CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, Sentenza n. 21153 depositata il 18 maggio 2023

Lavoro – Infortunio sul lavoro – Nomina del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione – Responsabilità del datore di lavoro per la violazione degli obblighi per la prevenzione degli infortuni sul lavoro – Pericolo di caduta di materiali dall’alto – Concorso di responsabilità – Inammissibilità

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Torino, in data 22 giugno 2022, ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Vercelli del 23 aprile 2019 nei confronti di (…) (…) nella qualità di amministratore unico della (…) spa e datore di lavoro, in ordine al reato di cui all’art. 590 cod. pen., in danno del dipendente (…) (…) commesso in (…) (…).

Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro ricostruito nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente.

(…) dipendente (…) spa, con mansioni di carrellista il (…) era intento a sistemare una catasta di bancali che non era stata ben impilata, quando tale catasta era rovinata al suolo e lo aveva colpito alla spalla cagionandogli lesioni (trauma cranico lieve e contusioni alle ginocchia e al gomito sx), da cui era derivata una malattia della durata superiore a 40 giorni.

Nei confronti dell’imputato sono stati individuati, quali addebiti di colpa, l’imprudenza, la negligenza, l’imperizia e l’inosservanza delle norme per la prevenzione infortuni, ed in particolare il non avere valutato il rischio inerente alla realizzazione della catasta dei bancali.

2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge in relazione alla affermazione della responsabilità penale. Il difensore osserva che (…): aveva nominato il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (…), sicché la responsabilità in ordine all’infortunio avrebbe dovuto essere individuata in capo a quest’ultimo, soggetto che opera per conto del datore di lavoro e lo deve mettere in condizione di adempiere agli obblighi su di lui gravanti. Secondo il ricorrente, dunque, il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione era tenuto ad effettuare la formazione nei confronti dei dipendenti e a valutare i rischi collegati alla specifica attività lavorativa e alla stesura del relativo documento.

3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto L. O., ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato il motivo.

2. La doglianza del ricorrente attiene al tema della responsabilità del datore di lavoro, in relazione ad infortunio collegato ad omessa valutazione del rischio, in rapporto alla attività di collaborazione nella redazione del (…) cui è tenuto, per espressa disposizione normativa, il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione.

2.1 La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito della struttura aziendale, finalizzata alla individuazione degli strumenti cautelari atti a governarli con la correlata redazione di un documento che contenga tali valutazioni e prescrizioni, rientra fra gli obblighi fondamentali che gravano sul datore di lavoro: si tratta di adempimento personalissimo che ai sensi dell’art. 17, comma 2, d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 il datore di lavoro non può delegare. Tuttavia, lo stesso d.lgs. 81/2008, all’art. 29, prevede che alla redazione del documento di valutazione dei rischi collaborino alcune figure dotate di specifiche competenze tecnico scientifiche, ovvero il Responsabile del Servizio Protezione e Prevenzione ed il medico competente che sono tenuti a conferire al datore di lavoro le informazioni e le indicazioni appropriate, quanto all’analisi e alla gestione del rischio. Il garante da parte sua è tenuto a fornire a tali collaboratori informazioni inerenti alla gestione dell’impresa, per ciò che attiene alla natura del rischio, alla organizzazione del lavoro, alle misure di prevenzione e protezione ai sensi dell’art. 18 comma 2.

2.2. A fronte di tale quadro normativo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è, dunque, sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (cfr. sez. 4 n. 24958 del 26/4/2017, Rescio, Rv. 270286, in cui la Corte ha precisato che il RSPP svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale; sez. 4 n. 11708 del 21/12/2018, dep. 2019, David Marco, Rv. 275279; n. 40718 del 26/4/2017, Raimondo, Rv. 270765; n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 254094, in cui si è sottolineato il ruolo non operativo del RSPP).

Con riferimento agli infortuni che siano da ricollegare alla mancata valutazione del rischio ovvero alla mancata adozione delle misure previste nel documento, la responsabilità deve, dunque, essere configurata in capo al datore di lavoro. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione. (Sez. 4 n. 24822 del 10/03/2021, Solari, Rv. 281433). Nello stesso senso si è precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate (Sez. 4, n. 49761 del 17/10/2019, Moi, Rv. 277877).

3. La Corte di Appello, in continuità con la sentenza di primo grado, in replica all’analoga doglianza già formulata con i motivi di impugnazione, ha ribadito la sussistenza della posizione di garanzia di (…) (…) nella qualità di legale rappresentante e amministratore unico della società e perciò datore di lavoro.

L’imputato, tenuto in ragione di tale qualità alla redazione dell'(…) non aveva preso in considerazione il rischio in ordine al pericolo di caduta di materiali dall’alto e in ordine alle modalità di realizzazione delle cataste di bancali, che, come riferito dal teste dello (…) venivano abitualmente impilati, senza nessun tipo di regola, in locali ove transitavano carrelli elevatori.

Il percorso argomentativo adottato è coerente con i dati esposti e rispettoso, altresì, del dettato normativo e della elaborazione giurisprudenziale in materia. Nel caso di specie l’infortunio è stato ricondotto causalmente ad una carente valutazione del rischio collegato alle mansioni svolte dal lavoratore dipendente: la valutazione del rischio è, come visto, funzione tipica del datore di lavoro, non delegabile neppure attraverso il conferimento di una delega di funzioni ad altro soggetto e le eventuali carenze nell’attività di collaborazione alla redazione del da parte del RSPP possono, al più, comportare una responsabilità concorrente, ma non esclusiva, di quest’ultimo.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.