Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 1272 depositata il 12 gennaio 2024
sequestro per equivalente – necessità di dimostrare l’esistenza del nesso di pertinenzialità tra il reato e il bene da sequestrare
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 22/06/2023 il Tribunale del riesame di Parma rigettava il riesame proposto da B.L., in qualità di terza proprietaria, avverso il provvedimento del GIP di Parma del 28/03/2023 di sequestro per equivalente della autovettura Opel Mokka tg. XXXXXXX.
2. Avverso l’ordinanza l’imputato ha presentato, tramite il proprio difensore di fiducia, ricorso per Cassazione, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato per i seguenti motivi.
2.1. Col primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge in relazione al combinato disposto degli artt. 324, commi 3 e 7, 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen..
Evidenzia il ricorrente come il ricorrente avesse proposto riesame in data 28 aprile 2023 e che gli atti sono pervenuti al Tribunale del riesame solo in data 16 giugno 2023.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e assenza di motivazione in riferimento agli articoli 321 comma 2, cod. pen., 12-bis, comma 1, d. lgs. 74/2000; manca in particolare sia la motivazione che il bene sequestrato costituisca prezzo o profitto del reato, sia quella in ordine alla esistenza del periculum in mora, anche con riferimento al principio di proporzionalità, soprattutto nel caso di aggressione di beni appartenenti a terzi;
2.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione di leg9e e segnatamente degli articoli 240 cod, pen. e 12-bis, comma 1, d. lgs. 74/2000; carenza assoluta di motivazione in relazione alla espressa doglianza fatta valere in sede di riesame, in riferimento alla deduzione secondo cui l’articolo 12-bis d. lgs. 74/2000 non consente la confisca di beni appartenenti a persona estranea al reato;
2.4. Con il quarto motivo, lamenta mancanza di motivazione in riferimento alla censura proposta con il riesame al provvedimento di sequestro, nella parte in cui affermava essere il bene nella piena disponibilità della ricorrente, laddove a tale vettura non si fa alcun riferimento nel decreto genetico, definito «enciclopedico».
3. In data 13/12/2023, l’Avv. R.C. del Foro di Lucca depositava, per l’imputato, memoria, in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Evidenziava, in riferimento al primo motivo, che l’art. 324 cpp, richiamato dalla Procura generale nelle sue conclusioni, contiene un espresso rinvio all’applicazione del co.5 dell’art. 309 cpp, laddove esso, al co. 7 prescrive con chiarezza che «si applicano le disposizioni dell’art. 309 commi 9, 9 bis e 10», il quale ultimo prescrive che «se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al co.5…. l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia».
Inoltre, nel caso di specie non esiste alcuna “trasmissione frazionata degli atti” – citata dalla Procura generale – e meno che mai una valutazione del Tribunale che abbia ritenuto “completa l’acquisizione degli atti” stessi, avendo lo stesso Tribunale del riesame chiarito che gli atti sono (tutti) pervenuto il 16 giugno 2023.
Quanto al terzo motivo, evidenziava che analisi più attenta della documentazione bancaria già prodotta avrebbe evidenziato al Tribunale del Riesame che nel 2023 dal conto della B.L. è uscita mensilmente sia la somma di circa ( 1.800,00-2.000,00 per il noleggio di una autovettura in car sharing con società gestita dal Comune di Parma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
Il Collegio tratterà nell’ordine, per una corretta consecutio dal punto cli vista logico, dapprima il primo motivo di ricorso, quindi il terzo ed il quarto, afferendo gli stessi ad elementi relativi alla qualifica da attribuire al bene gravato da vincolo reale e alla natura del sequestro operato, riservando per ultima la trattazione del secondo motivo, relativo al periculum in mora.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
L’articolo 309, comma 10, cod. proc. pen., stabilisce che «se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia».
Tale disposizione è espressamente richiamata dall’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in tema di misure cautelari reali.
In proposito, questa Corte (Sez. 3, n. 41778 del 01/10/2021, Cucchetti, Rv. 282631 – 01), ha stabilito che in tema di riesame di misure cautelari reali, l’inosservanza del termine perentorio di dieci giorni per la decisione, decorrente dalla data della ricezione degli atti, cui consegue l’inefficacia della misura, è deducibile con ricorso per cassazione ex art. 324 cod. proc. pen., in quanto integra un «errar in procedendo» del giudizio di impugnazione.
Tale termine è perentorio e non prorogabile, con conseguente inefficacia della misura in caso di inosservanza (Sez. 2, n. 53674 del 10/12/2014, Gelino, Rv. 261856; Sez. 3, n. 26593 del 19/05/2009, Vainella, Rv. 244331; Sez. 3, n. 42963 del 04/10/2007, Mastrodicasa, Rv. 238099).
Esso, tuttavia, decorre dal giorno della ricezione degli atti processuali e non dalla ricezione dell’istanza di riesame (ex plurimis, Sez. U, n. 38670 ciel 21/07/2016, Culasso, Rv. 267593).
Nel caso di specie, la richiesta di riesame è stata depositata, con riserva di motivi, in data 28/04/2023, gli atti sono stati richiesti al locale Ufficio di Procura in data 29/04/2023 e sono stati trasmessi in data 16/06/2023, come da nota di trasmissione in atti e come correttamente richiamato nel provvedimento impugnato.
L’udienza si è tenuta in data 22/06/2023 e il provvedimento è stato depositato il giorno successivo.
Nessuna violazione del termine di cui all’articolo 309, comma 10, cod. proc. pen. è quindi ravvisabile e il motivo, che non si confronta con la sedimentata giurisprudenza della Corte, è manifestamente infondato.
3. Il terzo e il quarto motivo, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Il Collegio evidenzia come, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/?004, Bevilacqua, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, Toninelli, Rv. 283916).
Ciò determina l’automatica inammissibilità di tutti quei profili di censura in cui, sotto l’ombrello della violazione di legge e della carenza di motivazione (che astrattamente consentirebbero il ricorso per cassazione), in realtà si lamenta una «insufficienza» di motivazione.
A pagg. 2-3 dell’ordinanza impugnata è contenuta una motivazione in ordine alla riconducibilità alla «disponibilità» del Campanari dell’autovettura, inferita dalla assenza di disponibilità economiche in capo alla odierna ricorrente e dal rinvenimento di documentazione riconducibile al predetto Campanari all’interno dell’autovettura (in tal mo1jo integrando il decreto genetico impositivo della misura), circostanza che consente l’apprensione del bene.
I motivi di ricorso, pertanto, sono di fatto rivolti a contestare la (esistente e non meramente apparente) motivazione offerta dal Tribunale, risultando pertanto inammissibili.
Quanto alla memoria depositata dalla difesa, l’inammissibilità del terzo motivo fà sì che il Collegio non consideri neppure i documenti ivi allegati, in riferimento ai quali non è neppure chiaro se essi fossero stati o meno offerti in visione e valutazione al Tribunale del riesame.
4. Il secondo motivo invece è, sia pure solo parzialmente, fondato.
5. La prima censura, relativa alla mancanza di motivazione in ordine al fatto che il bene costituisca il prezzo o il profitto dei reati contestati, è infondata.
Ed infatti, a pag. 1 dell’ordinanza impugnata si evidenzia che il sequestro era stato disposto in via diretta «o per equivalente», mentre a pag. 3 si evince (giusta la giurisprudenza richiamata) che il sequestro della vettura è stato effettuato «per equivalente», e non in via diretta (circostanza del resto impossibile visto che oggetto del provvedimento originario di sequestro era una somma di denaro e non il bene appreso).
Ciò esclude, per costante giurisprudenza, la necessità di dimostrare l’esistenza del nesso di pertinenzialità tra il reato e il bene da sequestrare (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263408 – 01; Sez. 3, n. 1261 del 25/09/2012, Marseglia, Rv. 25417S – 01; Sez. 3, n. 7081 del 24/01/2012, Cerato, Rv. 252103 – 01).
Parimenti, del tutto coerente con la natura del sequestro operato (trattasi di bene appreso per equivalente a seguito di infruttuoso tentativo di sequestro in via diretta di una somma di denaro) appare la circostanza che di detta vettura nulla venga detto nel provvedimento genetico della misura, come dedotto dalla ricorrente.
Tale deduzione difensiva appare quindi manifestamente infondata.
6. La seconda parte della censura, laddove si contesta l’assenza di motivazione in ordine al periculum in mora, è, invece, fondata.
E’ principio costante nella giurisprudenza della Corte (Sez. 4, n. 2331 del 16/12/2022 dep. 2023, Dotolo, Rv. 284088 – 01 ; Sez. 1, n. 3769 del 21/10/2015, dep. 2016, Lomonaco, Rv. 266003 – 01), quello secondo cui il riesame di una misura cautelare personale è un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo.
Tale «effetto devolutivo» deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti del sequestro ( «fumus commissi delicti» e, in quello preventivo, «periculum in mora»); pertanto, il tribunale può annullare o riformare in senso favorevole all’imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell’atto di impugnazione, così come può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione dell’ordinanza cautelare.
Questa Corte ha altresì precisato che, anche in caso di «rinuncia» al motivo (Sez. 2, n. 27865 del 14/05/2019, Sepe, Rv. 277016 – 02) ovvero qualora l’impugnazione sia limitata ad uno solo dei presupposti applicativi della misura (Sez. 6, n. 18853 del 15/03/2018, Puro, Rv. 273384 – 01), rispetto ai punti rinunciati o non oggetto di censura, sussiste un obbligo motivazionale «attenuato», ma non eliso.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi dianzi espressi, omettendo totalmente di motivare in riferimento al requisito del periculum in mora.
Sul punto, come noto, le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01), hanno affermato il principio, ribadito dal ricorrente, secondo cui il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del «periculum in mora», da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.
L’ordinanza impugnata, non avendo motivato in ordine alla «esigenza anticipatoria» del sequestro, va pertanto annullata, limitatamente al requisito del periculum in mora, con rinvio per nuovo esame al Tribunale del riesame di Parma.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla statuizione sul periculum in mora, con rinvio al Tribunale di Parma.
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