AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 8 del 10 gennaio 2023
Crediti di imposta per le imprese energivore e gasivore – Trasferimento al consolidato fiscale ed utilizzo in compensazione per il pagamento degli acconti calcolati con metodo previsionale superiore allo storico – Articolo 6 del d.l. 9 agosto 2022, n. 115
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante, in qualità di consolidante, aderisce al regime di tassazione del consolidato fiscale nazionale con altre società. Una di esse «sta maturando, sul terzo trimestre dell’esercizio, un credito d’imposta sulla misura a favore delle imprese energivore di euro […] che, nell’impossibilità della compensazione, verrà ceduto alla società istante, seguendo le procedure di cui al Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 253445/2022.
L’utilizzo del credito in compensazione su F24 è stato stimato per la società istante per l’importo massimo di euro […], mentre resterebbe inutilizzato per euro […].
La società si chiede dunque se sia possibile pagare su base previsionale, le maggiori imposte Ires previste, atteso che:
- la liquidazione del modello dichiarativo consolidato per il 2021 non evidenzia alcun acconto dovuto, per il 2022, su base storica;
- il previsionale per il periodo di imposta in corso evidenzia invece un’imposta dovuta pari ad almeno euro […], che potrebbero essere versate anticipatamente, tramite compensazione, per l’importo di euro […], sfruttando il credito d’imposta per imprese energivore rimasto inutilizzato.».
Alla luce del dubbio posto ovvero «se sia possibile utilizzare il versamento degli acconti su base previsionale anche laddove si presuma un aumento anziché una riduzione delle imposte dovute per l’esercizio, a prescindere dalla motivazione» l’istante «chiede se sia legittimo il comportamento descritto nel paragrafo precedente alla luce delle disposizioni vigenti.».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante, escluso che «l’operazione possa essere considerata ”abusiva” ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000», ritiene che la «normativa vigente non prevede alcun vincolo in proposito e, quindi, il versamento di un acconto ”previsionale” maggiore rispetto a quello ”storico”, nel limite del dovuto, pare pienamente lecito.».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’aumento dei costi in ambito energetico ha spinto il legislatore ad introdurre una serie di contributi sotto forma di credito d’imposta per le imprese.
Tra di essi figura anche quello dell’articolo 6 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2022, n. 142, secondo il quale:
«1. Alle imprese a forte consumo di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, della cui adozione è stata data comunicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 300 del 27 dicembre 2017, i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del secondo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, hanno subìto un incremento superiore al 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell’anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa, è riconosciuto un contributo straordinario a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti, sotto forma di credito di imposta, pari al 25 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel terzo trimestre 2022. Il credito di imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese di cui al primo periodo e dalle stesse autoconsumata nel terzo trimestre 2022. In tal caso l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa perla produzione della medesima energia elettrica e il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al terzo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica.».
Tale credito d’imposta (relativo al terzo trimestre 2022), secondo il successivo comma 6 della medesima disposizione, come variato dall’articolo 1, comma 11, lettera a), del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, è utilizzabile «esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro la data del 31 marzo 2023. Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. I crediti d’imposta non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I crediti d’imposta sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.».
Peraltro, secondo quanto in ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, in corso di conversione, il credito in esame è ad ora utilizzabile «entro la data del 30 giugno 2023», fermo restando che «Entro il 16 marzo 2023, i beneficiari dei crediti d’imposta richiamati ai commi 3 e 4, a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito non ancora fruito, inviano all’Agenzia delle entrate un’apposita comunicazione sull’importo del credito maturato nell’esercizio 2022. Il contenuto e le modalità di presentazione della comunicazione sono definiti con provvedimento del direttore della medesima Agenzia da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.» (così il successivo comma 6 del medesimo articolo).
Senza entrare nel merito della spettanza del credito in commento, né delle modalità di calcolo o cessione dello stesso che non costituiscono oggetto di interpello e sono state comunque chiarite con la circolare n. 36/E del 29 novembre 2022 cui si rinvia per tutti i dettagli del caso volendo sintetizzare il quadro normativo di riferimento sulla sua fruizione, va detto che esso:
- è utilizzabile solo in compensazione (si veda la risoluzione n. 49/E del 16 settembre 2022 per l’istituzione dei relativi codici tributo da inserire nel modello F24);
- non sconta i limiti quantitativi delle ordinarie compensazioni ex articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, potendo quindi, in ipotesi, eccedere anche i due milioni di euro previsti dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (soglia fissata, con decorrenza 1° gennaio 2022, dall’articolo 1, comma 72, della legge 30 dicembre 2021, n. 234);
- per l’utilizzo, dopo il 16 marzo 2023, richiede una comunicazione all’Agenzia delle entrate del quantum del credito stesso, maturato nel 2022;
- in nessun caso, ove non utilizzato entro il 30 giugno 2023, dà luogo a rimborso, sia diretto (ossia del residuo non speso), sia indiretto (i.e. del versamento d’imposta, risultato poi eccedente rispetto al dovuto, effettuato tramite utilizzo in compensazione del credito stesso).
Chiarito che, in via generale, il credito d’imposta ex articolo 6 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, relativo al terzo trimestre 2022, può essere utilizzato, con le limitazioni appena riepilogate, per il versamento di acconti e saldi d’imposta (quali, tipicamente, l’IRES), risulta opportuno soffermarsi sul metodo di calcolo di tali acconti.
In particolare, come precisato in diversi documenti di prassi, «in linea generale, il calcolo dell’acconto è effettuato sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente, al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi (”metodo ”storico”). In alternativa, coloro che, per l’anno in corso, presumono di avere un risultato economico inferiore rispetto all’anno precedente possono ricorrere al metodo ”previsionale”. In tal caso il calcolo viene effettuato sulla base dell’imposta presumibilmente dovuta per l’anno in corso, considerando, quindi, i redditi che il contribuente ipotizza di realizzare, nonché gli oneri deducibili e detraibili che dovrebbero essere sostenuti, i crediti d’imposta e le ritenute d’acconto. Questa scelta può comportare la riduzione o il non pagamento dell’acconto, ma, al contempo, espone il contribuente al rischio di effettuare i versamenti in acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e l’eventuale successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata.» (così, tra le più recenti, la circolare n. 27/E del 19 ottobre 2020).
La ratio della previsione normativa si vedano, ad esempio, gli articoli 1 e ss. della legge 23 marzo 1977, n. 97 (variamente integrati nel corso del tempo), l’articolo 11 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, l’art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, nonché l’articolo 12-quinquies, commi 3 e 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 (quest’ultimo in riferimento specifico ai soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale) è dunque di favore verso il contribuente, il quale, in sede di acconto, quando abbia ragionevole certezza sull’ammontare finale dell’imposta da versare, può evitare di anticipare somme che in ultimo risulterebbero non dovute: «il contribuente soggetto all’Irpef deve versare il 75% dell’importo indicato al rigo 65 senza che tale ammontare formi oggetto di alcun arrotondamento del quadro N del Mod. 740 della dichiarazione per l’anno 1976, vale a dire l’imposta che risulta da pagare dopo aver detratto dall’ ”imposta lorda” le detrazioni, gli eventuali crediti di imposta e le ritenute d’acconto subite. Il principio, comunque, non riveste carattere di assolutezza, in quanto, in base al quarto c. del successivo art. 2, il contribuente può, sotto la propria responsabilità, commisurare l’acconto di che trattasi non al 75% del tributo relativo all’anno decorso, ma al 75% di quello che prevede di dover versare per l’anno corrente. Infatti, come si dirà più avanti, il contribuente non incorrerà in alcuna sanzione qualora l’acconto versato, pur risultando inferiore al 75% dell’imposta relativa all’anno precedente, non sia al di sotto del 75% di quella che sarà dovuta per l’anno in corso. Per contro, qualora il contribuente preveda di dover corrispondere per l’esercizio corrente, in conseguenza di un incremento del reddito imponibile, un’imposta in misura superiore a quella dovuta per l’esercizio decorso, lo stesso contribuente non è tenuto a liquidare l’acconto sulla base del maggiore tributo che sarà applicabile per l’anno di competenza, ben potendo egli attenersi al preciso obbligo posto dal citato art. 1, e liquidare quindi l’acconto sulla base del 75% dell’imposta afferente l’anno trascorso.» (così già la circolare n. 96 del 31 ottobre 1977, capitolo I, in riferimento al richiamato articolo 1 e ss. della legge n. 97 del 1977).
Fermo restando che l’acconto, seppure frazionato in due rate, è unico risultando quindi in principio escluse variazioni di metodo di computo tra una rata e l’altra, nonché sanzionabili versamenti al di sotto del minimo legislativamente previsto sulla base del raffronto con l’anno precedente va posta attenzione al fatto che per quanto nella normalità dei casi la determinazione con il metodo previsionale risulti inferiore a quella con il metodo storico, le norme richiamate non escludono l’ipotesi contraria.
Non vi è dunque una preclusione legislativa al versamento dell’acconto calcolato con il metodo previsionale, laddove il relativo ammontare superi quanto sarebbe dovuto utilizzando il metodo storico.
La legittimità di tale comportamento, in ipotesi di pagamento tramite compensazione avvalendosi del credito d’imposta di cui all’articolo 6 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, va tuttavia contemperata con i limiti di tale credito (relativo al terzo trimestre 2022), ricordati in precedenza, nonché con quelli legislativamente previsti in via generale per la tassazione di gruppo (cfr., sul punto, ad esempio, la recente risposta n. 536 pubblicata il 31 ottobre 2022 nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia, www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativaeprassi/risposteagliinterpelli).
Alla luce di quanto sopra, va rimarcato che in nessun caso il versamento dell’acconto, qualora eccedente rispetto a quanto effettivamente dovuto, potrà consentire il rimborso della relativa imposta o un effetto trascinamento tale per cui il credito speso per il pagamento venga utilizzato in qualsiasi modo dopo il 30 giugno 2023 (o il 16 marzo 2023 nel caso in cui il contribuente non dia correttamente luogo alla comunicazione richiesta dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 176 del 2022).
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