CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 33835 depositata il 4 dicembre 2023
Lavoro – Cancellazione dagli elenchi operai agricoli a tempo determinato – Giornate lavorative – Indennità di disoccupazione – Rigetto
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 407 del 2017, per quanto qui di interesse, ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di F.G.B. volta a far dichiarare illegittima la cancellazione dagli elenchi degli operai agricoli a tempo determinato disposta dall’Inps relativamente all’anno 2012 per 102 giornate lavorative e ciò al fine di negare la pretesa dell’INPS di ottenere la restituzione dell’indennità di disoccupazione erogata sul presupposto della sussistenza del rapporto di lavoro agricolo in questione.
La Corte ha ritenuto che l’appellante fosse decaduto dall’azione ai sensi del D.L. n. 7 del 1970, art. 22 non avendo impugnato entro il termine di decadenza ivi previsto l’elenco di variazione pubblicato dall’Inps ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7 e da intendersi notificato alla appellante per effetto della sola pubblicazione, come dettato dalla norma stessa.
Avverso la sentenza, F.G.B. ricorre per due motivi.
L’Inps ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 111 del 2011, art. 38, comma 6 e 7.
Sostiene il ricorrente che tali disposizioni vadano applicate con riferimento al disposto dell’art. 9 quinquies d.l. n. 519 del 1996 e cioè riconoscendo all’INPS il potere di operare la cancellazione solo entro tre mesi dalla pubblicazione dell’elenco nominativo annuale.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 11 preleggi, illegittimità costituzionale della L. n. 111 del 2011, art. 38, comma 7 e omessa ammissione di prova testimoniale. Ritiene la ricorrente che l’interpretazione fornita dalla Corte violi il principio di irretroattività sancito all’art. 11 disp. gen. applicabile, avendo intaccato diritti quesiti discendenti dalle iscrizioni per gli anni (…), mediante l’applicazione del nuovo regime a giornate di occupazione antecedenti la sua entrata in vigore. Propone infine questione di legittimità costituzionale della norma poiché, prevedendo non più la notifica individuale del disconoscimento ma la notifica mediante pubblicazione, verrebbe leso il diritto di difesa della ricorrente, esposta alla decadenza dall’impugnazione e costretta ad attivarsi costantemente, con correlato onere economico, onde monitorare le pubblicazioni telematiche degli elenchi trimestrali.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati, dovendosi richiamare l’orientamento di questa Corte di legittimità formatosi sulla questione (vd. da ultimo Cass. 24/01/2023, (ud. 09/11/2022, dep. 24/01/2023), n. 2124).
Va premesso che il diritto dei lavoratori agricoli a tempo determinato alle prestazioni previdenziali previste dalla legge è subordinato, oltre che allo svolgimento effettivo dell’attività lavorativa per un dato numero minimo di giornate coperte da contribuzione, all’iscrizione dei lavoratori stessi negli appositi elenchi nominativi previsti dal R.D. n. 1949 del 1940, art. 12 la quale – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – espleta una funzione di agevolazione probatoria che, tuttavia, viene meno una volta che l’INPS, a seguito di un controllo ispettivo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro ai fini previdenziali, gravando in tal caso sul lavoratore l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e/o di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio (così già Cass. n. 7845 del 2003, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 14296 del 2011, 2739 del 2016, 12001 del 2018).
Nel disciplinare il meccanismo della formazione degli elenchi nominativi (originariamente previsto per tutti i braccianti agricoli e poi escluso per gli operai a tempo indeterminato dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 12), il R.D. n. 1949 del 1940, art. 12 prevedeva un elenco nominativo principale dei lavoratori dell’agricoltura ed elenchi suppletivi trimestrali, destinati a contenere le variazioni rispetto al primo elenco e, in particolare, la data di decorrenza della iscrizione e della cancellazione dall’elenco principale. Sia l’elenco principale che gli elenchi suppletivi erano pubblicati sull’albo pretorio del comune per quindici giorni e il prefetto, mediante affissione con manifesto, notiziava della pubblicazione e del termine utile per presentare ricorso (art. 12, cit., comma 4). Non era prevista alcuna comunicazione individuale all’interessato del provvedimento di mancata iscrizione nell’elenco.
Per effetto del D.L. n. 7 del 1970, art. 7 (conv. con L. n. 83 del 1970), il compito di compilare gli elenchi principali e suppletivi fu trasferito alla commissione locale per la manodopera agricola, cui fu assegnato anche il compito di accertare le giornate lavorative effettivamente prestate. In tal modo gli elenchi iniziarono a contenere non più i soli nominativi dei lavoratori iscritti, ma anche il numero delle giornate prestate. Il successivo art. 17 introdusse per la prima volta la comunicazione al lavoratore interessato di un provvedimento diverso dagli elenchi, ossia il provvedimento di cancellazione dagli elenchi nominativi; il comma 2 della disposizione cit. fece decorrere dalla notificazione del provvedimento il termine di trenta giorni per l’impugnazione, mentre restò ferma, a norma del comma precedente, l’impugnazione dell’elenco nominativo nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione.
La comunicazione individuale del provvedimento di cancellazione venne meno ad opera della L. n. 459 del 1972, art. 6 che soppresse il comma 2 del D.L. n. 7 del 1970, art. 17 e fu poi reintrodotta dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8, comma 5: esso infatti previde la notifica al lavoratore interessato del provvedimento (allora adottato a seguito di accertamento dello SCAU) di cancellazione dall’elenco nominativo, oltre che di non iscrizione totale o parziale, e fissò il termine di trenta giorni da tale comunicazione per l’impugnazione del provvedimento davanti alla commissione provinciale della manodopera (D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11).
Negli anzidetti termini il sistema venne mantenuto dal D.L. n. 510 del 1996, artt. 9-ter, 9-quinquies e 9-sexies, (conv. con L. n. 608 del 1996), con i quali si attribuirono all’INPS le funzioni già proprie dello SCAU e si precisò che la decisione di accoglimento sul ricorso di cui al D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11 dava titolo alle prestazioni previdenziali e assistenziali previste dalla legge. L’unica variazione riguardò la sostituzione degli elenchi suppletivi trimestrali con elenchi integrativi trimestrali, i quali come quelli annuali – dovevano contenere il nominativo dei lavoratori e le giornate lavorative prestate; per il resto, fu mantenuta la distinzione tra l’elenco nominativo, sia annuale che trimestrale, e i provvedimenti riguardanti il singolo lavoratore, già disciplinati al D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8 e indicati dal D.L. n. 510 del 1996, art. 9-quinquies, comma 4, dall’ultimo periodo come di “riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e pubblicazione dell’elenco nominativo annuale”, con la conseguenza che, mentre gli elenchi nominativi annuali e gli elenchi integrativi trimestrali dovevano essere comunicati mediante affissione all’albo pretorio per quindici giorni, i provvedimenti di disconoscimento intervenuti nelle more, secondo quanto già previsto dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8, u.c., dovevano essere comunicati dall’INPS al lavoratore interessato (cfr. D.L. n. 510 del 1996, art. 9-quinquies, comma 4, ult. periodo, cit.). Il sistema normativo dianzi descritto è stato tuttavia inciso in modo radicale dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38 (conv. con L. n. 111 del 2011).
Il comma 6 dell’art. cit. ha anzitutto aggiunto un art. 12-bis al R.D. n. 1949 del 1940, con il quale si è stabilito che “con riferimento alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010, dichiarate dai datori di lavoro e comunicate all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, art. 6, commi 1, 3 e 4, per gli operai agricoli a tempo determinato, per i compartecipanti familiari e per i piccoli coloni, gli elenchi nominativi annuali di cui all’art. 12 sono notificati ai lavoratori interessati mediante pubblicazione telematica effettuata dall’INPS nel proprio sito internet entro il mese di marzo dell’anno successivo secondo specifiche tecniche stabilite dall’Istituto stesso”.
Il successivo comma 7 ha poi stabilito che “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi gli elenchi nominativi trimestrali di cui al D.L. 10 ottobre 1996, n. 510, art. 9-quinquies convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608. In caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell’elenco nominativo annuale, l’INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dal R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, art. 12-bis di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione”.
Sebbene il comma 7 non rechi abrogazione espressa né del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8, comma 5, né del D.L. n. 510 del 1996, art. 9- quinquies, comma 4, si tratta tuttavia di una conseguenza necessariamente connessa alla modifica che esso ha apportato alla funzione dell’elenco trimestrale: diversamente da quanto era in precedenza, i provvedimenti di disconoscimento intervenuti a seguito di accertamenti dell’INPS non sono più distinti dall’elenco trimestrale che prima, giusta l’art. 9-quinquies, comma 2, D.L. cit., era deputato semplicemente a indicare i nominativi dei lavoratori e le giornate di lavoro prestato, ma entrano a far parte degli elenchi trimestrali di variazione, e la notificazione di tali provvedimenti, che in base al D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 8, comma 5, e D.L. n. 510 del 1996, art. 9-quinquies, avveniva mediante comunicazione individuale all’interessato, avviene ora con la pubblicazione dell’elenco trimestrale, secondo le stesse modalità previste per la pubblicazione sul sito INPS degli elenchi nominativi annuali.
Esula ratione temporis dall’oggetto della presente controversia la previsione del D.L. n. 76 del 2020, art. 43, comma 7 (conv. con L. n. 120 del 2020), con cui il legislatore, modificando il comma 7 del D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha ripristinato la notifica al singolo lavoratore del provvedimento di disconoscimento delle giornate lavorative: nel caso di specie, si tratta infatti di disconoscimenti adottati nella vigenza dell’originaria formulazione della disposizione, e dunque notificati mediante pubblicazione telematica dell’elenco trimestrale, sebbene riferiti a iscrizioni negli elenchi nominativi annuali antecedenti l’annualità 2011. Ed è precisamente su questo punto che si concentrano le critiche di parte ricorrente, giacché a suo avviso il sistema di notifica dei disconoscimenti introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7, dovrebbe riguardare soltanto i disconoscimenti relativi alle iscrizioni nell’elenco nominativo annuale di cui al precedente comma 6, ovvero quello introdotto “con riferimento alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010”, derivandone altrimenti un’applicazione retroattiva che andrebbe a incidere su rapporti di lavoro agricolo già esauriti, con pregiudizio per i diritti quesiti. L’argomentazione non può essere condivisa.
Il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7 ha riguardo ai disconoscimenti intervenuti successivamente alla “compilazione e pubblicazione dell’elenco nominativo annuale”, senza alcuna limitazione espressa al solo elenco nominativo annuale di cui al precedente comma 6, relativo “alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010”, e l’interpretazione riduttiva che parte ricorrente ne propugna, oltre a non essere sorretta da alcun indizio testuale, è pure in conflitto con il suo incipit, che sopprime i precedenti elenchi trimestrali a far data dalla sua entrata in vigore (6.7.2011). Ne consegue che, non essendo stata dettata alcuna disposizione transitoria che facesse salve le previsioni circa la notifica individuale dei disconoscimenti successivi all’entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, ove riferiti agli elenchi nominativi annuali antecedenti l’anno 2011, deve ritenersi che, dalla data di entrata in vigore del decreto legge e dalla contestuale abolizione dei precedenti elenchi trimestrali, il legislatore abbia inteso introdurre i nuovi elenchi trimestrali, i quali son venuti ad assumere il ruolo prima svolto dai provvedimenti individuali di disconoscimento, non più soggetti a comunicazione individuale ma a pubblicazione telematica sul sito internet dell’INPS.
Ne’ è a dire che, così reputando, sia stato violato il principio di irretroattività, in base al quale la nuova legge non può essere applicata ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore: è sufficiente, al riguardo, rilevare che, se è vero che i disconoscimenti incidono sul rapporto assicurativo, il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7, è norma che regola soltanto la forma dell’atto di disconoscimento, determinandone le modalità di comunicazione, e non può che riguardare tutti gli elenchi trimestrali successivi alla sua entrata in vigore, ancorché recanti disconoscimenti relativi a periodi anteriori; la fonte del potere di disconoscimento era ed è ancora da ricercare nella più ampia potestà pubblica di cui l’ente previdenziale è attributario in ordine alla verifica dei presupposti per l’erogazione delle provvidenze per i lavoratori agricoli, ossia nel D.L. n. 7 del 1970, art. 15, comma 3, e D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 9, comma 1; e relativamente ad essa, il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7, nulla ha disposto.
Sui dubbi di legittimità costituzionale del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7 basti dire basti dire che essi sono manifestamente infondati. La Corte costituzionale (sent. n. 45/21) ha ritenuto che il sistema della notificazione dei disconoscimenti mediante pubblicazione nel sito dell’INPS costituisce forma di pubblicità idonea ad integrare gli estremi della conoscenza erga omnes dell’atto e a far decorrere il termine decadenziale di impugnazione, avendo il legislatore contemperato la necessità di assicurare efficienza e speditezza dell’attività della pubblica amministrazione con la garanzia di un’adeguata conoscibilità del provvedimento impugnabile da parte del lavoratore interessato, assicurando tempi ragionevoli per poter acquisirne la conoscenza tramite la visione del sito istituzionale. E non essendo stata in questa sede sollevata alcuna questione concernente la ragionevolezza del periodo temporale di pubblicazione (che il giudice delle leggi ha invece ritenuto sindacabile esclusivamente dal giudice ordinario, risultando fissato in quindici giorni dalla circolare INPS n. 82/2012), le doglianze di parte ricorrente vanno rigettate, con l’affermazione del seguente principio di diritto: “La notificazione al lavoratore interessato del disconoscimento di giornate lavorative mediante la pubblicazione telematica da parte dell’INPS nel proprio sito internet, ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 7, (conv. con L. n. 111 del 2011), nel testo antecedente alla modifica apportata dal D.L. n. 76 del 2020, art. 43, comma 7, (conv. con L. n. 120 del 2020), concerne anche le giornate lavorative oggetto di iscrizione negli elenchi nominativi annuali antecedenti l’entrata in vigore della norma”.
Sul punto va anche considerato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 45 del 2021, ha 1) dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui, nel testo previgente alla modifica recata dall’art. 43, comma 7, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, prevede che «[i]n caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell’elenco nominativo annuale, l’INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dall’articolo 12-bis del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949 di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione», sollevata – in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 – dalla Corte di appello di Reggio Calabria con le tre ordinanze indicate in epigrafe.
2) dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 7, del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in cui, nel testo previgente alla modifica recata dall’art. 43, comma 7, del d.l. n. 76 del 2020, prevede che «[i]n caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell’elenco nominativo annuale, l’INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dall’articolo 12-bis del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949 di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione», sollevata, in riferimento all’art. 24 Cost., dalla Corte di appello di Reggio Calabria con le tre ordinanze indicate in epigrafe.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Quanto alla pronuncia sulle spese, ricorrono valide ragioni per disporne la compensazione, posto che sia gli arresti di questa Corte di legittimità che la decisione della Corte Costituzionale sopra richiamata sono intervenuti successivamente all’instaurazione del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
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