CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 23278 depositata il 31 luglio 2023
Licenziamento per motivi disciplinari – Preposto di agenzia – Messa all’incasso di assegni tratti su un conto corrente intestato a soggetto non corrispondente al nominativo dell’autore della firma di traenza – Condotta qualificata come illecito amministrativo – Congrua motivazione in ordine alla proporzionalità della sanzione – Logica motivazione circa la tempestività della contestazione
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore con la quale erano state rigettate la domanda principale di E.E. di annullamento del licenziamento per motivi disciplinari intimatogli da Banca di Credito Cooperativo di Scafati e Cetara a r.l. il 16/9/2016 con condanna del datore alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni e le domande subordinate.
2.Avverso la predetta sentenza il dott. E. propone ricorso per cassazione con 4 motivi, cui resiste la banca con controricorso.
3. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
4. La causa, originariamente affidata ad altro magistrato oggi in quiescenza, è stata rimessa sul ruolo con la nomina dell’odierno relatore.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione circa l’illegittimità della procedura seguita per la negoziazione dei titoli di cui alla contestazione disciplinare.
2. Con il secondo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 1, 2, 9 legge n. 386/1990 e s.m.i. e 1375 c.c. in relazione alla correttezza della procedura seguita dal ricorrente nelle fattispecie oggetto di contestazione disciplinare: sostiene che il preposto di filiale non sarebbe tenuto ad applicare la procedura prevista dall’art. 1 legge n. 386/1990 per gli assegni emessi in assenza di autorizzazione qualora il titolare del rapporto bancario abbia manifestato la volontà di fare propri ed onorare i titoli irregolari.
3. Con il terzo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione in punto proporzionalità della sanzione.
4. Con il quarto motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione e/o per vizio di omessa pronuncia in relazione in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in riferimento alla domanda di accertamento dell’intervenuta acquiescenza rispetto ai comportamenti contestati.
5. Osserva il Collegio che le condotte ascritte in sede disciplinare al lavoratore consistono nell’avere autorizzato, in qualità di preposto di agenzia, la messa all’incasso di assegni tratti su un conto corrente intestato ad un soggetto che non corrispondeva al nominativo dell’autore della firma di traenza. Parte ricorrente sostiene la mancanza di lesività della condotta per il fatto che il titolare del conto, contattato telefonicamente, aveva autorizzato a posteriori la negoziazione dei titoli e apposto successivamente la propria sottoscrizione aggiuntiva. I giudici di merito, in entrambi i gradi, hanno ritenuto il comportamento del dipendente antigiuridico, trattandosi di condotta qualificata come illecito amministrativo e sanzionata dall’art. 1 legge n. 386/1990 (emissione di assegno senza autorizzazione), a tutela anche della fede pubblica, e tale, per la sua gravità e per le mansioni svolte dal dipendente, da compromettere il vincolo fiduciario e da costituire giusta causa di recesso.
6. Tanto premesso, il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, con i quali si censura di nullità per difetto motivazionale la sentenza impugnata, sono inammissibili.
7. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass, n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019).
8. Nel caso di specie, la Corte ha motivato espressamente in ordine alla violazione della normativa (art. 1 legge n. 386/1990), da ravvisarsi nell’avere consentito al correntista di aggiungere la sua successiva firma di traenza ad assegni tratti sul suo conto corrente a firma di terzi e di consentire la negoziazione di ulteriori assegni, nonostante l’avvenuta chiusura del conto (§ 9 della sentenza impugnata).
9. La Corte ha altresì fornito congrua motivazione in ordine alla proporzionalità della sanzione (§ 10 della sentenza impugnata). In proposito, deve rammentarsi che l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c. (norma cd. elastica), compiuta dal giudice di merito – ai fini dell’individuazione della giusta causa di licenziamento – non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale (Cass. n.13534/2019; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 14777/2021), non essendo consentita in sede di sindacato di legittimità la sostituzione di questa Corte al giudice del merito nell’attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, non relativa alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell’ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione (Cass. n. 13534/2019 cit., in motivazione, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 88/2023).
10. La sentenza gravata contiene anche congrua e logica motivazione circa la tempestività della contestazione, e quindi all’insussistenza di acquiescenza datoriale (§ 11 della sentenza impugnata). Del resto, costituisce valutazione riservata al giudice del merito l’apprezzamento in concreto del rispetto del principio dell’immediatezza della contestazione, principio da intendersi in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa (v. Cass. n. 281/2016, n. 16841/2018, n. 29332/2022).
11. I suddetti motivi si risolvono, quindi, nella sollecitazione di una rivisitazione del merito della controversia, non consentita in sede di legittimità, in quanto la valutazione delle emergenze probatorie e la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 20553/2021, n. 15276/2021, n. 13485/2014, n. 17097/2010, n. 16499/2009, n. 12362/2006, n. 11933/2003).
12. Il secondo motivo di ricorso non è fondato.
13. La tesi di parte ricorrente secondo cui la fattispecie di cui all’art. 1 legge n. 386/1990 comprenderebbe la mancanza di autorizzazione del trattario ovvero del traente, e che quest’ultima sarebbe stata nel caso in esame successivamente acquisita mediante il consenso dell’interessato, si scontra col dato normativo letterale, che invece fa riferimento soltanto alla mancanza di autorizzazione del trattario. Non si comprende, invero, quale interesse meritevole di tutela sia ravvisabile nel consentire, in qualità di dipendente bancario, la regolarizzazione postuma della firma di terzi, non autorizzata, su un assegno circolante e posto all’incasso al di fuori delle regole di fede pubblica e di regolarità bancaria che ne presidiano la circolazione, tutelata mediante normativa di rilievo pubblicistico (tramite la previsione di sanzioni in passato penali ed ora amministrative), a carico del responsabile di emissione di assegno senza autorizzazione, distinte da (e più gravi di) quelle previste per il responsabile di emissione di assegni senza provvista.
14. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
15. In ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo; sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.