Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 1401 depositata il 15 gennaio 2024
elusione – IRPEF IVA IRAP AVVISO ACCERTAMENTO
Rilevato che:
1. L’Ufficio, a seguito di indagini, anche finanziarie, svolte nei confronti di M.V., esercente l’attività di medico professionale specializzato in ortopedia e traumatologia, contestava a quest’ultimo di aver eluso il Fisco traslando gran parte dei compensi professionali percepiti per gli interventi chirurgici eseguiti su una società, la C.O. s.r.l. di cui erano unici soci, il contribuente e sua moglie; L’Ufficio, in particolare riteneva che detta società fosse soggetto fittiziamente interposto ex art. 37 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
L’Ufficio accertava, inoltre, che, in relazione al rapporto di conto corrente acceso presso la BCC di Roma, intestato al contribuente e a sua moglie, risultavano prelevamenti e versamenti non giustificati.
Per l’effetto, con riferimento all’anno di imposta 2007, emetteva avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione un maggior reddito ai fini irpef; accertava un maggior volume di affari ai fini Irap ed infliggeva la sanzioni conseguenti.
2. Avverso detto avviso di accertamento proponeva ricorso il contribuente.
La C.t.p. accoglieva parzialmente il ricorso. In particolare, riteneva illegittimo l’accertamento quanto alla contestata interposizione fittizia della società ed anche quanto al recupero a tassazione dei prelevamenti eseguiti sul conto corrente in ragione di quanto statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 228 del 2014. Confermava, invece, la legittimità dell’accertamento quanto al solo recupero a tassazione dei versamenti eseguiti sul conto.
Avverso detta sentenza l’Ufficio frapponeva appello limitatamente al capo della sentenza con il quale la C.t.p. aveva escluso
l’interposizione fittizia. La C.t.r., con la sentenza impugnata, rigettava
il gravame.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia
delle entrate ed il contribuente resiste con controricorso.
3. L’Agenzia delle entrate ha depositato memoria.
Considerato che:
1. L’Agenzia delle entrate con l’unico motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 37 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’Ufficio non avesse fornito adeguata prova circa l’elusività delle operazioni contestate ed in ordine all’interposizione fittizia, dando rilievo al fatto che il contribuente esercitava l’attività di medico ortopedico, utilizzando oltre che la sede della clinica Madonna delle Grazie di Velletri, anche altri studi ed utilizzando le strutture della società coerentemente con l’oggetto sociale di quest’ultima. Osserva che, ai sensi dell’art. 37 cit. la prova dell’interposizione può essere resa dall’Ufficio mediante il ricorso a presunzioni; che il recupero fiscale riguardava esclusivamente gli interventi chirurgici eseguiti presso la clinica Madonna delle Grazie di Velletri; che gli indici presuntivi della interposizione fittizia erano molteplici ed emergevano dal processo verbale di constatazione, debitamente notificato. Aggiunge che la C.t.r. si era riportata agli esiti di una perizia di parte la cui ricostruzione era inattendibile anche perché fondata su dati irrilevanti.
2. Il motivo è fondato.
2.1. Va, sul punto, preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata nel controricorso; diversamente da quanto ivi sostenuto, il motivo non mira a un nuovo accertamento in fatto ma ha ad oggetto la corretta applicazione della disciplina dell’interposizione nella percezione del reddito.
2.2. L’art. 37 d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che «In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona». La disposizione mira a riallineare l’attività svolta da un altro soggetto sull’effettivo percettore del reddito e prevede che l’Ufficio possa utilizzare elementi indiziari, dotati di pregnanza presuntiva, al fine di accertare il fatto costitutivo dell’imposizione tributaria rappresentato dal possesso effettivo di un reddito «per interposta persona».
2.3. L’oggetto della prova incombente sull’Amministrazione finanziari non attiene agli elementi costitutivi dell’interposizione; quel che rileva è che il soggetto nei confronti del quale è rivolto l’accertamento sia l’effettivo possessore del reddito per interposta persona. La funzione della norma, dunque, è quella di evitare che il contribuente (effettivo possessore) si sottragga al prelievo occultando all’Amministrazione finanziaria la propria identità di contribuente, ricorrendo a interposizioni tali da attribuire a terzi il possesso del reddito. In altri termini, il possesso del reddito «per interposta persona» costituisce il fatto ignoto oggetto della prova logica a carico dell’Ufficio, quale elemento che lega il reddito prodotto dal soggetto interposto al titolare effettivo. La rilevanza dell’effettivo possesso del reddito rispetto alla sua titolarità formale sancisce la prevalenza della sostanza (possesso del reddito) sulla forma (titolarità del reddito) e della realtà sull’apparenza, dovendosi individuare non la natura fittizia o ingannevole della titolarità del reddito, bensì l’effettività dell’esercizio del possesso del reddito a prescindere dalla sua formale titolarità (Cass. 25/07/2022, n. 23231).
Ciò che rileva ai fini tributari è, pertanto, che l’interponente disponga delle risorse del soggetto interposto uti dominus; infatti, è nella prova della relazione dell’interponente con la fonte di reddito del soggetto interposto che si risolve la prova del «possesso» del reddito. Inoltre, trattandosi di possesso come situazione di fatto tale da comportare l’individuazione di un titolare effettivo del reddito complessivo diverso e divergente dal titolare formale è coerente che la prova sia affidata anche a circostanze di carattere indiziario. (Cass. 17/02/2022, n. 5276).
2.4. Coerentemente con la funzione della previsione, la disciplina dell’interposizione non prevede una responsabilità aggiuntiva dell’interposto oltre a quella dell’interponente, poiché la norma ha la funzione di attribuire l’onere del pagamento delle imposte a carico dell’effettivo titolare dei redditi, mentre l’interposto non è soggetto passivo di imposta in quanto non ha il possesso dei redditi; se quindi risulta accertato che il possessore del reddito è l’interponente, che si cela all’Erario nascondendosi dietro l’interposto, è esclusivamente in capo a questi che va determinato il reddito, attribuendogli anche quanto solo in apparenza conseguito dall’interposto (Cass. 23/06/2021, n. 29228).
2.5. Costituisce, inoltre, principio consolidato quello per cui la disciplina prevista dall’art. art. 37 cit. non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale costituente il presupposto d’imposta (Cass. 27/04/2021, n. 11055).
2.6. La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi.
La C.t.r. ha escluso l’interposizione, ritenendo che l’Ufficio non avesse offerto prova adeguata in ordine alla stessa, senza tuttavia, fondare l’accertamento sugli elementi rilevanti ai fini ricostruzione della fattispecie di interposizione.
In particolare la C.t.r., lungi dal verificare il possesso del reddito in capo al contribuente in ragione di quanto rilevato dall’Ufficio nell’avviso di accertamento, ha dato rilievo a circostanze del tutto ininfluenti, quali il fatto che nessuna contestazione fosse stata mossa alla società e che il contribuente operasse anche presso altre strutture, sebbene l’accertamento avesse ad oggetto gli interventi eseguiti presso la clinica Madonna delle Grazie di Velletri.
La C.t.r., inoltre, ha dato rilievo indiziario decisivo a quanto emergeva dalla ricostruzione contenuta in una consulenza tecnica di parte dalla quale si evinceva che l’impiego della società non aveva determinato alcuna elusione fiscale in quanto non vi era stato risparmio di imposta da parte del contribuente. Premesso che detta consulenza costituisce un’allegazione difensiva a contenuto tecnico, che può sempre essere prodotta quale documento proveniente da un terzo anche nel corso del giudizio di appello (cfr. Cass. 30/03/2023, n. 9051), la C.t.r. ha omesso, tuttavia, di procedere ad un adeguato raffronto critico di quanto ivi riportato con gli elementi presuntivi addotti dal Fisco e puntualmente indicati nell’atto impositivo. Inoltre, non si è avveduta che le conclusioni rassegnate nella consulenza si fondavano anche su elementi estranei alla comparazione avendo preso in considerazione l’erogazione di contributi previdenziali che, invece, erano privi di qualsiasi rilievo ai fini della determinazione del carico fiscale.
3. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che renderà congrua motivazione in relazione ai principi sopra riportati si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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