CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 3944 depositata il 13 febbraio 2024
Lavoro – Diritto al superiore inquadramento – Differenze retributive – CCNL Federambiente – Natura del consorzio Consorzio – Previsioni dello statuto – Inammissibilità
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 8366/2017 pubblicata il 27 aprile 2018 la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellato CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA IN LIQUIDAZIONE, ha accolto l’appello proposto da P.N. avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 17 novembre 2010, la quale, a propria volta, aveva respinto la domanda del medesimo P.N., volta ad accertare che il ricorrente – dipendente del CONSORZIO con il formale inquadramento di Operaio 3° Livello CCNL Federambiente – aveva svolto le mansioni corrispondenti a quelle di operaio responsabile del CED, 6° Livello, con conseguente diritto sia al superiore inquadramento sia alla corresponsione delle differenze retributive.
2. La Corte d’appello ha parzialmente accolto il gravame, ritenendo che dalle prove assunte nel giudizio di primo grado emergesse che l’appellante aveva svolto di fatto le mansioni di tecnico informatico del Consorzio appellato, ma che tali mansioni dovessero essere ricondotte al 5° – e non al 6° – Livello del CCNL.
Affermata la natura privata del CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA IN LIQUIDAZIONE, quindi, la Corte territoriale, non solo ha condannato quest’ultimo alla corresponsione delle differenze retributive ma anche ha accertato il diritto di P.N. ad essere inquadrato nel 5° Livello CCNL.
3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora il CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA IN LIQUIDAZIONE.
Resiste con controricorso P.N..
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Considerato in diritto
1. Preliminarmente occorre rilevare che non può essere apprezzata la rinuncia al ricorso, con richiesta di compensazione delle spese di lite, depositata il 2 febbraio 2024, ossia oltre il termine perentorio fissato dall’art. 390, comma 1, cod. proc. civ., secondo cui «la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale….sino alla data dell’adunanza camerale», nella specie celebrata il 25 gennaio 2024.
2. Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta, testualmente, la “nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5”.
Il ricorrente impugna la decisione della Corte partenopea nella parte in cui quest’ultima ha affermato la natura privatistica del Consorzio medesimo, escludendo l’applicabilità dell’art. 52 D. Lgs. 165/2001 ed applicando invece l’art. 2103 c.c.
Sulla scorta di un’articolata ricostruzione della genesi e della disciplina che lo regola, il CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA viene a dedurre la propria natura pubblicistica, invocando, conseguentemente, l’applicazione dell’art. 52 T.U.I.P.
3. Il ricorso è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
La prima ragione è costituita dall’assenza di elementi per affermare la sussistenza in capo al Consorzio dell’interesse a proporre l’impugnazione.
Fermo restando, infatti, che l’accertamento dello svolgimento in via di fatto delle mansioni superiori accertato dal giudice di merito comporterebbe comunque il diritto del controricorrente ad esigere, ex art. 52, D. Lgs. 165/2001, le differenze retributive, l’interesse ad impugnare la statuizione che ha invece riconosciuto il superiore inquadramento avrebbe presupposto che il Consorzio ricorrente, che risulta in stato di liquidazione, allegasse una prospettiva di ripresa dell’attività – e quindi di prosecuzione del rapporto con il controricorrente – che invece non è dedotta, risultando quindi assente l’interesse ad impugnare la statuizione su un rapporto che non risulta destinato a proseguire.
La seconda ragione discende dalla constatazione che la censura mira in modo inammissibile a sollecitare a questa Corte una valutazione in ordine alla natura dello stesso Consorzio mentre detta valutazione, come ci si appresta ad evidenziare, era da ritenersi riservata al giudice di merito ed avrebbe potuto essere censurata in sede di legittimità esclusivamente deducendo una inadeguata applicazione degli artt. 1362 segg. c.c.
Al riguardo, giova rammentare, infatti, che questa Corte ha recentemente sottoposto ad ulteriore analisi il rapporto tra la natura dei consorzi tra enti locali ed il riconoscimento della natura pubblica o privata del rapporto di lavoro alle loro dipendenze (Cass. Sez. L -Sentenza n. 23884 del 01/08/2022).
In quella sede è stata richiamata la giurisprudenza già consolidata di questa Corte, a mente della quale la struttura degli enti consortili è suscettibile di atteggiarsi diversamente a seconda dell’attività espletata con riferimento agli scopi statutari dell’Ente – potendo quest’ultimo rientrare, a certe condizioni, anche fra le amministrazioni pubbliche previste dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 – ed è stato chiarito che l’indagine rivolta a stabilire se un ente pubblico sia o meno economico deve essere compiuta tenendo presente la disciplina legale e statutaria che ne regola l’attività con riferimento agli scopi dell’ente medesimo.
La riconducibilità della qualificazione della natura del consorzio alla disciplina legale o, alternativamente, alla disciplina statutaria comporta tuttavia una significativa differenza, avendo questa Corte (Cass. Sez. L – Sentenza n. 28060 del 09/12/2020) già chiarito che, se, da un lato, l’attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d’ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), dall’altro lato, quando la natura dell’ente abbia le radici in atti dell’autonomia delle persone, il compito del giudice di legittimità risulta circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c.
Ciò in quanto le disposizioni dei regolamenti interni e degli statuti degli enti pubblici non hanno valore normativo con la duplice conseguenza che ad essi non risulta applicabile il principio iura novit curia (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 34158 del 20/12/2019) e che, conseguentemente, in sede di legittimità risulta denunciabile ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c. soltanto la violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c. (Cass. Sez. L -Ordinanza n. 27456 del 20/11/2017).
Tornando, allora, al caso di specie, si deve rilevare sia che la decisione impugnata ha ritenuto di affermare la natura privata e non pubblica del Consorzio – in modo sostanzialmente apodittico ma senza che nella presente sede sia stato dedotto il vizio di cui agli artt. 360, n. 4), e 132, secondo comma, n. 4), c.p.c. – sia che l’odierno ricorrente viene a dedurre la violazione degli artt. 52, D. Lgs. n. 165/2001 e 2103 c.c. senza in alcun modo ricondurre l’asserita natura pubblica dello stesso Consorzio ad una fonte normativa ed anzi concentra le proprie deduzioni in ordine alla natura pubblica del Consorzio esclusivamente sulle previsioni dello statuto.
È evidente, a questo punto, che la doglianza in tal modo formulata risulta radicalmente inammissibile, in quanto viene a ricondurre le doglianze in ordine all’inadeguato esame delle previsioni dello statuto da parte del giudice di merito all’ipotesi della violazione di previsioni di legge, e non – come sarebbe stato necessario per consentire il sindacato di questa Corte – all’ipotesi della violazione delle previsioni codicistiche in materia di interpretazione del contratto.
3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo, disponendo la distrazione a favore dei procuratori del controricorrente, dichiaratisi antistatari.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dei procuratori Spedaliere Leopoldo, Spedaliere Luciano, Spedaliere Ermanno, dichiaratisi antistatari.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
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