CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36457 depositata il 13 dicembre 2022
Tributi – IVA – Irrogazione sanzioni – Fatture emesse senza applicazione dell’imposta – Trasporto intracomunitario di beni – Cessioni successive degli stessi beni – Rigetto
Fatti di causa
1. Con la sentenza n. 111/28/13 del 19/09/2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 60/01/12 della Commissione tributaria provinciale di Varese (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da F. s.r.l., poi fallita (di seguito F.), nei confronti di un provvedimento di irrogazione sanzioni IVA concernente l’anno d’imposta 2004.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate contestava a F., cessionaria di alcune autovetture poi rivendute in Germania, l’inconfigurabilità di una operazione triangolare comunitaria per assenza dei relativi requisiti, con conseguente mancata regolarizzazione a fini IVA delle fatture ricevute da E.I. s.p.a. ed emesse senza applicazione dell’imposta.
1.2. La CTR, accogliendo l’appello di AE, evidenziava che: a) non sussistevano i requisiti di legge per la configurabilità di una triangolazione intracomunitaria (la vendita non era avvenuta direttamente tra E. e l’acquirente tedesco; il trasporto era avvenuto secondo accordi intrapresi tra F. e l’acquirente estero;
le spese relative alla perizia erano state sostenute da F. e non dall’acquirente tedesco); b) la sentenza di primo grado andava pertanto riformata, con conseguente assorbimento degli ulteriori rilievi.
2. F. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso F. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 58 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l’insussistenza di una triangolazione comunitaria non imponibile ai fini della menzionata disposizione.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia «quando due cessioni successive riguardanti gli stessi beni, effettuate a titolo oneroso tra soggetti passivi che agiscono in quanto tali, danno luogo a un unico trasporto intracomunitario di tali beni, tale trasporto può essere imputato ad una sola delle due cessioni» (CGUE 21 febbraio 2018, in causa C-628/16, Kreuzmayr, punto 30; CGUE 26 luglio 2017, Toridas, C‑386/16, punto 34; CGUE 16 dicembre 2010, in causa C-430/09, Euro Tyre Holding, punto 21).
Inoltre, «nell’ipotesi in cui il secondo trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario abbia avuto luogo prima che fosse effettuato il trasporto intracomunitario, quest’ultimo non può essere imputato alla prima cessione in favore del primo acquirente» (CGUE in causa C-628/16, cit., punto 33; CGUE in causa C-386/16, cit., punto 36).
1.3. Tale orientamento trova riscontro nella giurisprudenza di questa Corte, per la quale «In tema di I.V.A., ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 58 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. in legge 29 ottobre 1993, n. 427, per le cessioni di beni effettuate nei confronti di cessionari “se i beni sono trasportati o spediti in altro stato membro a cura o a nome del cedente, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi”, qualora la merce esportata provenga da una iniziale cessione fra soggetti residenti sul territorio nazionale, mediante fattura, sia pur contenente la dicitura relativa alla destinazione all’esportazione, e detta merce sia stata poi successivamente ceduta a soggetto residente all’estero, con altra e diversa fatturazione, soltanto tale ultima cessione è esente da imposta secondo quanto previsto dall’art. 58 citato» (Cass. n. 13507 del 26/05/2008).
1.4. Nel caso di specie, la CTR chiarisce, in punto di fatto, che v’è stata una duplice cessione del bene, mediante emissione di due fatture e non già un’operazione sostanzialmente unitaria (com’è quella riguardante le fattispecie esaminate da Cass. n. 4408 del 23/02/2018 e da Cass. n. 13951 del 24/06/2011, i cui principi non sono in questa sede applicabili).
1.5. Ne consegue che solo la seconda fattura avrebbe potuto essere emessa in esenzione d’imposta, non già quella di cui si discute nel presente giudizio e che ha determinato la comminatoria di una sanzione in capo al cessionario per omessa regolarizzazione.
2. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché la violazione dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi o, comunque, per non avere applicato il cumulo giuridico in relazione alla pluralità delle violazioni commesse.
2.1. I motivi, che possono essere unitariamente esaminati vertendo sulla medesima questione, vanno disattesi.
2.2. Sotto un primo profilo, va evidenziato (come sottolineato anche dal procuratore generale) che la domanda concernente la mancata applicazione del cumulo giuridico, proposta in primo grado, non è stata riproposta in appello, non risultando la circostanza dalla sentenza impugnata e non avendo la ricorrente trascritto la parte delle controdeduzioni depositate in appello dalla quale risulti la riproposizione della censura.
2.2.1. Non si configura, pertanto, l’omessa pronuncia denunciata da F. con il secondo motivo, in difetto della specifica dimostrazione concernente la riproposizione in appello del motivo;
omessa riproposizione che rende, altresì, inammissibile la censura di violazione di legge proposta con il terzo motivo.
2.3. Non è, comunque, inutile evidenziare che il rilievo, ove pure fosse stato proposto, sarebbe comunque infondato: la violazione posta in essere dalla società contribuente non reca solo pregiudizio all’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria, ma incide anche sulla determinazione della base imponibile e dell’imposta, nonché sul versamento del tributo; trattasi, pertanto, di una violazione sostanziale e non formale (cfr. Cass. n. 28938 del 17/12/2020; Cass. n. 901 del 16/01/2019), con conseguente inapplicabilità del cumulo giuridico previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. n. 1974 del 29/01/2020).
3. In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di circa euro 800.000,00.
3.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 10.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13 (ndr comma 1 bis dello stesso art. 13), ove dovuto.
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