CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30858
Inps – Bracciante agricolo – Indennità di disoccupazione – Domanda – Diritto alla costituzione della posizione assicurativa e previdenziale
Rilevato che
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 20128 del 2015, giudicando quale giudice di rinvio a seguito della cassazione della sentenza n. 428 del 2009 della Corte d’appello di Potenza, ha accolto in parte l’appello proposto dall’INPS nei confronti di F. R. avverso la sentenza di primo grado che aveva integralmente accolto la domanda proposta dallo stesso R. tesa ad ottenere il diritto alla costituzione della posizione assicurativa e previdenziale quale bracciante agricolo presso l’INPS per il periodo dal 19 maggio 1988 al 31 dicembre 1999, con condanna dell’Istituto alla erogazione dell’indennità di disoccupazione agricola per i medesimi anni;
la complessa vicenda processuale è stata riassunta dalla Corte napoletana nei seguenti termini:
– a fronte dell’integrale accoglimento della domanda da parte del Tribunale di Campobasso, l’INPS aveva proposto appello censurando la parte di pronuncia relativa alla condanna al pagamento della disoccupazione agricola dal 1992 al 1998 laddove il giudice aveva omesso di rilevare l’avvenuta decadenza della domanda ex ad 47, comma 3, d.P.R. n. 639 del 1979; la Corte d’appello di Potenza aveva, in accoglimento del motivo, riformato la sentenza dichiarando che il R. aveva diritto alla ricostituzione della posizione assicurativa e previdenziale presso l’INPS limitatamente all’anno 1999 e condannando l’INPS ad erogare l’indennità di disoccupazione per tale annualità; la Corte d’appello aveva ritenuto che il giudizio introdotto dinanzi al Pretore di Larino al fine di opporsi alla cancellazione dagli elenchi dei braccianti agricoli per il periodo 1988 – 1994, che aveva preceduto quello introdotto davanti al Tribunale di Campobasso, pur essendosi estinto in quanto non proseguito a seguito della pronuncia di incompetenza per territorio, non aveva impedito il perfezionarsi della decadenza ed aveva determinato il formarsi di un giudicato sul punto che rendeva improponibile la domanda; quanto alle annualità 1997-1998 non coperte da giudicato, era maturata la decadenza in quanto avverso la cancellazione era stato presentato ricorso amministrativo il 16 dicembre 1999 e la domanda giudiziale era stata presentata solo il 19 ottobre 2002, oltre il termine annuale previsto dalla definizione del procedimento amministrativo;
su ricorso del R., la Corte di cassazione, con sentenza n. 20602 del 2012, aveva cassato tale sentenza, precisando che nessun giudicato si era formato sul capo di domanda concernente il diritto alla costituzione della posizione assicurativa dal 1988 al 1999 in quanto l’Inps non aveva limitato l’impugnazione alla sola spettanza della prestazione dell’indennità di disoccupazione ma aveva censurato anche la questione dell’iscrizione del R. nell’elenco dei braccianti agricoli e tale aspetto era strettamente collegato al tema della spettanza dell’indennità;
la Corte di cassazione aveva accolto il profilo della inidoneità della sentenza di incompetenza territoriale non seguita da riassunzione a formare giudicato o a spiegare qualunque altro effetto sul diverso giudizio intercorrente fra le parti davanti al medesimo giudice; riassunto il giudizio dinanzi alla Corte territoriale indicata, il R. aveva chiesto confermarsi la sentenza del Tribunale di Potenza, mentre l’INPS aveva insistito per il rigetto della domanda di indennità di disoccupazione per gli anni compresi tra il 1992 ed il 1998 in relazione alla intervenuta decadenza processuale e sostanziale;
ciò premesso, la Corte d’appello di Napoli, respinta l’eccezione di giudicato interno sollevata dal R. ( in relazione al fatto che l’INPS non aveva dedotto nulla in ordine alla ricostruzione della posizione assicurativa per il periodo 19 maggio 1988 – 31 dicembre 1999) richiamando la pronuncia della Corte di cassazione sul punto, ha osservato che, a mente del disposto dell’art. 47 d. P.R. n. 639/1970 e dell’art. 6 d.l. n. 103/1991 ed applicata la relativa disciplina, doveva affermarsi che la domanda di accertamento della posizione assicurativa e di condanna al pagamento dell’indennità di disoccupazione per gli anni compresi dal 1988 al 1993 non era stata incisa dalla decadenza in quanto definitivamente impedita dalla proposizione del ricorso al Pretore di Larino poi dichiaratosi incompetente; peraltro, l’istruttoria espletata nel corso dell’ulteriore giudizio svolto dal Tribunale di Potenza aveva dimostrato l’effettiva sussistenza dei rapporti di lavoro agricolo denunciati;
quanto agli anni 1994 e 1995, in cui il R. non era stato iscritto nell’elenco, non poteva farsi questione sull’applicabilità dell’art. 47 citato ed anche in questo caso l’istruttoria aveva accertato la sussistenza dei rapporti di lavoro; la decadenza di cui all’art. 47 cit. si era invece determinata per l’anno 1996, per il quale la cancellazione era avvenuta il 9 luglio 1997, ed analogamente era avvenuto per gli anni 1997 e 1998, mentre l’annualità 1999 non aveva formato oggetto di impugnazione e, quindi sulla stessa si era formato il giudicato;
in conclusione, al R. spettava la ricostituzione della posizione assicurativa e l’indennità di disoccupazione per le annualità dal 1988 al 1995 e per l’anno 1999; quanto alle spese, la Corte d’appello ha disposto la totale compensazione per tutti i gradi di merito, per il giudizio di legittimità e per quello di rinvio in ragione della reciproca soccombenza;
avverso tale sentenza, ricorre in via principale l’INPS sulla base di quattro motivi:
1) violazione e o falsa applicazione degli artt. 22 d.l. n. 7 del 1970 conv. In l. n. 83 del 1970 e 11 d.lgs. n. 375 del 1993 , applicabile ratione temporis, in ragione del fatto che la sentenza impugnata, dopo aver correttamente disatteso l’eccezione di giudicato relativa agli anni compresi tra il 19 maggio 1988 ed il 31 dicembre 1999, aveva deciso nel merito senza applicare la disciplina della decadenza di cui al citato articolo 22, riconoscendo il diritto per gli anni dal 1988 al 1995; tale decadenza si sarebbe realizzata anche a considerare utile la proposizione, solo nel 1997, del ricorso al Pretore di Larino;
2) violazione e o falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, nel testo sostituito dall’art. 4, comma primo, d.l. n. 384 del 1992 conv. in l. n. 438 del 1992 ed all’art. 2968 c.c. in relazione agli art. 50 e 310 c.p.c.; in particolare, in via gradata rispetto al primo motivo, ci si duole del fatto che la sentenza impugnata, dopo aver correttamente interpretato il citato art. 47, ha accolto la domanda per gli anni 1992 e 1993 affermando che la citata decadenza non si era realizzata in quanto il ricorso amministrativo avverso la relativa cancellazione era stato respinto con decisione dell’11 febbraio 1997 ed il ricorso al Pretore di Larino ( con il quale si era richiesta la copertura previdenziale e l’indennità di disoccupazione per il periodo 19 maggio 1988 – 18 dicembre 1994) era stato notificato all’INPS il 16 settembre 1997; ad avviso del ricorrente, invece, la domanda giudiziaria a cui occorreva guardare per verificare la decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970 era quella svolta dinanzi al Tribunale di Campobasso del 19 ottobre 2002 , con conseguente effettivo verificarsi di tale decadenza;
3) con il terzo motivo, sotto altro ed ulteriormente gradato profilo, si denuncia nuovamente la violazione e o falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, nel testo sostituito dall’art. 4, comma primo, d.l. n. 384 del 1992 conv. in l. n. 438 del 1992 ed all’art. 2968 c.c., sempre in riferimento agli anni 1992 e 1993, in quanto la decadenza si sarebbe comunque verificata perché la decisione, tardiva, emessa dalla Commissione centrale SCAU l’11 febbraio 1997, riguardava solo l’iscrizione negli elenchi anagrafici e non il diniego della prestazione dell’indennità di disoccupazione e la domanda amministrativa per il relativo ottenimento andava presentata a pena di decadenza entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello cui si riferisce la richiesta;
4) con il quarto motivo, sempre in via gradata rispetto al primo, si deduce la violazione e o falsa applicazione ancora dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, nel testo sostituito dall’art. 4, comma primo, d.l. n. 384 del 1992 conv. in l. n. 438 del 1992 e dell’art. 2968 c.c., con riferimento al riconoscimento dell’indennità di disoccupazione per gli anni 1994 e 1995; per tali annualità, la sentenza impugnata ha affermato che il R. non era stato iscritto negli elenchi e, quindi, non avrebbe potuto farsi applicazione della disciplina della decadenza fissata dal citato art. 47; ciò sarebbe in contrasto con l’insegnamento della Corte di cassazione secondo il quale l’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge un ruolo di agevolazione probatoria che viene meno quando l’INPS disconosce la sussistenza dei requisiti di legge con la conseguenza che il relativo accertamento, in ordine al quale l’onere della prova spetta al lavoratore, deve formare oggetto di accertamento incidentale in seno al giudizio avente ad oggetto la singola prestazione;
F. R. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di quattro motivi: 1) violazione e o falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, e della legge n. 241 del 2009 in quanto la Corte d’appello aveva ritenuto che non si dovesse applicare nel caso di specie la regola dell’obbligatorietà per l’INPS di fornire chiarimenti ed indicazioni sui mezzi di impugnazione; 2) violazione dell’art. 324 c.p.c. in relazione al fatto che la questione relativa alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli era stata ritenuta strettamente connessa rispetto a quella relativa al diritto all’indennità di disoccupazione; 3) violazione e o falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, quanto alle annualità 1997 e 1998, in quanto si trattava di domanda avente ad oggetto la posizione contributiva utile a pensione per cui il termine di decadenza avrebbe dovuto ritenersi triennale; 4) violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla disposta totale compensazione delle spese pur a fronte di una condotta processuale dell’INPS non rituale;
al ricorso incidentale resiste l’INPS con controricorso e successiva memoria;
Considerato che
il primo motivo del ricorso principale è fondato;
va osservato che la pronuncia di questa Corte di cassazione n. 20602 del 2012, vincolante nel giudizio di rinvio al cui esito è stata resa la sentenza qui impugnata, ha espressamente negato il formarsi del preteso giudicato sull’affermazione – da parte del giudice di primo grado – del diritto all’iscrizione nell’elenco dei braccianti agricoli essendo ciò confermato dalla devoluzione al giudice di appello della questione dell’iscrizione del R. nell’elenco dei braccianti agricoli ed in quanto il tema della spettanza della indennità di disoccupazione, nell’ambito della controversia in esame, è stato strettamente collegato dalle parti in causa a quello della iscrizione negli appositi elenchi dei braccianti agricoli;
inoltre, la stessa sentenza di questa Corte ha ribadito, quanto all’efficacia della sentenza dichiarativa d’incompetenza territoriale, che secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, per il disposto dell’art. 4 c.p.c., la sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, qualora, come nella specie, non sia stata impugnata con il regolamento di competenza e la causa non sia stata riassunta nel termine previsto dall’art. 50 c.p.c., non spiega alcuna influenza sul diverso giudizio fra le stesse parti proposto davanti allo stesso giudice (per tutte Cass. 11 febbraio 1999 n. 1169 e Cass., 31 ottobre 2008 n. 26327);
dunque, per effetto di Cass. 20602 del 2012, nessun giudicato si è formato in ordine al riconoscimento del diritto del R. alla posizione assicurativa e previdenziale dal 1988 al 1998, con l’effetto che, cassata la pronuncia di appello che aveva ritenuto che la sentenza di incompetenza per territorio fosse idonea a determinare il giudicato, l’intero giudizio è stato restituito, escluso il solo capo relativo all’anno 1999 mai appellato dall’INPS, al giudice del rinvio;
viene dunque rilievo la questione della decadenza dal diritto all’iscrizione negli elenchi anagrafici, sulla quale la Corte d’appello di Napoli non si è pronunciata, e che costituisce presupposto logico e giuridico rispetto al diritto alla singola prestazione;
la giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità ( di recente vd. Cass. n. 6229 del 2019), quanto alla decadenza dall’impugnazione ex art. 22 del d.l. n. 7 del 1970 ed alla sua relazione con il consequenziale diritto alla prestazione previdenziale dell’ indennità di disoccupazione agricola, ha affermato che l’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituisce presupposto per l’attribuzione della prestazione previdenziale, che, pertanto, non può essere riconosciuta in difetto di impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione da tali elenchi nel termine decadenziale di cui all’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970, conv. con modif. in l. n. 83 del 1970;
le Sezioni Unite di questa Corte, nell’arresto n. 1133 del 26 ottobre 2000, hanno chiarito che il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell’agricoltura alle prestazioni previdenziali è condizionato all’esistenza di una complessa fattispecie, che è costituita dallo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate per ciascun anno di riferimento, che risulti dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949 e successive modifiche ovvero dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo;
pertanto, sul piano processuale, colui che agisce in giudizio per ottenere le suddette prestazioni ha l’onere di provare, mediante l’esibizione di un documento che accerti la suddetta iscrizione negli elenchi nominativi o del certificato sostitutivo, gli elementi essenziali della complessa fattispecie dedotta in giudizio;
non vi è dubbio, quindi, che la iscrizione negli elenchi costituisca presupposto per richiedere la indennità di disoccupazione agricola, di talchè l’interessato deve chiedere il riconoscimento del diritto alla iscrizione nel medesimo giudizio promosso per ottenere la prestazione di disoccupazione (in termini: Cassazione civile sez. lav., 15/07/2005, n. 14994);
il rilievo che l’atto di iscrizione è soltanto atto accertativo di un diritto alla iscrizione, che nasce dalla prestazione lavorativa, comporta unicamente la azionabilità di tale diritto davanti al giudice ordinario; non consente, invece, di riconoscere il diritto alla prestazione previdenziale indipendentemente dalla attualità del diritto alla iscrizione e dunque nel caso di maturazione della decadenza prevista dalla citata L., art. 22, che ha natura di decadenza sostanziale (ex plurimis: Cassazione civ. sez. lav., 12/05/2015, n. 9622, Cass. 1 ottobre 1997 n. 9595; Cass., 21 aprile 2001 n. 5942; Cass., 8 novembre 2003 n. 16803; Cass., 10 agosto 2004 n. 15460, 18 maggio 2005 n. 10393; Cass., 5 giugno 2009, n. 13092);
nel caso di specie, come ricostruisce la sentenza impugnata senza contestazioni, il R. ha chiesto, con il ricorso depositato il 19 ottobre 2002, riconoscersi il proprio diritto alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni compresi tra il 1988 ed il 1999 con condanna dell’INPS al pagamento dell’indennità di disoccupazione;
con un precedente ricorso, presentato al Pretore di Larino in data 16 settembre 1997, il R. aveva chiesto accertarsi il diritto alla posizione assicurativa ed all’indennità di disoccupazione per il più breve periodo compreso tra il 19 maggio 1988 ed il 18 dicembre 1994 e ciò a seguito della cancellazione, con elenco 2° trimestre 1994, dall’elenco dei braccianti agricoli dal 1988 al 1993 avverso la quale cancellazione era stato proposto ricorso rigettato in data 11 febbraio 1997; è pure riferito dalla sentenza qui impugnata che negli anni 1994 e 1995 il R. non è stato iscritto negli elenchi dei braccianti agricoli;;
con il motivo in esame, l’INPS evidenzia l’errore della sentenza nel non fare applicazione dell’art. 22 d.l. n. 7 del 1970 conv. in l. n. 83/1970 relativamente al periodo 1988-1995, dovendosi ritenere decorrente il dies a quo della decadenza, sia per il caso della mancata iscrizione che per quello della cancellazione, dalla notifica della decisione sul ricorso, se intervenuta nei termini dell’art. 11 del d.lgs. n. 375 del 1993 ovvero dalla scadenza di tali termini ;
il rilievo va accolto giacché, come sopra riportato, lo stesso R. ha affermato di aver proposto ricorso avverso la cancellazione dagli elenchi in data 27 settembre 1994, che tale ricorso fu respinto con decisione del 22 dicembre 1994 (comunicata il 3 gennaio 1995) a sua volta impugnata dinanzi alla Direzione centrale SCAU con ricorso depositato il 20 gennaio 1995 che decise con rigetto adottato tardivamente, con provvedimento comunicato solo in data 24 aprile 1997;
come ricordato da ultimo da Cass. n. 6259 del 2019, una volta scaduto il termine di 120 giorni per l’espletamento del procedimento amministrativo innanzi alla Commissione provinciale (30 gg. per ricorrere e 90 gg. per il formarsi del silenzio-rigetto), occorre tener conto degli ulteriori 120 giorni per l’esaurimento del procedimento amministrativo innanzi alla Commissione Centrale (30 + 90 gg. come sopra) e solo dopo l’accertamento del loro inutile decorso vanno computati gli ultimi 120 giorni per l’esperimento dell’azione giudiziaria di cui al citato D.L. n. 7 del 1970, art. 22;
dunque, anche a voler considerare prudenzialmente quale dies a quo la data di presentazione del ricorso amministrativo del 27 settembre 1994 e conteggiando i termini appena descritti, si ha che il ricorso giudiziario avrebbe dovuto essere proposto entro il 22 settembre 1995, mentre anche il ricorso al Pretore di Larino di cui si invoca l’efficacia da parte del R., risulta depositato nell’anno 1997; anche relativamente alle annualità 1994 e 1995, per le quali è addirittura mancata ab origine l’iscrizione e non risulta essere stato proposto ricorso amministrativo, va fatta applicazione del medesimo principio con individuazione della decorrenza della del termine dalla definitività del provvedimento di non iscrizione dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione degli elenchi avvenuta entro il 20 gennaio di ciascun anno ed entro 20 giorni dalla fine del trimestre;
tra l’altro, questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Cass. sez. lav. n. 813 del 16.1.2007) che “in caso di avvenuta presentazione dei ricorsi amministrativi previsti dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11 contro i provvedimenti di mancata iscrizione (totale o parziale) negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ovvero di cancellazione dagli elenchi medesimi, il termine di centoventi giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria, stabilito dal D.L. n. 7 del 1970, art. 22 decorre dalla definizione del procedimento amministrativo contenzioso, definizione che coincide con la data di notifica all’interessato del provvedimento conclusivo espresso, se adottato nei termini previsti dall’art. 11 citato, ovvero con la scadenza di questi stessi termini nel caso del loro inutile decorso, dovendosi equiparare l’inerzia della competente autorità a un provvedimento tacito di rigetto, conosciuto “ex lege” dall’interessato, al verificarsi della descritta evenienza.” (in senso conforme v. pure Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 29070 del 27/12/2011 e Sez. lav., sentenza, n. 20086 del 2.9.2013);
nè va trascurata la natura sostanziale della decadenza di cui alla L. n. 83 del 1970, art. 22 che, riguardando una materia sottratta alla disponibilità delle parti, è anche rilevabile di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 9622 di 12.5.2015, nonchè Cass. sez. lav. n. 15813 del 6.7.2009 e n. 18528 del 9.9.2011);
deve dunque accogliersi il primo motivo, che riguarda l’accertamento della decadenza di cui all’art. 22 c1.1. n. 7 del 1970 cit, quanto alla iscrizione del R. negli elenchi dei lavoratori agricoli dal 1993 e sino al 1995 cui consegue, con decisione nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti ex art. 384 c.p.c. il rigetto della domanda proposta da F. R. anche per tale periodo restando assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto motivo che sono prospettati in via gradata rispetto al primo;
il ricorso incidentale è infondato;
quanto al primo motivo, con il quale il ricorrente incidentale si duole della declaratoria di decadenza ex art. 47 d.P.R. n. 630 del 1979 relativamente alle pretese riferite agli anni 1996, 1997 e 1998 in ragione del mancato rispetto delle previsioni del quinto comma dell’art. 47 cit., va osservato che questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare con orientamento ormai consolidato che la decadenza annuale, prevista dall’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato dall’art. 4 del d.l. n. 384 del 1992, conv. con modif. in l. n. 438 del 1992), non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale, sicché, qualora l’azione giudiziaria sia iniziata decorso detto termine, risulta irrilevante l’omessa comunicazione all’interessato degli avvertimenti di cui al comma 5 del medesimo art. 47 (in tal senso Cass. n. 18097 del 2016; SS.UU. 12718 del 2009);
anche il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato per quanto sopra riferito in ordine ai contenuti di Cass. n. 20602 del 2012; non si è determinato alcun giudicato positivo sulla posizione assicurativa e contributiva del R. per effetto delle decisioni intervenute nei gradi precedenti al presente;
inoltre, palesemente infondato è il terzo il motivo con il quale si pretende l’applicabilità del termine di decadenza triennale per le pretese relative agli anni 1997 e 1998; il ricorrente non ha mai chiesto il pagamento di trattamenti pensionistici ma, bensì, delle indennità di disoccupazioni per le quali il termine previsto dall’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970 è annuale;
infine, va disatteso anche il quarto motivo del ricorso incidentale in quanto la compensazione delle spese disposta dalla Corte d’appello è conforme alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione che ha espresso il principio secondo cui la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, comma 2, c.p.c.), si verifica – anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l’unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ( Cass. n. 20888 del 2018; 26043 del 2020);
in definitiva, accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata quanto al motivo accolto e, decidendo nel merito, fermo restando il capo della sentenza di primo grado relativo all’anno 1999 mai impugnato, va rigettata la domanda proposta dal R. tesa alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni 1992, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997 e 1998 ed al pagamento dell’indennità di disoccupazione riferita agli stessi anni; la particolare complessità della specifica vicenda processuale e la parziale reciproca complessiva soccombenza determina la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata quanto al motivo accolto e, decidendo nel merito, fermo restando il capo della sentenza di primo grado di accoglimento della domanda per l’anno 1999, rigettata la domanda proposta da F. R. relativa alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni 1992, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997 e 1998 ed al pagamento della relativa indennità di disoccupazione;
compensa tra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio di merito, di quello di rinvio e dei due giudizi di legittimità.
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