Corte di Cassazione sentenza n. 28827 depositata il 4 ottobre 2022
termine per il rimborso di versamenti di imposte non dovute
FATTI DI CAUSA
1. La B.S. s.p.a., con modello Unico 2007, in data 29 settembre 2007 presentava la dichiarazione dei redditi per l’anno 2006, liquidando a titolo di IRES un importo pari ad € 267.833,77, che veniva versato con modello F24 in data 16 luglio 2007.
Successivamente, in data 30 giugno 2008, la contribuente presentava dichiarazione integrativa in relazione al medesimo periodo d’imposta 2006, da cui risultava un minor debito a titolo di IRES pari ad € 194.745,00, e dunque un credito della Banca di € 72.150,00, pari alla differenza tra la somma originariamente versata e quella asseritamente dovuta.
Su tale presupposto, con istanza inoltrata all’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Caserta il 9 novembre 2011, protocollata al n. 0217229, la contribuente chiedeva il rimborso del suddetto credito d’imposta, non oggetto di compensazione nelle due dichiarazioni successive.
2. Formatosi il silenzio-rifiuto su tale istanza di rimborso, ai sensi dell’art. 21, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la Banca istante proponeva ricorso, avverso tale silenzio-rifiuto, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta la quale, con sentenza 1294/01/2014 depositata il 24 febbraio 2014, rigettava il ricorso, ravvisando la tardività della domanda di rimborso, in quanto presentata oltre il termine quadriennale di cui all’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
3. Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Campania – sede di Napoli, con sentenza n. 5276/01/2015, depositata in segretaria il 3 giugno 2015, rigettava l’appello, compensando le spese di lite.
4. Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione la B.S. s.p.a., sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
All’udienza pubblica dell’8 giugno 2022 il consigliere relatore ha svolto la relazione ed il P.M. ed i procuratori delle parti hanno rassegnato le proprie conclusioni ex art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con l’unico motivo di ricorso la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, e dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che, nel caso di specie, il termine per la presentazione della richiesta di rimborso dovrebbe farsi decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione integrativa (30 giugno 2008), e non già dalla data di versamento dell’imposta (16 luglio 2007), trattandosi di versamento di maggiore imposta determinato non già da meri errori materiali, ovvero dal pagamento di imposte totalmente o parzialmente non dovute, ma dalla dichiarazione di fatti diversi da quelli originariamente dichiarati, per cui solo successivamente alla modifica dell’originaria dichiarazione, mediante la trasmissione di una nuova dichiarazione integrativa a rettifica della precedente, e previo controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria su tale nuova dichiarazione, il contribuente sarebbe stato legittimato a presentare istanza di rimborso.
6. Il motivo non è fondato.
L’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 602/1973, prevede la possibilità di richiedere il rimborso delle imposte versate e non dovute «entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento».
L’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322/1998, nel testo vigente pro- tempore, dal canto suo prevede che «Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997».
Orbene, la norma regolamentare di cui al citato art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322/1998 non incide sui termini per la presentazione dell’istanza di rimborso, prevedendo unicamente la possibilità di una dichiarazione integrativa, in caso di errori ed omissioni della dichiarazione iniziale.
La dichiarazione, pertanto, è unica, e deve essere individuata nella dichiarazione fiscale emendata, come risultante dalla fusione dell’atto originario e di quello integrativo (cfr. Cass. 25 luglio 2012, n. 13104). La presentazione della dichiarazione integrativa, tuttavia, non incide sulla decorrenza del termine per l’esercizio del diritto al rimborso, che, ai sensi dell’art. 38, primo comma, d.P.R. n. 602/1973, inizia in ogni caso dal versamento dell’imposta totalmente o parzialmente non dovuta. Ciò, in quanto la data della dichiarazione (o delle dichiarazioni, in caso di dichiarazione integrativa) e la data del versamento non necessariamente coincidono, tanto è vero che, anche in caso di presentazione della sola dichiarazione originaria, questa può essere successiva al versamento (come infatti è avvenuto nel caso di specie, in cui l’imposta è stata versata il 16 luglio 2007, e la dichiarazione originaria mod. Unico 2007 è stata presentata in data 29 settembre 2007), e quindi anche in caso di mero errore materiale, o comunque di versamento di un’imposta maggiore di quella dichiarata, il termine per la presentazione dell’istanza di rimborso decorre non già dalla data della dichiarazione, bensì dalla data del versamento (e ferma restando la possibilità di utilizzare il relativo credito d’imposta in compensazione).
Del resto, anche l’ipotesi della presentazione della dichiarazione integrativa non integra una fattispecie diversa da quella prevista dall’art. 38, primo comma, d.P.R. n. 602/1973, ed anzi rientra nell’àmbito di tale disposizione, allorquando questa fa riferimento alle ipotesi di “inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”, che possono emergere, per l’appunto, anche allorquando vi è stata presentazione di dichiarazione integrativa.
Va sottolineato, ancora, che a domanda di rimborso di imposte indebitamente versate e la dichiarazione integrativa a favore del contribuente sono istituti che devono essere tenuti distinti, atteso che la loro potenziale sovrapponibilità «non sottrae gli stessi alla propria autonoma disciplina normativa, non essendo di conseguenza impedito al contribuente che non si sia tempestivamente avvalso della facoltà di emendare errori mediante dichiarazione integrativa, nel termine di decadenza previsto, di esercitare il diritto al rimborso, dovendo riconoscersi la tempestività dell’istanza di rimborso, ancorché proposta oltre il termine di presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo» (Cass. 25 luglio 2012, n. 13104). Pertanto, così come la sopravvenienza della domanda di rimborso (equiparabile ad una dichiarazione integrativa) non comporta l’illegittimità della procedura di liquidazione automatica azionata con riferimento alla dichiarazione originaria, altrettanto resta ferma la decorrenza dalla data del pagamento del termine per il rimborso secondo il termine ordinario. Né la soluzione, è bene precisarlo, è contraddetta dalla invocata Risoluzione del 2 novembre 1998 n. 165 – Min. Finanze – Dip. Entrate Riscossione Uff. del Dir. Centrale, che sembra operare con esclusivo riferimento al diverso e peculiare sistema creato dall’art. 1 del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 445/1997 (e a quello delineato dall’art. 4 del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42) per le eccedenze di ritenute versate dal sostituto d’imposta; il che è fuori da perimetro della presente controversia.
La C.T.R. ha quindi fatto buon governo della normativa in materia, ritenendo che la presentazione dell’istanza di rimborso fosse tardiva, in quanto presentata il 9 novembre 2011, oltre il termine di quattro anni dal versamento dell’imposta (16 luglio 2007).
7. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Si dà atto che ricorrono i presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in € 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
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