…) (operante all’interno del petrolchimico di Marghera) per lavori di lavaggi idrodinamici.

Il 21 luglio 2015 in particolare aveva affidato ad una squadra formata dal preposto (…) e dagli operatori (…) e (…) la pulitura di due fender posizionati nell’area lavaggio denominata CR del petrolchimico di Marghera.

Quanto alla dinamica del sinistro, dalle testimonianze nonchè dai fotogrammi estrapolati dalle telecamere installate all’apposito palo all’estremità ovest dell’ingresso dell’area lavaggio, si accertava che la squadra aveva iniziato alle 8, poi aveva ripreso dopo una breve pausa verso le 10. In quel frangente (…) era salito sul lato superiore del fender -a circa un metro e 50 cm da terra- (…) e (…) avevano predisposto la pompa, (…) aveva provveduto ad accendere la pompa per mettere in pressione a circa 350 atmosfere l’acqua di alimentazione della pistola contenuta nel serbatoio posto sul camion e si era recato presso il rubinetto di alimentazione del serbatoio dell’acqua cui era collegata la pompa ad alta pressione fissata, a sua volta, tramite una manichetta, alla pistola.

(…) aveva azionato la pistola ad alta pressione e aveva iniziato ad effettuare i lavori di pulizia allorchè improvvisamente a causa della superficie non liscia e scivolosa aveva perso l’equilibrio ed era caduto lateralmente abbandonando la lancia e quindi lasciando il grilletto della pistola. A quel punto la pistola, che avrebbe dovuto automaticamente interrompere il getto, aveva invece continuato ad erogare l’acqua in pressione tanto da colpire la tuta in tyvek indossata dal (…) e le sottostanti parti molli del torace.

Il getto d’acqua perforava il lobo superiore del polmone sinistro cagionando al (…) lesioni gravissime a seguito delle quali lo stesso decedeva prima dell’arrivo dell’ambulanza.

Il consulente tecnico del pubblico ministero accertava che le lesioni toracico-polmonari riscontrate apparivano compatibili con l’utilizzo di una lancia ad alta pressione regolata al momento dell’evento a 300-350 atmosfere.

Altro consulente nominato dal Pubblico ministero accertava che l’infortunio si era verificato in conseguenza dell’irregolare funzionamento della pistola che quando era stata rilasciata dal (…) in caduta non aveva automaticamente ed immediatamente bloccato il getto d’acqua in pressione e che la tuta indossata era del tutto inadeguata per l’esecuzione di quei lavori.

Il tecnico dello (…) chiariva che il DVR non prevedeva alcuna misura o indicazione procedurale per quel tipo di lavorazione e per evitare che l’operatore potesse trovarsi in una situazione di instabilità.

Dalla prova di funzionalità della pistola emergeva che ad un certo punto la stessa non chiudeva ovvero l’acqua continuava ad uscire in pressione con il grilletto della pistola in posizione di chiusura.

Sulla scorta delle emergenze probatorie, il giudice di primo grado ravvisava a carico del (…), nella sua qualità di datore di lavoro, la violazione delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 28, comma 2, lettera b), articolo 55, comma 3 in quanto il DVR non conteneva la valutazione dei rischi relativi alla lavorazione per l’esecuzione della pulizia di fender; ometteva di indicare le misure di prevenzione e di protezione da attuare riguardanti in particolare la specifica posizione che i lavoratori avrebbero dovuto assumere nell’esecuzione del lavoro. Ravvisava altresì la violazione del d.lgs. n. 81 del 2008, artt. 77, comma 3, per avere l’imputato omesso di fornire al (…) DPI adeguati ai rischi connessi con le lavorazioni nonchè del d.lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 4, per avere lo stesso fornito ai dipendenti una pistola che evidenziava profili di malfunzionamento e di cui non era stata trovata neppure la check list controlli che veniva compilata prima dell’uso della pistola.

Osservava altresì come anche l’inserimento di un tubicino di metallo nel grilletto, circostanza allegata e non provata dalla difesa, non avrebbe comunque integrato un atto abnorme non avendo in ogni caso il datore di lavoro adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia.

La sentenza d’appello ha integralmente recepito l’impianto motivatorio della sentenza di primo grado.

2. Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.

Con il primo motivo deduce la manifesta illogicità e mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e) ed erronea applicazione dell’art. 40 c.p. e art. 41 c.p., comma 2, laddove la sentenza d’appello ha ritenuto infondata e comunque giuridicamente irrilevante la ricostruzione dei fatti alternativa della difesa secondo cui al momento del sinistro il grilletto della pistola utilizzata da (…) era stato volontariamente manomesso.

Assume che tanto la sentenza di primo grado quanto quella d’appello hanno escluso l’ipotesi secondo cui al momento del sinistro la pistola fosse impegnata da qualcuno diverso dal (…) e che il grilletto di sicurezza fosse stato volontariamente manomesso con una sbarretta di metallo usata a modi fermo, allo scopo di non dover stare continuamente a tirare il grilletto con il dito durante le operazioni di pulizia del fender, circostanza che integrerebbe una condotta abnorme del lavoratore.

Assume che nell’area nella stessa direzione del lancio operato dal (…) subito dopo l’incidente (come risulta da uno dei filmati registrati dalle telecamere) è stata rinvenuta una sorta di sbarretta metallica che si incastrava perfettamente tra il grilletto ed il ponticello bloccando il grilletto in posizione di sparo.

Inoltre il (…), sentito a dibattimento, si è riconosciuto nel video ma ha riferito cose non corrispondenti al vero con riguardo all’oggetto da lui tirato (il telefono cellulare aziendale, l’elmetto del (…)). A ciò va aggiunto che sia il consulente tecnico del Pubblico ministero che l’operatore dello (…) hanno riferito di non aver trovato alcun difetto o anomalia della pistola.

Da tali elementi è derivata appunto la ricostruzione alternativa offerta dalla difesa secondo cui il grilletto della pistola era stato bloccato con la sbarretta metallica la quale a seguito dei movimenti fatti dalla pistola dopo che il (…) era caduto si sarebbe poi disincastrata cadendo dove l’aveva raccolta il (…). La sentenza d’appello inoltre non si era pronunciata sul tema dell’attendibilità del teste (…) e risulta manifestamente illogica laddove attribuisce rilievo al fatto che i testi (…) e (…) non abbiano riferito la circostanza del blocco del grilletto.

Assume che è manifestamente illogico ritenere che l’omessa interruzione del getto d’acqua sia dovuta ad un malfunzionamento della pistola che viene postulato ma di cui non si è trovato la causa anche smontando la pistola.

Si contesta inoltre l’argomentazione della Corte territoriale secondo cui, anche ove fosse provato il blocco del grilletto della pistola, ciò comunque non integrerebbe un comportamento abnorme del lavoratore tale da interrompere il nesso di causalità tra le condotte colpose attribuite al datore di lavoro e la morte della persona offesa.

Con il secondo motivo deduce la manifesta illogicità e la mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, , lettera e), ed erronea applicazione dell’art. 43 c.p. ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera b), nella parte in cui si attribuisce all’imputato la colpa di avere ipoteticamente fornito al lavoratore una pistola mal funzionante.

Assume che non è configurabile a carico dell’imputato alcun profilo di colpa non avendo lo stesso fornito una pistola malfunzionante.

Con il terzo motivo deduce la manifesta illogicità della sentenza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e) ed erronea applicazione dell’art. 43 c.p., ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera b), nella parte in cui ha ritenuto sussistente un profilo di colpa giuridicamente rilevante in capo all’imputato per non aver fornito a (…) un corpetto in kevlar.

Assume che la sentenza d’appello è manifestamente illogica in quanto da una parte esclude la possibilità che fosse un’altra persona a manovrare la pistola quando il (…) è stato colpito dal getto d’acqua ed al tempo stesso rimprovera all’imputato di non aver fornito al (…) un corpetto in kevlar che sarebbe servito a proteggerlo dal getto d’acqua che poteva essergli rivolto contro da un compagno di squadra. Il corpetto di kevlar sarebbe servito a proteggere il lavoratore da un rischio diverso rispetto a quello che nel caso di specie si è concretizzato.

Con il quarto motivo deduce la manifesta illogicità e mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e), nella parte in cui la sentenza d’appello ha ritenuto che l’imputato sia in colpa per non aver previsto nel DVR procedure idonee a permettere al lavoratore di eseguire in condizioni di stabilità le operazioni di pulizia del fender.

Assume che la sentenza è manifestamente illogica laddove imputa al datore di lavoro l’omessa previsione di indicazioni operative specifiche che dovrebbero dipendere dalle condizioni logistiche ed ambientali e che spettano al capo cantiere ed al preposto. La motivazione della Corte d’appello è addirittura mancante laddove non si confronta con le argomentazioni svolte nell’atto di appello.

Con il quinto motivo deduce la manifesta illogicità e la mancanza della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e), nella parte in cui la sentenza d’appello ha ritenuto sussistente un nesso causale giuridicamente rilevante tra le asserite condizioni di non stabilità in cui si sarebbe trovato ad operare il (…) e l’evento mortale.

Assume che l’affermazione fatta nella sentenza secondo cui la persona offesa sarebbe caduta a causa della superficie non liscia e scivolosa è del tutto arbitraria non spiegando da quali elementi abbia tratto tale convincimento.

Con il sesto motivo deduce la mancanza di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in merito al trattamento sanzionatorio.

Assume che la Corte territoriale ha adottato una motivazione meramente apparente in ordine al giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti ed aggravanti nonchè in ordine ai criteri di determinazione della pena ex art. 133 c.p..

3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.

Con riguardo al primo motivo, sotto l’egida del vizio di motivazione la censura tende in realtà a sollecitare una rilettura delle risultanze istruttorie a sostegno della tesi difensiva, rilettura che in quanto tale non è consentita in sede di legittimità.

A fronte di un tessuto motivatorio logico ed analitico della sentenza impugnata che perviene alla ricostruzione della dinamica del sinistro sulla base delle dichiarazioni del (…) e del (…) (il quale in particolare ha specificato che la pistola l’aveva sempre in mano la vittima), la difesa dell’imputato pervicacemente sostiene la tesi, ampiamente sconfessata in entrambi i gradi di merito, secondo cui il grilletto di sicurezza della pistola sarebbe stato manomesso e che il getto potesse quindi anche essere stato azionato da un’altra persona diversa dal (…).

In particolare viene lumeggiata l’ipotesi che la pistola sarebbe stata manomessa con una sbarretta di metallo che poi sarebbe stata trovata dal (…) e gettata lontano, ricostruzione questa del tutto congetturale atteso che, come risulta dalla sentenza impugnata, nel filmato si vede il (…) gettare qualcosa ma l’oggetto sembra corrispondere più ad un casco.

Manifestamente infondata risulta altresì la censura laddove denuncia il vizio di motivazione e la violazione dell’articolo 40 c.p., e articolo 41 c.p., comma 2, per avere la Corte d’appello ritenuto che, se anche fosse stata dimostrata la monomissione del grilletto della pistola con un corpo estraneo utilizzato come fermo, ciò non avrebbe comunque integrato una condotta abnorme del lavoratore.

Ed invero, la Corte territoriale ha fatto buon governo del principio secondo cui la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo ove sia tale da attivarne un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, G., Rv. 269603; n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, M., Rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/1/2018, B., Rv. 272222).

2. Del pari inammissibile è il secondo motivo.

Ed invero, è risultato accertato in entrambi i gradi di giudizio il malfunzionamento del meccanismo di sicurezza della pistola a pressione che è emerso dagli esiti della prova pratica effettuata dal perito il quale ha chiarito che in occasione dei primi due tiri e rilasci del grilletto, il getto si è regolarmente interrotto ma alla successiva prova di rilascio il getto non si è fermato così come non si è fermato dopo. Tale dato è stato poi riscontrato dalle dichiarazioni dei testi (…) e (…) i quali hanno riferito che l’acqua continuava ad uscire in pressione anche con il grilletto in posizione di chiusura.

3. Manifestamente infondato è il terzo motivo.

Ed invero la sentenza impugnata ha dato conto che secondo il consulente del Pubblico ministero la tuta in (…) utilizzata dal (…) era del tutto inadeguata per l’esecuzione dei lavori per cui sarebbe stata necessaria una tuta ben più resistente che rientrava tra i presidi necessari per quel tipo di mansioni e che ove indossata avrebbe impedito l’evento morte.

4. Manifestamente infondato è il quarto motivo.

Ed invero la sentenza impugnata evidenzia che il DVR non prevedeva alcuna misura o indicazione procedurale per quella specifica lavorazione nè le misure idonee ad evitare che il lavoratore impegnato potesse trovarsi in situazione di instabilità (circostanza che risulta essere stata confermata anche dal tecnico (…)).

5. Inammissibile è il quinto motivo.

Ed invero la censura non si confronta con il tessuto motivatorio della sentenza impugnata che non ritiene sussistente un nesso causale giuridicamente rilevante tra le condizioni di instabilità del (…) e l’evento mortale costituendo le prime solo un antefatto, peraltro non contestato nel corso del giudizio di merito.

6. Manifestamente infondato è il sesto motivo di ricorso avendo la Corte di merito adeguatamente motivato circa i criteri adottati per la determinazione della pena e risultando per converso la censura generica.

In ogni caso, la determinazione del trattamento sanzionatorio, la concessione di attenuanti, il giudizio di bilanciamento sono profili di competenza del giudice di merito e la valutazione resa dal giudice di merito è rimessa al prudente esercizio del suo potere discrezionale e ove assentita da motivazione congrua e coerente con le evidenze disponibili-come nel caso in esame – è insindacabile nel giudizio di legittimità.

7. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.