Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 7704 depositata il 16 febbraio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – AMMINISTRATORE DELLA SOCIETA’ – AMMENDA E MISURE DI SICUREZZA – OMISSIONE DELLA FORMAZIONE E DELL’INFORMAZIONE
FATTO
1. Con sentenza del 15 dicembre 2016 il Tribunale di Firenze ha condannato G.A. alla pena di € 4000 di ammenda per i reati, avvinti da continuazione, di cui agli articoli 35, primo comma, e 55, quinto comma, lettera o), d.lgs. 81/2008 – per avere quale datore di lavoro omesso di provvedere affinché un suo lavoratore ricevesse un’adeguata informazione sui rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro connessi all’attività della impresa in generale – e 37, primo comma, e 55, quinto comma, lettera o), d.lgs 81/2008 – per avere, quale datore di lavoro omesso di assicurare che lo stesso lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione dalla prevenzione, azienda, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo e assistenza
2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di due motivi, il primo denunciante violazione d legge e il secondo vizio motivazionale.
DIRITTO
7.1 Il primo motivo, ex articolo 606, primo comma, lettera b), c.p.p., lamenta inosservanza/erronea applicazione degli articoli 36, 37 e 55 d.lgs. 81/2008, e insussistenza della qualifica soggettiva richiesta.
Premesso che sono stati contestati all’imputato reati propri, si asserisce che l’imputato sarebbe divenuto amministratore unico di I. A. S.r.l. – la società che era la datrice di lavoro della persona non informata – con atto del 30 luglio 2012, iscritto poi solo il 20 settembre 2012, e quindi dopo il periodo in cui tale persona fu dipendente.
Inoltre, se – come il Tribunale – si ritenesse che egli fosse stato amministratore della società anche prima del luglio 2012, egli comunque non era amministratore unico, e quindi non era il solo gravato dell’obbligo de quo.
Il motivo è manifestamente infondato, poiché presupposto della responsabilità per i reati propri contestati è la qualità di datore di lavoro, che, visto il rapporto organico, nel caso in cui questo sia una S.r.l., è rivestita dall’amministratore. E l’accertamento della qualità di amministratore dell’imputato fin dal 2009 è stato espletato dal giudice di merito, e non può essere contestato in questa sede.
Il fatto poi che l’amministratore della società, non essendo unico, non sia parimenti l’unico su quale grava l’obbligo, ictu oculi nulla incide, poiché la legge non esige che il responsabile sia una sola persona fisica.
3.2. Il secondo motivo lamenta, ex articolo 360, primo comma, lettera e), c.p.p., contraddittorietà e illogicità motivazionali in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche nonché motivazione tautologica e apparente.
Il giudice di prime cure non avrebbe fornito una motivazione adeguata quanto al diniego delle attenuanti generiche, non concesse all’imputato.
Anche questa doglianza è manifestamente infondata, giacché il Tribunale ha invece apportato una motivazione, per quanto sintetica, del diniego delle attenuanti generiche, senza incorrere in alcuna contraddittorietà/illogicità, ma semplicemente rilevando che “l’imputato è già gravato da un precedente penale”. La contestazione che il motivo poi opera sulla idoneità dell’esistenza d precedenti condanne a giustificare la mancata concessione delle attenuanti ex articolo 62 bis c.p. viene a cadere, inammissibilmente, sul piano fattuale.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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