Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 41589 depositata il 13 ottobre 2023
sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta – sequestro delle somme sul c/c anche di quelle pervenute dopo l’esecuzione del sequestro
RITENUTO IN FATTO
1. La società «C. S.r.l. in liquidazione» ricorre, quale terza interessata, per l’annullamento dell’ordinanza del 20/12/2022 del Tribunale di Brescia che ha rigettato la richiesta di riesame del provvedimento del 20/07/2022 del GIP del medesimo Tribunale che, per quanto qui rileva, aveva decretato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, della somma di euro 9.108.749,20 costituente il profitto del reato di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, ascritto al suo legale rappresentante pro-tempore, ed in esecuzione del quale sono stati sequestrati i saldi dei conti correnti accesi dalla C. presso vari istituti di credito per il complessivo importo di euro 448.973,00.
1.1. Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, e 321, comma 2, cod. proc. pen.
Deduce, in estrema sintesi, che le somme accreditate sui conti correnti in epoca successiva all’esecuzione del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto (e dunque non presenti al momento dell’esecuzione) non possono essere sottoposte a sequestro, non potendo procedersi nei confronti dell’ente alla confisca per equivalente (tale sarebbe quella che riguarda le somme confluite sul conto dopo l’esecuzione del sequestro). Ed infatti, prosegue, se presupposto della confisca per equivalente è il mancato reperimento del profitto del reato appare evidente che la certificazione della polizia giudiziaria del mancato rinvenimento di tale profitto nella sua interezza al momento dell’esecuzione del provvedimento finalizzato alla sua ablazione segna il momento superato il quale le somme confluite su un conto ormai azzerato non possono essere considerate profitto siccome sganciate del tutto dal reato, sia dal punto di vista cronologico che da quello logico.
Nel caso di specie, prosegue, le somme accreditate sui conti correnti dopo il 07/09/2022 (giorno di esecuzione del sequestro) non possono essere considerate “profitto” essendosi verificata la situazione di “novazione oggettiva” che, secondo Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, e Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, segna il momento in cui la persona non dispone più di denaro e che costituisce lo spartiacque tra la confisca diretta e quella per equivalente.
Aggiunge, quale ulteriore argomento, che la certezza della non derivazione dal reato delle somme confluite sul conto corrente deriva anche dalla sottoposizione della società alla procedura di liquidazione straordinaria, fatto – quest’ultimo – sovrapponibile al fenomeno del cd. “blocco” del conto disposto a seguito di sequestro.
1.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di mancanza di motivazione (o comunque di motivazione apparente) non avendo il tribunale affrontato la specifica questione relativa alla natura del sequestro delle somme confluite sui conti correnti dopo l’esecuzione del sequestro, questione diversa da quella relativa alla assimilazione dei concetti di “accrescimento patrimoniale” e “risparmio di spesa” sulla quale il Tribunale si è intrattenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. I due motivi, comuni per l’oggetto, possono essere esaminati congiuntamente.
2.1. Nell’ambito di un’indagine iscritta a carico di più persone per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati in materia tributaria (e relativi reati-fine), associazione operante nel settore del commercio di metalli ferrosi e non ferrosi, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia aveva adottato misure cautelari personali e reali e, tra queste ultime, aveva decretato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, del profitto ottenuto dalla società «C. S.r.l.» in conseguenza della consumazione, da parte del suo legale rappresentante pro-tempore, sig. P.M., del reato di cui all’art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000 (di cui al capo 24 della rubrica), profitto quantificato nella misura di euro 9.108.749,20 corrispondente all’imposta evasa.
2.2. In sede di esecuzione del decreto, la polizia giudiziaria aveva sequestrato i saldi attivi dei conti correnti intestati alla società per l’importo complessivo di euro 444.093,00. Quest’ultima aveva dedotto, con l’istanza di riesame, che, in realtà, gran parte della somma in questione era confluita sui conti societari in epoca successiva al 07/09/2022, data di materiale esecuzione del provvedimento cautelare. In particolare, aveva rappresentato che dopo l’accesso della polizia giudiziaria del 07/09/2022, e il conseguente blocco dei conti, nelle more della materiale verbalizzazione del sequestro (26-27 ottobre 2022) gli istituti di credito avevano segnalato alla Guardia di Finanza l’accredito di ulteriori somme per prestazioni precedentemente rese per un importo pari ad euro 448.973,00, somma della quale la società aveva chiesto la restituzione perché non nella sua disponibilità alla data del 07/09/2022.
2.3. Nel disattendere la richiesta, il Tribunale del riesame ha dichiaratamente fatto applicazione dei principi affermati da Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, e Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., secondo cui, qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (così, Sez. U, Lucci, Rv. 264437 – 01; Sez. U, C., aveva ribadito il principio affermando che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione). Il tribunale ha poi richiamato Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, L’Angolana S.r.l., che ha precisato che la confisca, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ha sempre natura di confisca diretta in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte.
2.4. La ricorrente se ne duole osservando che non intendeva rimettere in discussione i principi affermati dalle Sezioni Unite citate; oggetto di devoluzione non era la questione relativa alla qualifica come profitto delle somme di danaro conseguite dopo la consumazione del reato, bensì la possibilità di ritenere come finalizzato alla confisca diretta il sequestro di somme non presenti sui conti societari al momento del blocco dei conti stessi, somme delle quali, dunque, la società non aveva evidentemente la disponibilità al momento del sequestro, con efficacia preclusiva del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto.
3. II rilievo è, come detto, infondato.
3.1. La specifica questione devoluta è già stata esaminata e risolta dalla citata Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, L’Angolana, Rv. 283714 – 02, secondo cui, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ove l’esecuzione avvenga su danaro giacente presso una banca, è legittima l’apprensione, fino all’importo indicato nella statuizione giudiziaria, anche delle somme accreditate successivamente alla sua notifica e dopo che la banca abbia reso la prima dichiarazione in ordine alle giacenze ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ., non ostandovi la disciplina relativa alle formalità di esecuzione della misura, giacché le disposizioni del codice di procedura civile, richiamate dall’art. 104 disp. att. cod. proc. pen. in quanto compatibili, non impediscono al terzo di rendere più dichiarazioni, pur in assenza di nuove notifiche del provvedimento impositivo.
3.2. II Collegio intende dare continuità al predetto principio.
3.3. Posto che, come detto, la ricorrente non intende mettere in discussione i principi affermati dalle Sezioni Unite sopra indicate, non si vede in che modo (né perché) le somme confluite sui conti correnti della società dopo la consumazione del reato possano essere considerate o meno profitto a seconda del momento nel quale viene materialmente eseguito il sequestro. Il sequestro non priva la società della disponibilità del profitto, ma del denaro presente in quel preciso momento sui conti correnti; non sempre, né necessariamente i due termini si equivalgono poiché il denaro è un bene (fungibile), il profitto è una aggettivazione che qualifica il bene stesso. Se, per fare un esempio, successivamente alla materiale esecuzione del sequestro dei conti bancari la polizia giudiziaria scoprisse l’esistenza di una cassetta di sicurezza contenente, in tesi, titoli acquistati con le somme che erano inizialmente destinate al pagamento dell’imposta evasa, tali titoli costituirebbero senz’altro profitto del reato, non ostando a tale qualifica il pregresso sequestro dei conti. Allo stesso modo, l’incasso postumo di crediti preesistenti all’esecuzione del sequestro non si vede come possa incidere sulla qualifica, come profitto, delle somme pagate a tale titolo posto che, come detto, il sequestro non priva la società della disponibilità dei crediti verso terzi. E’ piuttosto vero che il sequestro preventivo, al pari del pignoramento, priva i debitori della libera disponibilità delle somme che devono essere pagate al creditore e dunque sequestrate (art. 104, comma 1, lett. a, disp. att. c.p.p.).
3.4. Si aggiunga che, in caso di condanna per uno dei delitti previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, il giudice deve sempre ordinare la confisca del profitto ai sensi dell’art. 12-bis, ancorché non preceduta dal sequestro preventivo del profitto stesso, non costituendo l’adozione del sequestro (o la sua fruttuosa esecuzione) condizione di legittimità della confisca. Sicché sarebbe illogico da un lato ritenere legittima la confisca (diretta) del profitto nella sua interezza anche in assenza di precedente sequestro (con conseguente legittimità della ablazione definitiva delle somme di denaro rinvenute sui conti correnti intestati alla società al momento dell’esecuzione della confisca stessa), dall’altro ritenere illegittimo il sequestro delle somme confluite sui conti correnti dopo la materiale esecuzione del sequestro stesso e prima della data di irrevocabilità della condanna e della confisca.
3.5. In questo senso la tesi difensiva è anche intrinsecamente contraddittoria perché delle due l’una: o le somme di danaro costituiscono sempre profitto del reato, a prescindere dal nesso di derivazione causale dal reato stesso, oppure no. Poiché la ricorrente non intende dichiaratamente (ri)mettere in discussione i principi affermati dalle citate Sezioni Unite Lucci e C., non si comprende a che titolo la materiale esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto influisca sulla qualificazione come “profitto” delle somme di danaro comunque incassate (o destinate ad essere incassate) successivamente alla esecuzione stessa, escludendola. Così ragionando si attribuisce, di fatto, al sequestro preventivo la funzione privilegiata di qualificare come profitto del reato solo ciò che preesiste alla sua esecuzione, così rimettendo in discussione proprio i principi affermati dalle Sezioni Unite, cui pure si intende dare formale ossequio, e sovrapponendo due piani (quello processuale: il sequestro, e quello sostanziale: il profitto) che non sempre coincidono: la qualifica di profitto del reato preesiste al sequestro (ed alla confisca), non deriva dalla data di esecuzione di quest’ultimo.
3.6. In conclusione: le somme di danaro confluite sul conto corrente bancario dopo la materiale esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato, poiché ( e nella misura in cui) costituiscono anch’esse profitto, sono sequestrabili ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, e 321, comma 2, cod. proc. pen., non rilevando la circostanza ( del tutto accidentale) che siano state corrisposte ( o siano entrate nella disponibilità dell’avente diritto) dopo la materiale esecuzione del sequestro.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.