CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37757 depositata il 23 dicembre 2022

Tributi – Avviso di pagamento – TARI – Validità dell’atto tributario sottoscritto dal funzionario – Finalità “riscossiva” dell’avviso di pagamento – Obbligo di motivazione – Distinzione tra esercizi alberghieri e civili abitazioni ai fini della tassa di smaltimento dei rifiuti – Rigetto

Fatti della causa

La società D.T. propone cinque motivi di ricorso, illustrati con memoria, per la cassazione della suindicata sentenza, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di pagamento per Tari 2014 notificato dal Comune di Ischia.

La Commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, osservava: che il mancato invio dell’avviso bonario non assumeva rilievo; che la contribuente non aveva mai dedotto che l’impugnato invito di pagamento, avuto riguardo ai dati contenuti in precedente dichiarazione o accertamento d’ufficio, “individuasse in termini quantitativi e qualitativi differenti l’immobile oggetto di tassazione”, per cui concludeva nel senso che “gli elementi di fatto indicati nell’avviso (…) erano pienamente idonei alla completa informazione della società”; che il Comune neppure aveva irrogato sanzioni o addebitato interessi. In ordine alla sottoscrizione dell’atto da parte della dott.ssa P.M., funzionaria responsabile SUAP e Tributi Locali, direttamente assunta dal Sindaco, la CTR rilevava che la relativa procedura era conforme alle “previsioni normative” e che “nessun profilo di illegittimità può derivare né dal fatto che la stessa non rivesta il ruolo di dirigente né dalla sua adibizione alle funzioni in concreto svolte”. In ordine alla lamentata eccessività delle tariffe per gli alberghi rispetto a quelle per le abitazioni, e fermo il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo da parte del giudice tributario, la CTR escludeva che il “rapporto tra i due regimi tariffari” presentasse profili di irragionevolezza” poiché “ben maggiore è la ricettività delle strutture alberghiere (in termini di rapporto tra occupanti e superfici complessive) rispetto a quella delle civili abitazioni” e quindi anche la produzione di rifiuti.

Il Comune di Ischia è rimasto intimato.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta, ex art.360, comma primo, n. 3 c.p.c., che la CTR non ha rilevato l’inesistenza/nullità dell’atto impugnato per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per carenza del potere dirigenziale in conseguenza della chiara nullità della nomina a dirigente. Lamenta, altresì, che l’avviso impugnato è stato sottoscritto da persona che non è dipendente pubblico e neppure vincitore di concorso, che quindi non fa parte dell’organico stabile del Comune di Ischia, il quale neppure ha dimostrato la regolarità formale della procedura di assunzione della dott.ssa M..

2. Con il secondo motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n. 3 e n. 3 c.p.c., lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma  162, l. n. 296 del 2006 e degli artt. 7, l. n. 212 del 2000, 3, l. n. 241 del 1990, 24 Cost., perché la CTR non ha considerato che nell’avviso di pagamento impugnato, non preceduto da alcun avviso bonario, non sono stati indicati i dati catastali dell’immobile, né la tabella delle tariffe, né la durata del possesso e neppure, per estratto, le delibere in esso richiamate.

3. Con il terzo motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, segnatamente, l’art. 68, d.lgs. n. 507 del 1993, e deduce la erroneità della sentenza di appello perché la CTR ha escluso la illegittimità della tariffa stabilita per gli alberghi in misura assolutamente sproporzionata rispetto alle abitazioni, nella specie, ben sette volte superiore, in contrasto con la quantità di rifiuti che secondo la comune esperienza, vengono effettivamente prodotti.

4. La prima censura è infondata.

5. Ai sensi dell’art. 1, comma 692, l. n. 147 del 2013, “Il comune designa il funzionario responsabile a cui sono attribuiti tutti i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso”.

6. La ricorrente deduce la illegittimità della costituzione, senza concorso, del rapporto d’impiego tra il Comune di Ischia e la dott.ssa M., e di conseguenza anche della sua nomina a funzionario responsabile, ma in tal modo confonde profili afferenti il rapporto interno (di impego o di servizio) tra amministrazione e personale direttivo con profili afferenti la validità dell’atto tributario sottoscritto dal funzionario, avuto riguardo alla specifica disciplina in base alla quale si deve stabilire se la volontà dell’ente sia stata validamente manifestata e non già al possesso di una qualifica dirigenziale (cfr. sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale).

7. La seconda censura è infondata.

8. La contribuente lamenta il fatto che la CTR abbia escluso la dedotta mancanza di motivazione dell’avviso di pagamento oggetto d’impugnazione, non preceduto dalla notifica dell’avviso bonario, quest’ultimo richiamato e non allegato all’atto, con conseguente lesione del diritto di difesa.

9. La riformata sentenza della CTP di Napoli aveva annullato l’avviso di pagamento n. 2409 perché “dall’atto impugnato emergeva unicamente l’indirizzo degli immobili oggetto della tassazione, mentre erano assenti i relativi dati catastali ne risultava provata la spedizione dell’avviso bonario in esso richiamato” onde far così ritenere motivato quantomeno “per relationem” l’atto richiamante.

10. Giova premettere che il regime fiscale dei rifiuti ha subito nel tempo numerose modifiche legislative, a partire dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), prevista dal d.lgs. n. 507 del 1993, che è stata sostituita dalla TIA 1 (tariffa di igiene ambientale), introdotta dall’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), quest’ultima, a sua volta, dalla TIA 2 (tariffa integrata ambientale), di cui all’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente); la TIA 2 è stata sostituita dal TARES (tributo comunale sui servizi), previsto dall’art. 14 del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla I. n. 214 del 2011, che è stato sostituito dalla TARI (tassa sui rifiuti), istituita dalla I. n. 147 del 2013, art. 1, commi 639 e seguenti, a decorrere dal 1 gennaio 2014.

11. Con l’art. 1, commi 639 e segg., della legge di stabilità del 2014 è stata introdotta l’imposta unica comunale (la c.d. i.u.c.), una sorta di service tax comprensiva delle tre distinte forme di prelievo comunale dell’Imu (Imposta municipale unica), di natura patrimoniale, della Tasi (Imposta comunale sui servizi indivisibili) e della Tari (Imposta comunale sui rifiuti), a sua volta fondata sui due presupposti impositivi del possesso di immobili, collegato alla loro natura e al loro valore, e dell’erogazione e fruizione di servizi comunali.

12. La Tari, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, è disciplinata dai commi da 641 a 668, che individuano i presupposti della stessa (comma 641) e i criteri di determinazione della tariffa, come stabiliti dal d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (commi 650 e 651), sulla base dei principi contenuti nei commi 252 e 254 del “chi inquina paga”, di cui alla Direttiva 2008/98/CEE (art. 14).

13. Essa ha sostituito i preesistenti tributi dovuti ai Comuni dai cittadini, enti ed imprese quale pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti conservandone, peraltro, la medesima natura tributaria, per cui, come più volte ritenuto da questa Corte, sono estensibili alla TARI gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi omologhi che l’hanno preceduta, quali la TARSU e la TIA (vedi in Cass. n. 22130 del 2017; n. 1963 del 2018; n. 12979 del 2019).

14. Ciò detto, il Comune di Ischia, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 20 del 09/09/2014, ha adottato il “Regolamento per la disciplina dell’Imposta Unica Comunale (IUC)” del quale è fatto espresso richiamo nell’avviso di pagamento, unitamente alle Tariffe TARI approvate con deliberazione del Consiglio Comunale n. 21 del 09/09/2014.

15. Ciò detto, la censura in esame non si confronta con la ricostruzione della fattispecie concreta operata dal giudice di secondo grado che, correttamente, ha considerato assolto l’obbligo motivazionale gravante sull’Ente impositore, da modulare in ragione della finalità “riscossiva” dell’avviso di pagamento, non già pretendendo di estendere all’avvio di pagamento, in maniera pedissequa, il rispetto di obblighi valevoli per altri tipi di atti.

16. La debenza del tributo, infatti, trova la sua fonte primaria nella citata l. n. 147 del 2013, al verificarsi dei previsti presupposti impositivi, e le modalità di versamento dello stesso trovano la propria disciplina nell’art. 1, commi 688 e ss.gg., l. n. 147 del 2013, oltre che nelle disposizioni contenute nei regolamenti comunali.

17. Questa Corte si è più volte pronunciata nel senso di ammettere la possibilità ma non l’obbligo d’impugnare quegli atti che pur non rientrando nel novero di quelli elencati dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e, perciò, non in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili (Cass. n. 16952/2016; n. 10987/2011).

18. La CTR, quindi, non ha sbagliato nel riconoscere la ricorribilità degli avvisi di pagamento e nell’escludere, in buona sostanza, per essi il rispetto di obblighi valevoli per altri tipi di atti.

19. L’avviso (riprodotto a pag. 8 del ricorso) riporta “TA.RI. dovuta per l’anno 2014” nonché “Indirizzo, MQ, CAT, N. Occupp., Tariffa Base, Importo Trib. Base … ), e dunque individua in maniera sufficiente la pretesa tributaria nei suoi presupposti di fatto e di diritto, non essendo stati neppure richiesti interessi o sanzioni, e “la TARI è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria” (art. 1, comma l. n. 650, l. n. 147 del 2013) e la ricorrente non si è affatto premurata di indicare alla Corte contrari elementi di giudizio, al fine di consentire la verifica la correttezza delle argomentazioni svolte dal giudice di secondo grado circa il fatto che il Comune non si sarebbe discostato dai dati ed elementi essenziali indicati nella dichiarazione del contribuente di “perdurante efficacia” in quanto ultrattiva.

20. Non va trascurato che, sulla base di quanto previsto dall’art. 7. l. n. 2012 del 2000 (cosiddetto Statuto del contribuente), sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti a tal fine irrilevanti e gli atti, in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario, quali appunto le delibere o i regolamenti comunali (Regolamento Comunale I.U.C. approvato con Delibera di Consiglio Comunale n. 20 del 09/09/2014 e Tariffe TARI anno 2014 approvate con Delibera di Consiglio Comunale n. 21 del 09/09/2014), che si presumono giuridicamente noti per effetto dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione.

21. D’altro canto, n appare superfluo ricordare il principio, affermato in tema di riscossione della TARSU, secondo cui “l’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993 attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo secondo i ruoli dell’anno precedente, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento” (Cass. n. 37006/2021; n. 22248/2015).

22. La terza censura è infondata.

23. La CTR della Campania ha richiamato, e fatta propria, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), secondo cui “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. Infatti la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore”. Cass. n. 23244/2019; n. 8308/2018; n. 16175/2016; n. 25214/2016; n. 302/2010; n. 5722/2007).

24. La discrezionalità dell’ente territoriale nell’assumere le determinazioni al riguardo, in particolare, nello stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti per tipologie, ha natura eminentemente tecnica, non “politica” (Cass. n. 25244/2020).

25. I rapporti tra le tariffe, indicati dal d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno riferiti alla differenza tra quelle applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le medesime ed i costi del servizio, discriminati in base alla loro classificazione economica (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 5722 del 12/03/2007, n. 18862 del 2004).

26. Su tale questione, perciò, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente scorretto.

27. Ne discende che il ricorso va respinto.

28. Non v’è luogo a pronuncia sulle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.