La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14047 depositata il 5 aprile 2024, intervenendo in tema di sequestro preventivo a seguito degli illeciti di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, ha riaffermato il principio di diritto secondo cui “… il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, deve contenere la concisa motivazione anche del pericufum in mora, da rapportare rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (tra le tante Sez.6, n. 32582 del 5/7/2022, Rv. 283619; Sez. 6, n. 20649 del 15/2/2023, Rv. 284757; Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep.2023, Beni, Rv. 284313; Sez.6, n. 826 del 29/11/2022, Martorano, Rv. 284145; Sez. 3, n. 46245 del 18/10/2022, Marchetti, Rv. 283836; Sez.6, n. 32582 del 5/7/2022, Guarrera, Rv. 283619).
Si tratta di una conclusione fondata sui principi affermati da Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848, secondo cui «Nessun utile parametro può infatti essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria (per la quale, secondo l’indirizzo ricordato, nessun obbligo motivazionale si porrebbe) o, invece, come facoltativa (per la quale sola, invece, il giudice sarebbe tenuto a motivare): e ciò non solo perché una tale distinzione appare riposare semplicemente sulla scelta normativa di qualificare in un senso o nell’altro le predette misure non in base alle loro caratteristiche, spesso coincidenti, in ambedue le ipotesi, nei presupposti e nella funzione, bensì in ragione della tipologia di reato cui collegare le stesse, ma soprattutto perché, appunto, non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dalla anticipata apprensione di un bene che, ove il giudizio si definisse favorevolmente, non potrebbe essere confiscato, in tale valutazione ben potendo rientrare anche cose definite dal legislatore come obbligatoriamente confiscabili». ..”
I giudici di legittimità hanno annullato l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale.
Per i giudici di piazza Cavour “… Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca assume una funzione essenzialmente conservativa, tant’è che la stessa sentenza “Ellade” ha espressamente affermato che la ratio della misura cautelare in esame si pone in evidente parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. che, analogamente, e con riferimento alla necessità di garantire l’effettività delle statuizioni relative al “pagamento della pena pecuniaria”, presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono.
Quanto detto, tuttavia, non consente di estendere tout court al sequestro preventivo i medesimi presupposti applicativi elaborati con riferimento al sequestro conservativo, in relazione al quale la giurisprudenza ha chiarito che per ritenere sussistenti le esigenze cautelari è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito Rv.261118). Tale affermazione, infatti, si giustifica a fronte della previsione normativa contenuta all’art. 316 cod. proc. pen. che contempla, quali presupposto per l’apposizione del vincolo, l’alternativa sussistenza del requisito della mancanza delle garanzie o del rischio della loro dispersione.
I suddetti requisiti, nonostante l’accertata similitudine di funzione riconosciuta tra il sequestro preventivo finalizzato alla confisca e quello conservativo, non sono richiamati nell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e nell’art. 53, d.lgs. n.231 del 2001, in relazione ai quali, pertanto, deve ritenersi che la misura cautelare non possa essere applicata a fronte della mera sproporzione tra il profitto confiscabile e il patrimonio dell’ente, occorrendo in ogni caso – a differenza di quanto avviene nel caso del sequestro conservativo – un quid pluris che giustifichi l’effetto ablativo anticipato rispetto alla condanna che disponga la confisca.
Con una recente pronuncia, questa Corte ha già avuto modo di affermare tale principio, chiarendo che in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, è illegittimo il provvedimento di applicazione della misura che non contenga una, sia pur concisa, motivazione circa la ritenuta sussistenza del periculum in mora, anche nel caso in cui il patrimonio del soggetto passibile di ablazione sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare, non coincidendo il suo presupposto applicativo con quello della mancanza/insufficienza della garanzia patrimoniale, previsto per il sequestro conservativo (Sez.3, n.31025 del 6/4/2023, Benzoni, Rv285042; si veda anche Sez.3, n. 44874 dell’ll/10/22, Fricano, Rv. 283769). …”
In particolare per il Supremo consesso il giudice del rinvio “… dovrà stabilire l’entità della confisca e valutarla in correlazione al patrimonio della società, valutandone sinteticamente la consistenza e composizione, al fine di stabilire se, tenendo conto della tipologia dei beni, della destinazione o meno all’attività produttiva ed alla continuità della stessa, nonché all’agevole monetizzazione dei beni, diversi dal denaro, suscettibili di confisca, sussista un effettivo periculum in mora, essenzialmente in relazione alla possibilità di sottrazione dei beni in vista della futura confisca. In buona sostanza, si richiede una valutazione del periculum che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti ai fini di stabilire il rischio di impossibilità di procedere alla confisca, all’esito del giudizio, in assenza di un’apprensione cautelare dei beni.
A tal riguardo, il mero dato della sproporzione tra l’entità del profitto confiscabile e il patrimonio dell’ente destinatario del sequestro non è un elemento di per sé dirimente e tale da non richiedere alcuna ulteriore valutazione, dovendosi pur sempre verificare la ricorrenza del periculum tenendo conto dello stato patrimoniale (presenza di beni immobili, beni produttivi, capacità di produrre reddito, liquidità agevolmente distraibile), nonché di indici dai quali desumere il rischio concreto di condotte elusive e di occultamento, dissipazione o deterioramento dei beni.
Nel compiere tale verifica, il giudice del rinvio dovrà altresì considerare che in tema di impugnazioni cautelari reali, non è consentito al tribunale del riesame integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di periculum in mora, nel caso in cui essa sia del tutto mancante, in quanto tale carenza è causa di radicale nullità del provvedimento ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen. (Sez.3, n. 3038 del 14/11/2023, dep.2024, Emme Ci Tex s.r.l., Rv. 285747). …”