Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 40446 depositata il 4 ottobre 2023
bancarotta fraudolente documentale
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di M.I. in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale (capo B), commesso nella qualità di amministratore della “I.T.” s.r.l., società dichiarata fallita in data 13 novembre 2013.
Con la medesima sentenza è stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di bancarotta preferenziale (contestato al capo A), consistito nel versamento di 31.900,00 euro, a titolo di canoni di sublocazione, a favore della società in nome collettivo E. di P.D., madre dell’imputato.
L’imputato era già stato assolto in primo grado da ulteriori condotte di bancarotta semplice, per omessa presentazione della dichiarazione di fallimento e per aggravamento del dissesto, a lui ascritte ai capi C) e D).
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo e il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza dell’elemento oggettivo del reato.
L’affermazione di responsabilità si fonderebbe sulla ritenuta distruzione delle scritture contabili, tuttavia la Corte di appello non lascerebbe comprendere da quali elementi sarebbe giunta a una simile conclusione.
In realtà l’imputato si sarebbe limitato a non tenere la contabilità dal 2007 in avanti, quando, sommerso dai debiti, ha di fatto cessato l’attività e non si è potuto più permettere di versare il compenso professionale a un commercialista.
Ricorrerebbe quindi l’ipotesi di cui all’art. 217 legge fall., ormai estinta per prescrizione.
2.2. Con il secondo e il quarto motivo deduce analoghi vizi in merito all’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale oggetto di addebito che richiederebbe il dolo specifico, non quello generico come erroneamente ritenuto dai giudici di merito.
3. Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Le questioni sollevate dall’imputato, unitamente alle soluzioni offerte dalle sentenze di primo e secondo grado, rendono necessario rammentare gli elementi costitutivi delle due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale disegnate dall’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. che si trovano in rapporto di alternatività tra loro.
2.1. La prima fattispecie (c.d. “specifica”) consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili e richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
Va chiarito che, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma primo, n.2, legge fall.. A tal fine occorre, però, che l’omessa tenuta della contabilità (al pari delle altre ipotesi) sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Di Cosimo, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Morace, Rv. 279179).
2.2. La seconda fattispecie (c.d. “generale”) è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita; questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Montanari, Rv. 278321); essa richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Inverardi, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
Quanto alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, la Corte di cassazione, con indirizzo consolidato, ha tracciato la seguente linea di demarcazione: la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generica”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. (così da ultimo in motivazione Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Montanari).
3. Su tali premesse si rivelano fondati il secondo e il quarto motivo di ricorso in tema di elemento soggettivo.
Di contro, per le ragioni sopra esposte, è destituita di fondamento la tesi, coltivata con il primo e il terzo motivo, secondo cui l’omessa tenuta della contabilità integrerebbe sempre e comunque il reato di bancarotta semplice.
Il punto nodale diviene l’elemento soggettivo del reato.
3.1. Nella specie, il capo di imputazione chiama in causa, almeno formalmente, entrambe le fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale (specifica e generale), poiché contesta all’imputato vuoi di aver sottratto gran parte delle scritture contabili, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, vuoi di aver tenuto la contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
3.2. La Corte di appello ha ritenuto sussistente l’elemento materiale della fattispecie e.ci. “specifica”, laddove fa riferimento all’omessa tenuta dei libri obbligatori e alla “distruzione” delle scritture successive al 2007, nonché del libro giornale relativo agli anni 2005 e 2006, mai consegnati al curatore (pag. 3).
Per poi concludere che, da tale condotta, è derivata l’impossibilità per il curatore fallimentare di ricostruire il movimento degli affari e il patrimonio della società.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo sostiene che “il dolo richiesto è un dolo solo generico” (pag. 3 sentenza impugnata, negli stessi termini si era espresso il Tribunale, pag. 8 sentenza di primo grado).
3.3. Così opinando, il giudice di merito, non cogliendo la struttura di norma mista alternativa della disposizione incriminatrice di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall, opera una “fusione” tra le due fattispecie previste dalla medesima, trasformando la seconda in una sorta di evento della condotta oggetto della prima; ma soprattutto sostituendo il dolo generico richiesto per la sussistenza dell’una a quello specifico invece necessario al perfezionamento dell’altra.
4. Discende l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo B).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
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