Agenzia delle Entrate – Risposta n. 396 del 9 giugno 2021
Interpello – Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Fruizione del credito d’imposta attività e sviluppo (articolo 3, decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 – omessa indicazione nel quadro RU
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA] (di seguito istante) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante riferisce di aver effettuato «nell’anno 2015 investimenti in attività di ricerca e sviluppo, agevolabili ai sensi dell’art.3 del D.L. 145/2013 e del D.M. 27/05/2015.»
Il medesimo riferisce, altresì, che «non ha fruito alla data odierna del credito potenzialmente spettante per l’annualità in oggetto, non ha imputato il corrispondente componente positivo non tassabile nel bilancio d’esercizio dell’anno di competenza, non ha indicato l’ammontare del credito fruibile nel Modello Unico SC 2016 per i redditi del 2015 e non lo ha riportato nei Modelli Unici SC presentati per le annualità successive, l’ultimo dei quali quello per l’annualità fiscale 2019».
Tanto premesso, l’istante chiede come poter beneficiare del credito d’imposta non ancora fruito.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante «sussistendone requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla norma», vorrebbe «procedere nel seguente modo:
- Far certificare la documentazione contabile da cui emerge il credito spettante per gli investimenti agevolabili sostenuti nell’anno 2015 da un revisore legale dei conti di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39, ai sensi del comma 11 dell’art.3 del D.L. 145/2013 imputando il componente positivo di reddito al bilancio da approvarsi alla data del 31 dicembre 2020 come sopravvenienza attiva (ricavo di competenza di esercizi precedenti);
- Presentare il Modello Unico SC 2016 per l’annualità 2015 (compilando il quadro RU) entro il termine del 28 febbraio 2022 (nuovo termine previsto dall’articolo 157 del DI 34/2020 – convertito, con modifiche, dalla legge 77/2020) termine ultimo per la notifica degli avvisi di accertamento per l’annualità 2015 da valere anche quale termine per la presentazione della dichiarazione integrativa del periodo ai sensi del parere esposto dall’Agenzia, richiamando l’articolo 13 del Dlgs 472/1997, nel corso del Videoforum organizzato da Italia Oggi in data 14 gennaio 2021;
- Riportare il credito emergente nel quadro RU dei Modelli Unici SC di capitali per le annualità successive, presentando le relative dichiarazioni integrative, sino ad utilizzo compiuto dello stesso».
A suo avviso, infatti, «il credito d’imposta in esame, in relazione ai costi ammissibili sostenuti nell’annualità 2015, compete […] indipendentemente dall’esposizione dello stesso nel Modello Unico SC relativo al periodo d’imposta di sostenimento delle spese agevolabili […]».
In subordine, laddove non fosse accolta la soluzione di ritenere integrabile la dichiarazione Unico SC 2016 relativa al periodo d’imposta 2015, perché ormai spirati i termini al 31 dicembre 2020, allora non potrebbe essere sanzionata la mancata esposizione del credito d’imposta nel quadro RU del Modello Unico SC 2016, stante il decorso dei termini per l’esperimento dell’azione accertatrice.
Tuttavia, secondo l’istante, il credito d’imposta non sarebbe perduto, essendo ancora integrabili le dichiarazioni relative ai periodi d’imposta 2016-2017-2018-2019 per riportare detto credito maturato nel 2015 e non ancora utilizzato. L’integrazione delle dichiarazioni sarebbe accompagnata dal versamento della sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 471, mediante ravvedimento operoso (ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472).
Il credito d’imposta, esposto nelle dichiarazioni integrative e certificato da un revisore legale dei conti, potrebbe, conseguentemente, essere utilizzato in compensazione.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Si premette che esula dalle competenze della scrivente, in risposta all’istanza in oggetto, ogni valutazione in merito all’effettiva esistenza del credito cui fa riferimento l’istante e alla spettanza dello stesso, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Con riferimento, invece, ai chiarimenti interpretativi richiesti, si forniscono le seguenti indicazioni.
L’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (che ha sostituito integralmente l’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), prevede l’attribuzione di un credito d’imposta a favore di tutte le imprese – indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato – che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Con la legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) la durata dell’agevolazione è stata estesa fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e poi, nuovamente, anticipata al 31 dicembre 2019 dalla legge di bilancio del 2020 (articolo 1, comma 209 della legge 27 dicembre 2019, n. 160).
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 27 maggio 2015 (di seguito decreto attuativo), di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al funzionamento del credito d’imposta in argomento. In particolare, l’articolo 6 del decreto attuativo (come anche il comma 8, dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013) stabilisce che il credito «deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi di cui all’art. 4» (comma 1) e che «è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi di cui all’art. 4 sono stati sostenuti» (comma 3).
Ciò premesso, con la circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, al paragrafo 4.9.1, è stato chiarito che «Per quanto concerne gli obblighi dichiarativi – che si ricorda consistere, […], nell’indicazione del credito di imposta nel quadro RU del modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolati, nonché nel quadro RU dei modelli di dichiarazione relativi ai periodi di imposta successivi, fino a quello nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo – si osserva che né l’articolo 3 né il decreto attuativo prevedono l’indicazione in dichiarazione a pena di decadenza dal diritto all’agevolazione. […]. Ancorché l’inosservanza dell’adempimento non pregiudichi il diritto alla spettanza dell’agevolazione e la relativa fruizione, al fine di non vanificare la previsione normativa circa l’obbligo di indicazione in dichiarazione del credito di imposta, si precisa che la mancata esposizione nel quadro RU dei relativi dati va sanata mediante la presentazione da parte dell’impresa beneficiaria di una dichiarazione integrativa».
Inoltre, con il medesimo documento di prassi è stato chiarito «che l’omessa indicazione del credito di imposta nel quadro RU dei modelli di dichiarazione costituisce una violazione di natura meramente formale alla quale si rende applicabile la sanzione prevista per le ‘violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni’ di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 471 (da 250 euro a 2.000 euro), con possibilità di avvalersi, ai fini sanzionatori, del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472».
Nei successivi paragrafi 4.9.2 e 4.9.3 è stato precisato che, «la disciplina agevolativa non subordina il diritto alla spettanza del credito di imposta, né la sua concreta fruizione, alla rilevazione in bilancio del relativo provento» richiedendo, invece, «la predisposizione di “apposita documentazione contabile” che deve essere “certificata” da un revisore o di una società di revisione legale dei conti iscritti nel registro dei revisori legali. […] la documentazione contabile certificata deve essere conservata ed esibita unitamente al bilancio e che la medesima documentazione va certificata entro la data di approvazione del bilancio ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti ammissibili».
Tanto premesso, con riferimento alla soluzione proposta in via principale, si evidenzia che, con la risposta ad interpello n. 620, pubblicata il 24 dicembre 2020 n e l l ‘ a p p o s i t a s e z i o n e d e l s i t o d e l l a s c r i v e n t e ( www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli- interpelli/interpelli), è stato chiarito che, nonostante l’emergenza epidemiologica del 2020, il legislatore non ha differito il termine di scadenza per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore per il periodo d’imposta 2015, che resta fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della stessa.
In particolare, è stato chiarito che la proroga disposta dall’articolo 157, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (come da ultimo sostituito dall’articolo 22-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21), secondo cui «gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, (…), scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, […]», non si applica con riferimento ai termini di presentazione di una dichiarazione integrativa a favore.
La proroga dei termini per effettuare il ravvedimento operoso delle sanzioni ex articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, cui si è fatto riferimento nelle risposte rese nel corso del Videoforum organizzato da Italia Oggi in data 14 gennaio 2021, si riferisce, infatti, alla sola ipotesi di una violazione già constatata dall’amministrazione e che il contribuente può sanare, mediante presentazione della dichiarazione integrativa a sfavore e il pagamento della sanzione in misura ridotta, nel più ampio termine parimenti concesso all’amministrazione per contestare la medesima violazione. La proroga, invece, non si estende ad eventuali violazioni non constatate nei termini di decadenza dall’amministrazione, né ad eventuali integrazioni a favore, volte al riconoscimento di diritti ormai prescritti.
Resta, dunque, confermata la decadenza dei termini per integrare a favore il periodo d’imposta 2015, con la conseguenza che non è condivisibile la soluzione prospettata dal contribuente in via principale.
Quanto, invece, alla soluzione in subordine, come già anticipato, né l’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, né il decreto attuativo prevedono l’indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione annuale a pena di decadenza dal diritto all’agevolazione. Dal suddetto adempimento, quindi, non dipende né il momento in cui sorge il diritto al credito d’imposta, né quello a partire dal quale è possibile la sua fruizione, stante l’automaticità del riconoscimento del credito stesso a seguito dell’effettuazione delle spese agevolate e dell’avvenuta predisposizione della apposita documentazione contabile a supporto richiesta dalla normativa.
Pertanto, si ritiene che la mancata indicazione nel quadro RU del modello dichiarativo relativo al periodo d’imposta nel corso del quale lo stesso è maturato (2015) ed in quelli successivi (fino all’anno nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo), non sia in sé di ostacolo alla spettanza dell’agevolazione.
Tuttavia, come già chiarito dalla circolare n. 13/E del 2017, al fine di non vanificare la previsione normativa che dispone l’obbligo di indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione annuale, l’istante dovrà presentare una dichiarazione integrativa per ciascun periodo d’imposta ancora integrabile, al fine di indicare nel quadro RU l’importo del credito spettante (maturato nel 2015), e versare, per ciascuna annualità, la sanzione di cui all’articolo 8 del d.lgs. n. 471 del 1997 tramite ravvedimento. Dovrà, inoltre, predisporre l’apposita documentazione contabile certificata da un revisore o di una società di revisione legale dei conti iscritti nel registro dei revisori legali.
Infine, come recentemente ricordato con la circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020, qualora a seguito dell’attività di controllo «sia accertato che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta ricerca e sviluppo si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito «inesistente» per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo ed il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, non rilevando ai fini della violazione sopra richiamata la mera esposizione del credito in dichiarazione annuale».
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