CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 34882 depositata il 21 settembre 2021
Omesso versamento dei contributi previdenziali – Responsabilità – Reato cui all’art. 2, co. 1 e 1 bis, DL n. 463/1983 Determinazione della pena
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 5 novembre 2020 ha confermato la decisione del Tribunale di Varese del 31 ottobre 2019 che aveva condannato L. P. alla pena di mesi 3 di reclusione ed € 300,00 di multa relativamente al reato di cui all’art. 2, comma 1 e comma 1 bis d. I. 463/1983, omissione di pagamenti per € 44.781,50 per il 2013.
2. Ricorre in cassazione l’imputata, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Violazione di legge (art. 2, comma 1 e comma 1 bis d. I. 463/1983) e vizio di motivazione sull’affermazione della responsabilità.
La motivazione della sentenza consiste in un mero richiamo alla sentenza di primo grado, senza alcuna analisi delle argomentazioni specifiche dell’appello. La sentenza non effettua nessuna analisi logica delle prove, quantomeno relativamente all’elemento soggettivo del reato.
2. 2. Vizio della motivazione e violazione di legge (art. 603 e 546 cod. proc. pen.). Per la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (con l’escussione del funzionario INPS) la sentenza risulta motivata in maniera solo apparente. La prova risultava determinante in quanto relativa ai fatti dell’imputazione. Per la Corte di appello la prova era stata “negoziata” dalle parti e non sussisteva necessità del rinnovo; non risulta dai verbali, però, una rinuncia all’escussione del teste.
2. 3. Vizio della motivazione e violazione di legge (art. 132, 133 cod. pen. e 546 cod. proc. pen.) sul trattamento sanzionatorio.
La sentenza non motiva sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, con violazione degli art. 132, 133 cod. pen. e 546 cod. proc. pen. La determinazione della pena deve essere motivata quale scelta discrezionale del giudice tra il minimo ed il massimo edittale della norma.
Ha chiesto, quindi, l’annullamento della decisione impugnata.
Considerato in diritto
3. Il ricorso risulta inammissibile poiché i motivi di ricorso sono generici e manifestamente infondati.
La sentenza di primo grado e quella d’appello, in doppia conforme, affermano la responsabilità dell’imputata in relazione al reato contestatole nell’imputazione. Le due decisioni rilevano come dagli atti acquisiti, con il consenso delle parti, emerge la responsabilità (diffida dell’INPS, mai contestata dalla ricorrente) dell’imputata, legale rappresentante della G. s.r.l. che aveva omesso di versare all’INPS i contributi previdenziali per € 44.781,50, per il 2013.
Nel ricorso in cassazione non ci si confronta con la motivazione della sentenza, ma si prospetta un vizio di motivazione e una violazione di legge non meglio specificate.
Del resto, “Ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. doppia conforme quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale” (Sez. 2, Sentenza n. 37295 del 12/06/2019 Ud. – dep. 06/09/2019 – Rv. 277218 – 01).
4. Generico il motivo sulla violazione di legge e il vizio della motivazione per la mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello, con l’escussione del funzionario dell’INPS. La ricorrente non specifica perché la prova sarebbe determinante, decisiva, si limita solo ad affermare che il teste dovrebbe rispondere sui fatti dell’imputazione. Il rinnovo, infatti, era chiesto solo a solo scopo esplorativo: «Nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio di primo grado rende inammissibile (sicché, non sussiste alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame) la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che si risolva in una attività esplorativa di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esplorativa la richiesta di rinnovazione finalizzata a verificare l’intenzione della vittima, attraverso un nuovo esame, di ritrattare le accuse formulate nei confronti dell’imputato» (Sez. 3, n. 42711 del 23/06/2016 – dep. 10/10/2016, H, Rv. 26797401).
5. Del tutto generico il motivo sul trattamento sanzionatorio, in quanto alla ricorrente sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la pena risulta contenuta, ben al di sotto della media edittale. Infatti, «In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena» (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 – dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; vedi anche Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 26528301 e Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013 – dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 25646401).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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