Le libere professioniste psicologhe, iscritte all’ENPAP, con rapporto di lavoro autonomo, coordinato e continuativo, in regime di convenzione con il S.S.N. hanno diritto, inoltrando specifica domanda all’Ente di categoria, alla integrazione dell’indennità di maternità di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 151/2001, nella misura in cui i relativi periodi non siano coperti ai sensi dell’Accordo Collettivo Nazionale. È quanto chiarito dal Ministero del lavoro con il recente interpello del 4 luglio 2013, n. 22.
Il dubbio avanzato dall’Associazione Unitaria Psicologi Italiani (AUPI) concerne la corretta interpretazione degli artt. 70 e 71, D.Lgs. n. 151/2001, nell’ipotesi di lavoratrice madre che esercita la libera professione di psicologa senza vincolo di subordinazione. In particolare, detta Associazione chiede se la lavoratrice medesima – obbligatoriamente iscritta all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Psicologi (ENPAP) – abbia o meno diritto alla corresponsione dell’indennità di maternità per il periodo di 5 mesi ai sensi delle disposizioni normative citate, anche nel caso in cui la stessa espleti parte dell’attività libero professionale in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
Ebbene, nel rispondere al quesito posto, il Ministero del lavoro precisa, in primo luogo, che, secondo il citato art. 70, le libere professioniste, iscritte ad un Ente che gestisce forme di previdenza obbligatoria – tra cui è annoverato anche l’ENPAP – hanno diritto “per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa” al riconoscimento di una indennità di maternità in misura pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito professionale da lavoro autonomo, percepito e denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente a quello dell’evento.
Lo stesso Ministero sottolinea – inoltre – che, ai sensi del successivo art. 71, l’indennità in argomento viene corrisposta dal competente Ente di previdenza, indipendentemente dall’effettiva astensione dall’attività, a seguito di presentazione di apposita domanda corredata da dichiarazione attestante, ex D.P.R. n. 445/2000, l’inesistenza del diritto alle indennità di maternità. L’erogazione dell’indennità di maternità da parte dell’Ente previdenziale di categoria risulta, dunque, ammissibile solo nella misura in cui la medesima professionista non percepisca altra indennità di maternità in qualità di lavoratrice dipendente ovvero autonoma o come imprenditrice agricola e commerciante.
L’art. 4 del Regolamento per la corresponsione dell’indennità di maternità dell’ENPAP afferente alle ipotesi di “incumulabilità” precisa, peraltro, che “ove si svolga un lavoro part-time, l’Ente integra la prestazione percepita (…) sino alla concorrenza della misura minima prevista dall’ENPAP stesso”.
A tal proposito – rammenta il Ministero del lavoro – la contrattazione collettiva di settore aveva equiparato la tutela delle psicologhe ambulatoriali a tempo indeterminato a quella prevista nel settore pubblico contrattualizzato, prevedendo l’erogazione dell’intera retribuzione goduta in attività di servizio per tutti i periodi di astensione obbligatoria previsti per le lavoratrici dipendenti (cfr. art. 16, commi 4 e 5, all. 1, D.P.R. n. 446/2001 “Regolamento per l’esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i biologi, chimici e psicologi ambulatoriali”).
Nello specifico, l’art. 37, co. 4, dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni, medici veterinari ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali ai sensi dell’art. 48 della L. n. 833/1978 e dell’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 stabilisce che: “allo specialista ambulatoriale e al professionista a tempo indeterminato, che si assenta dal servizio per gravidanza o puerperio, o adozione di minore al di sotto del 6 anni, l’azienda mantiene l’incarico per 6 mesi continuativi e corrisponde l’intero trattamento economico goduto in attività di servizio, per un periodo massimo complessivo di 14 settimane. Nel caso di gravidanza a rischio, il periodo di assenza non è computato nei 6 mesi”.
Dal combinato disposto delle norme suindicate, deriva che il principio di incumulabilità può, comunque, trovare applicazione esclusivamente per il periodo delle 14 settimane già coperto da erogazione del trattamento di maternità, ma non in relazione al restante periodo, non pagato fino al raggiungimento dei 5 mesi previsti ex lege. Tale principio trova, pertanto, applicazione anche con riferimento all’ipotesi in cui la lavoratrice espleti parte dell’attività libero professionale in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale svolgendo il rapporto di lavoro con modalità autonoma coordinata e continuativa nell’ambito di Aziende Sanitarie o Strutture Militari (D.P.R. n. 446/2001).
In conclusione, in risposta alla problematica sollevata, il Ministero del lavoro ha concluso che, le libere professioniste psicologhe, iscritte all’ENPAP, con rapporto di lavoro autonomo, coordinato e continuativo, in regime di convenzione con il S.S.N. hanno diritto, inoltrando specifica domanda all’Ente di categoria, alla integrazione dell’indennità di maternità di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 151/2001, nella misura in cui i relativi periodi non siano coperti ai sensi dell’Accordo Collettivo Nazionale.
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