CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4743 depositata il 22 febbraio 2024
Lavoro – Sospensione consensuale attività lavorativa – Contribuzione dovuta – Minimale contributivo – Rigetto
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello della Soc. Coop. C. a r.l., operante nel settore dell’edilizia, contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che, pronunciandosi sull’azione di accertamento negativo avverso la richiesta, notificata il 5.7.2018, di pagamento di contributi e somme aggiuntive da parte dell’INPS a seguito di accertamento ispettivo, aveva dichiarato non dovuti i contributi maturati fino al 5.7.2013 per intervenuta prescrizione e rigettato nel resto il ricorso della cooperativa;
2. la Corte di merito, in contraddittorio con INPS e ITL Napoli, riportato il testo della normativa in discussione, da cui risulta che i datori di lavoro attivi nel settore edile devono effettuare il calcolo della contribuzione dovuta su un imponibile non inferiore all’importo della retribuzione minima contrattualmente prevista per il normale orario di lavoro (40 ore settimanali – principio del cd. imponibile virtuale), ricostruiva l’evoluzione giurisprudenziale in materia, con la distinzione delle ipotesi di sospensione dell’attività e di riduzione dell’attività; osservava che, nel caso in esame, la società aveva prodotto in giudizio dichiarazioni sottoscritte dai singoli lavoratori di adesione alla proposta di sospensione consensuale dell’attività lavorativa e verbale assembleare del 10.11.2011, con cui veniva deliberata la necessità di approvare l’accordo di sospensione consensuale del servizio per i soci lavoratori e i dipendenti per i giorni dei mesi dell’anno in corso o successivi in cui le attività dovessero risultare assenti o impraticabili; valutava tali documenti non sufficienti a supportare l’assunto attoreo, in quanto estremamente generici, senza individuazione né specificazione quanto al momento e alla durata della sospensione dell’attività lavorativa edile; riteneva altresì mancante la prova che detta documentazione fosse stata comunicata all’istituto;
tenuto conto della distribuzione degli oneri probatori, non essendo stata provata la sussistenza di un’efficace causa di sospensione della prestazione lavorativa né la sua preventiva comunicazione all’INPS, concludeva che l’asserito accordo tra la società cooperativa e i lavoratori interessati non era ex lege idoneo a esonerare la cooperativa dall’obbligazione contributiva nei limiti del minimale rivendicato dall’Istituto;
3. propone ricorso per cassazione la società con due motivi, illustrati da memoria; resistono le controparti con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso per cassazione si deduce vizio di omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n 4, c.p.c.; si afferma che la sentenza impugnata è viziata perché nulla dice in merito allo specifico ed autonomo motivo di appello formulato circa il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’INPS (quale attore in senso sostanziale) ex art. 2697 c.c. in merito al credito contributivo, eccezione formulata nell’atto introduttivo del secondo grado, prospettata nel procedimento di primo grado, e comunque rilevabile d’ufficio;
2. con il secondo motivo, si deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e conseguente illegittimità della sentenza di appello per violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.; si afferma che la sentenza gravata è illegittima per mancata adeguata valutazione dei fatti pacifici in causa e del contegno processuale dell’INPS, che non ha provveduto a depositare i documenti decisivi per la definizione della controversia richiesti con ordinanza istruttoria del 20.9.2021;
3.il primo motivo di ricorso non è fondato;
4. non è, infatti, riscontrabile la prospettata nullità, a fronte di ampia motivazione sulla ritenuta responsabilità della cooperativa edile per le violazioni contestate, in conformità con la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia;
5. da tale giurisprudenza si ricava che, in tema di minimale contributivo previsto, nel settore edile, dall’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, conv. in l. n. 341 del 1995, è necessario scindere le due ipotesi ivi previste, quella della sospensione dell’attività, per la quale sussiste il presupposto dell’obbligo della retribuzione corrispettivo, ad eccezione delle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’INPS in via preventiva ed oggettivamente accertabile, e quella della riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione (Cass. n. 11337/2018, n. 16859/2020);
6. pertanto, l’obbligazione contributiva, commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. minimale contributivo), è dovuta anche nei casi di mancata esecuzione della prestazione lavorativa e corresponsione della relativa retribuzione, dipendente da cause diverse da quelle previste dalla legge o dal contratto collettivo, in considerazione della natura indisponibile dell’obbligazione contributiva stessa (Cass. n. 13650/2019), e, ove gli enti previdenziali ed assistenziali pretendano da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale determinata ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 338 del 1989 (conv., con modif., dalla l. n. 389 del 1989), anche con riferimento all’orario di lavoro, è onere del datore di lavoro allegare, e provare, la sussistenza di un’ipotesi eccettuativa dell’obbligo contributivo (Cass. n. 23360/2021);
7.in conformità con tali principi, nel caso di specie è stata ritenuta in fatto non provata la dedotta sospensione, perché non oggettivamente accertabile, attesa la genericità dei relativi documenti, e non preventivamente comunicata;
8. spettando al datore di lavoro l’onere di allegare, e provare, la sussistenza di un’ipotesi eccettuativa dell’obbligo contributivo, in via preventiva e oggettivamente accertabile, la valutazione di merito circa il mancato adempimento di tale onere spetta al giudice di merito, nel quadro della selezione e valutazione delle prove a base della decisione, dell’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, dell’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, della facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni, mentre il giudizio di Cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021, S.U. n. 34476/2019);
9.il secondo motivo è inammissibile;
10.la Corte d’Appello di Napoli ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. (ora 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nel senso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisone impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; conf. Cass. n. 20994/2019, n. 8320/2021, n. 5947/2023), tenendo conto che ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello (come nel caso in esame) abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
11.la regolamentazione delle spese di lite del presente giudizio segue la soccombenza;
12.ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater„ del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, in favore dell’INPS, e in € 4.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito, in favore di ITL Napoli.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.