AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 febbraio 2021, n. 107
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Esercizio del diritto di detrazione dell’IVA – Articoli 19 e 19-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Comune alfa effettua, attraverso l’affidamento in appalto ad una società terza, il servizio di raccolta/smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
In particolare, il suddetto servizio è effettuato secondo i criteri della c.d. ” raccolta differenziata”, vale a dire attraverso il ritiro dei medesimi rifiuti già preselezionati e separati direttamente dal cittadino/utente anche mediante l’approntamento di un idoneo spazio attrezzato (c.d. “piazzola ecologica”). Il Comune rappresenta che la società beta, affidataria del servizio, effettua il servizio di raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani, tra i quali materiali di recupero di tipo cartaceo, vetroso e plastico gestendo, al contempo, la piazzola ecologica.
A fronte di tale attività, la società fattura il corrispettivo con applicazione dell’IVA al Comune.
Il Comune afferma che tale servizio viene considerato come attività avente natura istituzionale e non commerciale e che nei confronti del cittadino/utente viene addebitato il mero costo del servizio attraverso l’emissione degli avvisi di pagamento della TARI.
Il Comune fa, altresì, presente che, in attuazione della normativa vigente in materia ambientale, conferisce i rifiuti riciclabili raccolti (specificatamente la carta, il vetro, la plastica e il legno) ai Consorzi di lavorazione dei materiali, facenti parte della filiera produttiva CONAI, allo scopo di procedere con il riciclaggio degli stessi.
Con tali Consorzi sono state stipulate delle convenzioni che prevedono da parte del Comune l’obbligo di compiere l’attività di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti e da parte dei Consorzi l’obbligo di effettuarne il ritiro e corrispondere al Comune un corrispettivo, parametrato alla quantità e qualità del materiale consegnato.
A fronte del pagamento di detto corrispettivo, il Comune emette fatture ai Consorzi in regime di imponibilità agli effetti dell’Iva, con l’applicazione dell’aliquota del 10 per cento, ai sensi del numero 127-sexiesdecies), della Tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il Comune rappresenta di non aver finora provveduto alla detrazione dell’imposta assolta per il servizio di raccolta/smaltimento reso dalla suddetta società.
Pertanto, chiede se possa di detrarre, a partire dall’anno di imposta corrente, l’Iva addebitata dalla società affidataria per il servizio di “raccolta differenziata” dei rifiuti riciclabili in quanto relativa ad operazioni di acquisto rientranti nell’ambito della attività commerciale di cessione dei rifiuti a favore dei Consorzi.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Il Comune ritiene di poter considerare detraibile l’Iva assolta nell’acquisto della prestazione fornita dalla società affidataria del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, nonché dell’imposta assolta relativamente ai costi generali fissandone, eventualmente, una percentuale determinata con criteri oggettivi anche per le annualità pregresse relative ai periodi d’imposta per i quali è consentito al contribuente di presentare le dichiarazioni integrative a favore entro i termini dell’accertamento e, nel caso concreto dall’anno 2016, facendo emergere, in tal modo, un maggior credito d’imposta.
Ciò in considerazione della circostanza che il Comune effettua una prestazione di servizi nei confronti dei Consorzi di filiera compiendo l’attività di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti riciclabili, a fronte di un corrispettivo commisurato alla quantità e qualità del materiale consegnato e fatturato dallo stesso Comune.
Pertanto, il Comune ritiene di poter ricomprendere le fatture ricevute dalla suddetta società nell’ambito di un’attività commerciale così che le stesse potranno essere registrate nella contabilità Iva dell’ente istante, assumendo la qualifica di Iva oggettivamente detraibile.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 19-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che «Per gli enti indicati nel quarto comma dell’articolo 4 è ammessa in detrazione, a norma degli articoli precedenti e con le limitazioni, riduzioni e rettifiche ivi previste, soltanto l’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell’esercizio di attività commerciali o agricole.
La detrazione spetta a condizione che l’attività commerciale o agricola sia gestita con contabilità separata da quella relativa alla attività principale e conforme alle disposizioni di cui agli articoli 20 e 20-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L’imposta relativa ai beni e ai servizi utilizzati promiscuamente nell’esercizio dell’attività commerciale o agricola e dell’attività principale è ammessa in detrazione per la parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale o agricola. La detrazione non è ammessa in caso di omessa tenuta, anche in relazione all’attività principale, della contabilità obbligatoria a norma di legge o di statuto, nè quando la contabilità stessa presenti irregolarità tali da renderla inattendibile. Per le regioni, province, comuni e loro consorzi, università ed enti di ricerca, la contabilità separata di cui al comma precedente è realizzata nell’ambito e con l’osservanza delle modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria a norma di legge o di statuto”.
In base a tale disposizione, quindi, è ammessa in detrazione l’imposta relativa agli acquisti ed alle importazioni di beni e servizi utilizzati promiscuamente nell’esercizio dell’attività commerciale o agricole e limitatamente alla parte imputabile all’esercizio di tali attività.
Nella fattispecie in esame, il Comune istante esercita un’attività commerciale fornendo una prestazione di servizi, soggetta ad Iva ai sensi del n. 127-sexiesdecies), della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, nei confronti dei Consorzi di filiera, in esecuzione di una convenzione per la quale il primo si obbliga a compiere l’attività di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti di vetro, plastica, carta e legno, mentre i secondi si impegnano ad effettuare il ritiro ed a corrispondere un corrispettivo pattuito, generalmente commisurato alla quantità ed alla qualità del materiale consegnato.
Pertanto, anche il Comune potrebbe detrarre l’Iva relativa ai costi per beni e servizi “per la parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale”, vale a dire limitatamente ai costi inerenti all’esercizio della medesima attività commerciale ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972.
Al riguardo, occorre far altresì riferimento al comma 4 del citato art. 19 secondo cui «Per i beni ed i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all’imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo criteri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determinare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione».
In merito alla determinazione dei criteri oggettivi occorre, anche in tal caso, una valutazione circostanziata e fattuale della singola fattispecie, non esperibile in sede di interpello, che, attraverso un esame specifico dei singoli costi definisca sia la parte di essi riferibili all’operazione imponibile che la quota riferibile all’operazione esclusa.
La distinzione fra acquisti commerciali, acquisti istituzionali ed acquisti promiscui deve, quindi, avvenire sulla base del criterio di effettiva afferenza ed utilità dei vari costi per la realizzazione di attività produttive di beni e servizi.
In tale senso anche la circolare n. 328/E del 1997 nel punto in cui ha chiarito che, in caso di utilizzazioni promiscue di beni e/o servizi acquistati da parte del soggetto passivo, ai fini della ripartizione dell’imposta tra la quota detraibile e quella indetraibile, la predetta disposizione (articolo 19, comma 4) non detta alcuna regola specifica, demandando al contribuente la scelta del criterio più appropriato alle diverse situazioni che possono verificarsi; viene soltanto richiesto che il criterio adottato sia oggettivo e coerente con la natura dei beni e servizi acquistati.
La rilevazione dei costi e la loro qualificazione come commerciali (integralmente o promiscuamente) è strettamente collegata alla loro inerenza effettiva ed alla strumentalità rispetto allo svolgimento delle attività che si qualificano come commerciali. Relativamente alle modalità di calcolo dell’imposta correttamente detraibile, il Comune dovrà, quindi, utilizzare criteri oggettivi di imputazione, attraverso un esame specifico dei costi.
Ciò premesso, nel caso di specie, il Comune evidenzia che l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti -che è obbligato a conferire ai Consorzi – è oggetto di affidamento, dietro corrispettivo assoggettato ad Iva, ad una società terza, che in base a convenzione, effettua il servizio secondo i criteri della c.d. “raccolta differenziata”, ovvero attraverso il ritiro dei medesimi rifiuti già preselezionati e separati direttamente dal cittadino/utente anche mediante l’approntamento di un idoneo spazio attrezzato (c.d. “piazzola ecologica”).
Pertanto, si condivide quanto affermato dal contribuente in ordine alla possibilità di detrarre, in linea di principio, una quota parte anche dell’Iva addebitata dalla società appaltatrice del servizio di raccolta differenziata e relativa a quei rifiuti urbani oggetto della descritta attività commerciale.
In effetti, parte dei rifiuti ricevuti dal Comune (es. vetro, legno, plastica e carta), seppure derivanti dalla generale attività di gestione dei rifiuti solidi urbani, che costituisce attività istituzionale per gli enti pubblici ai sensi dell’articolo 112 del d.lgs. n. 267 del 2000, diviene oggetto di successivo conferimento che realizza un’operazione commerciale, soggetta ad Iva in regime di imponibilità Iva (cfr. Circ 43/2008, Ris. 38/2007 e n. Ris. 115/2004).
Per quanto riguarda, infine, la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione anche per le annualità precedenti occorre rappresentare che il citato art. 19-ter ne condiziona l’ammissibilità alla circostanza che il Comune istante gestisca l’attività commerciale con contabilità “separata da quella relativa all’attività principale” che, nel caso di specie, è “realizzata nell’ambito e con l’osservanza delle modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria a norma di legge”.
In altri termini, considerato che la “detrazione non è ammessa in caso di omessa tenuta, anche in relazione all’attività principale, della contabilità obbligatoria a norma di legge o di statuto”, non si condivide la possibilità, proposta dall’istante, di esercitare il diritto alla detrazione anche per le annualità per le quali (come emerge dalle informazioni e dalla documentazione fornita in sede di interpello), il Comune istante non abbia istituto la contabilità separata richiesta dal citato art. 19-ter del d.P.R. n. 633 del 1972.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentatati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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