La Corte di Cassazione con la sentenza n. 47912 depositata il 1° dicembre 2023, intervenendo in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “… in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, è illegittimo il provvedimento di applicazione della misura che non contenga una, sia pur concisa, motivazione circa la ritenuta sussistenza del “periculum in mora”, anche nel caso in cui il patrimonio del soggetto passibile di ablazione sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare, non coincidendo il suo presupposto applicativo con quello della mancanza/insufficienza della garanzia patrimoniale, previsto per il sequestro conservativo (tra le altre, Sez. 3, n. 31025 del 6/4/2023, Benzoni, Rv. 285042). In particolare, e in adesione a Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, è stata innanzitutto ribadita la necessità che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca contenga anche la concisa motivazione del “periculum in mora”, da rapportare – nel rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con sentenza, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca. Ancora sullo stesso solco, è stata poi ribadita la necessità che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato. Una esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della cautela, volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero risultare vanificati. …”
La vicenda ha riguardato un imputato accusato dei reati di cui all’art. 10-bis, d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Il Giudice delle indagini preliminari emetteva, nei suoi confronti, emetteva un decreto di sequestro preventivo. Avverso tale provvedimento l’imputato ricorre al Tribunale del riesame che con ordinanza confermava il provvedimento impugnato. L’imputato impugna l’ordinanza con ricorso in cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio. In particolare il Supremo consesso evidenzia che “… se è vero che, quando si tratta di denaro, la maggiore o minore solidità patrimoniale del soggetto destinatario della misura è elemento da tenere in debita considerazione nel giudizio in esame, non può farsene tuttavia derivare alcun automatismo, né in un senso, né nell’altro, ciò che – soprattutto nella prospettiva affermata dal provvedimento qui impugnato – equivarrebbe a vanificare l’obbligo di motivazione che le Sezioni unite hanno inteso rafforzare. Se appare logicamente predicabile – anche qui, senza che se ne possa però trarre una regola assoluta – che la consistenza e solidità del patrimonio del soggetto passibile di confisca ragionevolmente riduce il pericolo di dispersione dei beni e valori confiscabili (si pensi a patrimoni e/o redditi in misura largamente superiore all’importo assoggettabile ad ablazione), non si può invece ritenere che, a fronte della titolarità di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confisca, il periculum in mora sia per ciò solo esistente, così da esonerare il giudice della cautela dall’obbligo di rendere la necessaria motivazione. Affermare questa conclusione significherebbe equiparare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro – e, in particolare, alla confisca per equivalente del profitto del reato – al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, in alternativa al pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale esistente al momento dell’adozione della misura, considera anche quello fondato sulla mera mancanza/insufficienza di detta garanzia, in tal caso non occorrendo, secondo la communis opinio, giustificata dalla lettera della legge (cfr. Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito, Rv. 261118; Sez. 2, n. 51576 del 04/12/2019, Cavacece, Rv. 277813), che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore. Il sequestro conservativo, tuttavia, va disposto sulla base di un giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione delle garanzie patrimoniali del debitore, essendo irrilevante che le stesse possano essere disperse per effetto dell’attività di quest’ultimo o per ragioni indipendenti dalla sua condotta e dovendo essere valutate in senso negativo anche le operazioni che rendano semplicemente più difficile il recupero del credito (così, Sez. 4, n. 39524 del 21/06/2016, Tassielli, Rv. 268873). …”
La sentenza in commento conclude affermando che “… Il giudice chiamato ad applicare l’art. 321, comma 2, o comma 2-bis, cod. proc. pen. dovrà invece fondare il periculum, dandone adeguata motivazione, sulla valutazione prognostica concernente gli eventi suscettibili di verificarsi medio tempore e tali da poter pregiudicare l’esecuzione della confisca sul patrimonio di cui l’autore del reato dispone, quale che esso sia. …”
Pertanto per le misure cautelare finalizzata alla confisca per equivalente del profitto del reato al fine di sequestrare una somma di denaro non è sufficiente la circostanza che farli sparire è più semplice rispetto agli immobili ed in tale circostanza il giudice deve è tenuto non soltanto a spiegare perché non si può aspettare la fine del giudizio, laddove la confisca diverrebbe altrimenti impraticabile, ma deve farlo a seconda delle caratteristiche del bene sul quale va imposto il vincolo della misura cautelare (Corte di cassazione penale, sez. terza, sentenza n. 41602 del 13/10/2023).
Nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta sul profitto del reato tributario la società proprietaria del bene sottoposto a vincolo può dedurre in sede di riesame questioni relative non solo sul fumus del reato ma anche rispetto all’esigenza di anticipare gli effetti della confisca. Il terzo interessato che impugna la decisione ha facoltà di sviluppare osservazioni su entrambi i profili nella misura in cui risulta funzionale a dimostrare la propria buona fede e la piena estraneità al reato (Corte di cassazione penale, sez. terza, sentenza n. 48824, del 7/12/2023).