CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 2444 depositata il 24 gennaio 2024

Tributi – Avviso di accertamento per maggiori imposte – IRES, IVA e IRAP – Omessa fatturazione di ricavi – Accertamento analitico – Incidenza percentuale dei costi relativi – Accoglimento

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, n. 5824-04-2014 del 13 ottobre 2014, che aveva accolto il ricorso presentato dalla società A. di R.C. & C. s.r.l. avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo all’anno 2006, con il quale veniva richiesto il pagamento di maggiori imposte (Ires, Iva e Irap) per omessa fatturazione di ricavi per la vendita di autovetture per un ammontare di Euro 1.569.953,00; la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello rilevando che nell’accertamento in rettifica l’Amministrazione doveva tener conto delle voci di costi effettivamente sostenute e, nel caso di specie, delle spese affrontate dal rivenditore di automobili per l’acquisto delle autovetture da vendere.

2. L’Agenzia delle Entrate ha pure proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, n. 6937-04-14 del 4 dicembre 2014, che aveva accolto il ricorso presentato dalla società A. di R.C. & C. s.r.l. nei confronti della cartella di pagamento n. (…), relativo ad Irap ed Iva del 2006, deducendo come il contenzioso relativo al sottostante avviso di accertamento avesse avuto esito solo parzialmente favorevole al contribuente e chiedendo la riunione del giudizio ad altro di appello relativo all’avviso suddetto; la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello rilevando che la cartella esattoriale per cui era causa risultava basata sul contenuto di un atto tributario la cui validità era stata caducata dalle pronunce di primo e secondo grado del Giudice tributario, con la conseguenza che essa era venuta meno.

3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2462-17, con atto affidato a tre motivi e avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 3663-17, con atto affidato a due motivi.

4. La società A. di R.C. & C. s.r.l. (cessata alla data dell’8 novembre 2016 e, poi, dichiarata fallita, regolarmente evocata in entrambi i giudizi, giusta avvisi di ricevuta consegna nella persona del Curatore dott.ssa M.L.C.), e i soci Ru.Ca. e Ru.Pi., in entrambe le cause, non hanno svolto difese.

Ragioni della decisione

1. In via preliminare va disposta la riunione della causa n. 20342-2018 R.G. alla causa recante il n. 7814-2018 R.G.

1.1 Benché i giudizi richiamati non investano la medesima sentenza, essi riguardano, tuttavia, provvedimenti fra loro connessi, anche se diversi; sono, inoltre, ravvisabili ragioni di economia processuale e configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (Cass., Sez. U., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27550; Cass., 15 settembre 2022, n. 27158).

2. La trattazione del ricorso n. 7814-2018 R.G. è prioritaria.

3. Il primo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 109, commi quarto e quinto, TUIR e dell’art. 2730 cod. civ. La sentenza impugnata aveva erroneamente affermato che nell’accertamento in esame l’Ufficio dovesse senz’altro ed automaticamente riconoscere a controparte maggiori costi in relazione ai maggiori ricavi accertati, in quanto ciò violava sia le caratteristiche dell’accertamento svolto, sia l’art. 109 TUIR. La giurisprudenza di legittimità era concorde sul fatto che era proprio nell’accertamento induttivo che l’Ufficio, ricostruendo i ricavi con criteri estranei alla considerazione della contabilità, doveva anche riconoscere una deduzione dei costi di produzione del maggior reddito accertato in misura percentuale forfetaria per pervenire all’imponibile. Nel caso di specie, l’evasione era stata realizzata alterando le rimanenze (facendo cioè apparire in magazzino ciò che era stato venduto in nero), ovvero sottofatturando le vendite, ma sempre sulla base di regolari acquisti già contabilizzati, essendovi sul punto anche le dichiarazioni della stessa società che aveva ammesso che le autovetture erano state regolarmente acquistate e fatturate ai clienti, ma con fattura di vendita inferiore al finanziamento richiesto.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 E’ vero che questa Corte ha affermato che, in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” , ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass., 25 febbraio 2022, n. 6304) e, tuttavia, deve richiamarsi, in proposito, la sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, che, nell’interpretare l’art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, in tema di accertamenti bancari, ha affermato che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (Corte Costituzionale, sentenza 31 gennaio 2023, n. 10).

3.3 La Corte costituzionale, in particolare, dopo avere richiamato il principio secondo il quale, nell’ipotesi di accertamento induttivo “puro”, deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, ha ribadito che l’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., richiede che il contribuente imprenditore possa sempre articolare la prova presuntiva e, in particolare, eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati” affinché la presunzione in esame risulti essere compatibile, in particolare, anche con il principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.). E anzi, nel caso di accertamento induttivo puro, è lo stesso ufficio ad essere onerato di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi.

3.4 Come precisato da questa Corte, “ciò comporta il superamento di quella giurisprudenza costante, in materia di prova contraria incombente al contribuente per vincere la presunzione relativa di cui al citato art. 32 D.P.R. 600 del 1973, espressa da Cass. n, 15161-20 (nonché da molte altre pronunce, tra le quali, Cass. n. 16896-14; Cass. n. 14675-06), secondo cui è onere del contribuente dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova (Cass. n. 15161-2020), avvicinando il riconoscimento della detrazione dei costi, in relazione ai prelevamenti non giustificati, al regime forfettario proprio dell’induttivo puro (v. già Corte cost. n. 225-2005)” e “ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento del quantum dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sent. della Corte cost. n. 10-2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di CTU” (cfr. Cass., 8 marzo 2023, n. 6874, in motivazione).

4. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. La statuizione di annullamento integrale dell’avviso risulta priva di motivazione, pur riferendosi soltanto all’asserita necessità di riconoscere ulteriori costi, argomentando in sostanza solo sulla spettanza di una riduzione dell’accertato in ragione dei costi, ma non giustificando in alcun modo il radicale annullamento dell’atto impositivo. I giudici di secondo grado, dunque, avrebbero dovuto annullare l’avviso solo parzialmente, nella sola misura necessaria alla considerazione dei costi ricordati.

4.1 Il motivo è fondato.

4.2 Ed invero, i giudici di secondo grado, pur avendo correttamente affermato che l’Amministrazione doveva tenere conto delle voci di costo effettivamente sostenute per l’acquisto delle autovetture da vendere, nulla poi ha argomentato sulla statuizione assunta di integrale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato, rigettando integralmente l’appello dell’Ufficio. Ed invero, già si è detto che i giudici di secondo grado avevano il compito di accertare i costi sostenuti per la produzione del reddito e di quantificarli anche in via presuntiva, accertamento di merito che, tuttavia, nella vicenda in esame, non è stato effettuato.

5. Il terzo mezzo, che deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 43, comma terzo, del D.P.R. n. 600 del 1973 (Se si intendeva che la Commissione tributaria regionale aveva annullato in toto l’avviso recependo implicitamente l’assunto del primo Giudice per cui “l’Ufficio dovrà procedere all’accertamento in rettifica, previa rideterminazione del reddito complessivo netto…”, allora tale assunto era assolutamente censurabile, non essendovi alcun bisogno di “accertamento in rettifica” per ridurre il “quantum” accertato. Ed infatti, l’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 disponeva l’integrabilità o modifica dell’accertamento, mediante notifica di nuovi avvisi”, quando si trattava di modifica in aumento la pretesa erariale e non in diminuzione), deve ritenersi assorbito, in ragione dell’accoglimento del secondo motivo.

6. Con il ricorso n. 20342-2018 R.G. sono stati proposti due motivi.

7. Il primo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 15, primo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 69 del decreto legislativo n. 546 del 1992. La Commissione tributaria regionale non poteva annullare una cartella per iscrizione a ruolo provvisoria ex art. 15, primo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973, perché la norma indicata consentiva espressamente l’iscrizione a ruolo delle imposte dovute su imponibili “accertati… ma non ancora definitivi”; né, nel caso di pronuncia parzialmente favorevole al contribuente si procedeva a sgravio totale e reiscrizione o riaffidamento del dovuto in base alla sentenza, quanto, al contrario, per quanto stabilito dall’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, si procedeva ad emettere un provvedimento di sgravio parziale ovvero ad iscrizione a ruolo o affidamento della differenza dovuta.

8. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. La sentenza impugnata non poteva annullare integralmente il provvedimento impugnato ma se mai poteva ridurne l’importo; come per l’accertamento, quindi, anche per la cartella mancava qualsiasi motivazione del disposto annullamento integrale. I giudici di secondo grado avevano disatteso senza alcun chiarimento il rilievo dell’Ufficio che la caducazione dell’accertamento fosse solo parziale e che quella della cartella non potesse superare lo stesso limite, affermando invece l’annullamento integrale di entrambi, senza tuttavia dare alcun conto delle ragioni per cui avesse a scartato la tesi dell’Ufficio privilegiando quella contraria, ed incorrendo così in difetto assoluto di motivazione.

9. In ragione dell’esito del ricorso n. 7814-2018 R.G., il ricorso n. 20342-2018 va ritenuto assorbito.

10. Per quanto esposto, sul ricorso n. 7814-2018 R.G. va accolto il secondo motivo, rigettato il primo ed assorbito il terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità; il ricorso n. 20342-2018 R.G. va ritenuto assorbito.

P.Q.M.

Sui ricorsi riuniti nn. 7814-2018 R.G. e 20342-2018 R.G., sul ricorso n. 7814-2018 R.G., accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità; sul ricorso n. 20342-2018 R.G., lo dichiara assorbito.