AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 283 del 4 aprile 2023
IVA – Cessioni all’esportazione triangolari – Art. 8, comma 1, lett. a) DPR n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La ALFA S.p.a. (di seguito ”ALFA”) società di diritto italiano che si occupa principalmente della progettazione di impianti (o parti d’impianti) situati in Paesi UE ed extra UE rappresenta che le attività generalmente affidate alla stessa sulla base di contratti internazionali stipulati con committenti residenti fiscalmente in Paesi extra UE hanno ad oggetto:
i. la predisposizione del disegno, del progetto e/o l’attività di controllo dello stesso, la definizione e/o la verifica degli aspetti tecnici dell’impianto e dei materiali necessari e/o più funzionali alla sua realizzazione (cosiddetta attività di ”engineering”);
ii. l’individuazione e l’approvvigionamento presso fornitori terzi dei materiali e delle componenti aventi le caratteristiche di cui sopra, poi rivenduti al cliente senza alcuna manipolazione e/o lavorazione da parte del contractor (cosiddetta attività di ”procurement”);
iii. l’effettuazione in loco dell’attività di supervisione al monitoraggio e al collaudo o messa in opera ovvero, in casi più marginali, l’espletamento delle attività di vera e propria costruzione dell’impianto (cosiddetta attività di ”construction”).
In particolare, i contratti conclusi dalla società istante con i clienti esteri possono riguardare:
i. le sole attività di ”engineering” e di ”procurement” (di seguito ”Contratti EP”);
ii. la combinazione delle due attività di ”engineering” e di ”procurement”. Questa tipologia di schema contrattuale si sostanzia nell’instaurazione di un rapporto trilatere in cui un soggetto terzo, di regola una società controllata dalla stessa istante residente nel paese extraUE, realizza in loco l’attività di ”construction” (di seguito ”Contratto EP+C”);
iii. le attività di ”engineering”, di ”procurement” e di ”construction” (di seguito ”Contratti EPC”).
Gli anzidetti schemi contrattuali, aventi ad oggetto l’affidamento di due o più delle attività sopra elencate, prevedono solitamente la corresponsione, da parte del soggetto estero committente (residente in un paese Extra UE), di un prezzo unitario quantificato sommando al valore dei servizi erogati quello dei beni materiali acquistati presso fornitori italiani e rivenduti da ALFA al medesimo cliente estero.
La problematica fiscale attinente alla qualificazione, agli effetti dell’IVA, delle attività complesse poste in essere da ALFA in esecuzione delle due tipologie di schemi contrattuali di cui alle lettere i) ii), è stata oggetto di esame con l’istanza interpello n. 956XXX/2021 presentata dalla stessa società interpellante.
Con la risposta alla citata istanza d’interpello, sulla base dell’analisi della documentazione inoltrata a seguito della richiesta di documentazione integrativa, l’Agenzia ha espresso l’avviso che l’attività di ”engineering” e l’attività di fornitura dei beni (attività di ”procurement”) svolte dalla società istante nell’ambito dei due schemi contrattuali riconducibili a quelli individuati alle lett. i) e ii) di cui al predetto elenco hanno una distinta utilità economica, da cui discende un’autonoma rilevanza ai fini IVA.
Nello specifico, con la citata risposta è stato precisato che le due attività di ”engineering” e ”procurement” rese da ALFA, in attuazione dello specifico rapporto contrattuale intercorso con il committente estero, devono essere considerate distinte e indipendenti ed assoggettate ciascuna al regime IVA proprio:
a) l’attività di ”engineering” quale prestazione di servizio non rilevante ai fini IVA nel territorio dello Stato italiano, in quanto soggetta alle regole di cui all’art. 7quater, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972;
b) l’attività di ”procurement” quale cessione di beni in linea di principio classificabile, sotto il profilo IVA, come cessione di beni all’esportazione, computabile ai fini della formazione del plafond spendibile per l’acquisto e/o importazione di beni e servizi senza imposta, a condizione che si verifichino i requisiti previsti dall’articolo 8, primo comma, lett. a), del DPR n. 633 del 1972.
Ciò posto, la società istante fa presente che nell’ambito dell’espletamento dell’attività di procurement oggetto di affidamento nelle varie tipologie di schemi contrattuali sopra elencati (contratti EP, EP+C, EPC) la stessa si avvale di una serie di fornitori italiani presso i quali acquista i beni materiali che verranno trasportati e spediti al di fuori del territorio dell’Unione Europea.
In particolare, i contratti stipulati tra i fornitori italiani e la società ALFA hanno, quindi, ad oggetto la cessione di beni mobili a favore della stessa società istante, la quale, nella veste di cessionario nazionale, rivende gli stessi beni al cliente finale, committente estero residente in un Paese extra UE.
Pertanto, in linea con l’indirizzo espresso con la risposta fornita all’interpello n. 956XXX/2021, qualora l’acquisto dei beni presso i fornitori italiani da parte di ALFA avvenga nell’espletamento dell’attività di ”procurement”, svolta nell’ambito degli schemi contrattuali EP e EP+ C, l’operazione di rivendita dei beni poste in essere dalla stessa istante configura, sotto il profilo IVA, una cessione di beni, qualificabile in linea di principio come cessione all’esportazione non imponibile, al ricorrere dei requisiti previsti dall’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972.
Diversamente, nell’ipotesi in cui la fornitura di beni acquistati presso i fornitori italiani sia finalizzata allo svolgimento dell’attività di ”procurement” nell’ambito di uno schema contrattuale EPC, l’operazione di rivendita dei beni da parte di ALFA al cliente estero potrebbe a seconda della configurazione della singola fattispecie qualificarsi ai fini IVA come cessione di beni o prestazione di servizi.
Tanto premesso, la società istante fa presente che la stessa intende stipulare con alcuni fornitori italiani uno schema di contratto di fornitura (di seguito ”Contratto di fornitura”) che prevede che i beni acquistati da ALFA, destinati alla rivendita ai clienti extra UE, siano consegnati dai (primi) cedenti italiani con termini di resa EXW (presso lo stabilimento del fornitore/primo cedente) ovvero FCA (presso la sede del vettore incaricato dal cessionario nazionale, ossia ALFA).
In virtù delle suddette clausole, i beni acquistati in Italia da ALFA verranno trasportati e/o spediti al di fuori del territorio dell’UE per mezzo di vettori incaricati direttamente dalla medesima società istante (primo cessionario italiano).
Secondo quanto rappresentato dalla società interpellante, la scelta di curare, tramite propri vettori, il trasporto dei beni acquistati presso i fornitori italiani è basata su una precisa logica commerciale mirata al risparmio dei costi e all’efficiente gestione della logistica, in quanto ALFA, ritirando la merce presso gli stabilimenti dei fornitori, è in grado di:
ottimizzare e coordinare le tempistiche delle consegne al cliente finale sulla base dello stato di avanzamento del singolo progetto;
evitare ritardi nella consegna dei beni al cliente finale che potrebbero comportare l’applicazione di consistenti penali nei confronti della stessa istante;
ottimizzare i costi relativi al trasporto sia perché ALFA potrebbe beneficiare delle tariffe scontate applicate in base ai contratti quadro stipulati con vettori sia perché la stessa istante potrebbe organizzare trasporti cumulativi di merci provenienti da diversi stabilimenti italiani e diretti presso cantieri esteri.
Come si evince dalle pattuizioni contenute nel contratto di fornitura allegato all’istanza, i beni acquistati da ALFA, unitamente a tutta la documentazione predisposta dal fornitore, verranno ritirati presso lo stabilimento di quest’ultimo cedente da un vettore incaricato dalla stessa società istante.
A seconda dei casi, alla consegna i beni possono essere accompagnati anche dal documento di trasporto emesso dal fornitore integrato con l’indicazione della destinazione estera dei beni e del tipo di operazione effettuata.
I beni ritirati presso i locali dei fornitori italiani non saranno né conservati né stoccati in Italia da ALFA, in quanto quest’ultima non dispone di un magazzino né in Italia né all’estero.
Tanto premesso, la società ALFA dopo aver illustrato le principali clausole del modello di contratto di fornitura che intende proporre ai propri fornitori italiani ed in particolare:
l’art. 3 rubricato Accettazione del contratto, il quale stabilisce che ”con la lettera di Accettazione, il fornitore riconosce espressamente che l’intera fornitura sarà trasferita dall’acquirente al proprietario per la realizzazione e il funzionamento di un progetto”;
l’art. 7 rubricato Tempi di consegna, Determinazione dei danni per ritardo, limitazione responsabilità, il quale prevede che il ”fornitore è consapevole dei tempi di consegna stabiliti nel Purchase order sono di fondamentale importanza per evitare all’acquirente perdite sostanziali e l’insorgenza di responsabilità nell’esecuzione del progetto”;
art. 15, rubricato Garanzie di Performance, secondo cui ”il fornitore è consapevole che la fornitura, in quanto parte dell’impianto sarà soggetta a prove di collaudo e a test di prestazione che saranno effettuati dall’acquirente e dal proprietario in base al contratto principale presso il sito dei beni (…)”;
art. 16, rubricato Trasferimento delle garanzie al fornitore, il quale stabilisce che ”il fornitore riconosce che l’acquirente ha stipulato il contratto con il fornitore per l’acquisto dei beni e l’esecuzione delle opere…ai fini del trasferimento al proprietario e del suo utilizzo…”;
art. 20, rubricato Trasferimento della proprietà, il quale stabilisce che ”il fornitore garantisce all’acquirente e proprietario, la piena e completa illimitata titolarità di tutti i beni, le opere e i documenti del fornitore…”; chiede
di sapere se le forniture di beni effettuate, nei termini anzi descritti, a favore di ALFA da soggetti passivi IVA italiani possano configurare, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità, una cessione all’esportazione ”triangolare”, di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972, nell’ipotesi in cui i predetti beni:
a) siano rivenduti da ALFA, primo cessionario italiano, al cliente finale nell’ambito dei Contratti EP e EP+ C, modelli negoziali che prevedono l’affidamento sia dell’attività di ”engineering” che dell’attività di ”procurement”; si tratta di operazioni economiche che, sotto il profilo Iva, sono da considerarsi indipendenti configurando rispettivamente, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, una prestazione di servizi, art. 3 del DPR n. 633 del 1972, ed una cessione di beni art. 2 del medesimo DPR n. 633;
b) siano rivenduti da ALFA, primo cessionario italiano, a favore del cliente extra UE nell’ambito di un contratto EPC, negozio che prevede l’affidamento della combinazione delle tre attività di ”engineering”, di ”procurement” e ”construction”, le quali, considerate nel loro complesso, sono in linea di principio qualificabili, ai fini IVA, come prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3 del DPR n. 633 del 1972.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ai fini della soluzione del quesito prospettato nell’istanza d’interpello la società istante richiama l’articolo 146, paragrafo 1, della Direttiva IVA n. 112 del 2006, trasfuso nell’ordinamento domestico nell’articolo 8, comma 1, del DPR n. 633 del 1972.
La normativa nazionale disciplina, in via generale, il regime di non imponibilità per le cessioni all’esportazioni e, in particolare, per:
a) le cessioni all’esportazione cosiddette ”dirette”, di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972, che si realizzano al verificarsi congiuntamente dei seguenti requisiti:
I. il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento del bene tra un soggetto passivo IVA e un altro soggetto passivo IVA;
II. il trasferimento ”fisico” dei beni fuori del territorio dell’UE;
III. il trasporto e/o spedizione di beni ”a cura o a nome del cedente”.
b) le cessioni all’esportazioni cosiddette ”improprie”, di cui all’art. 8, comma 1, lett. b) del DPR n. 633 del 1972, in cui un soggetto non residente provvede a ritirare direttamente o tramite terzi la merce presso il cedente italiano, oppure si fa consegnare i beni in un determinato punto del territorio italiano, procedendo poi egli stesso al trasporto fuori dal territorio unionale.
La società istante evidenzia che, a differenza della normativa comunitaria, la disciplina domestica prevede la fattispecie delle ”esportazioni triangolari”, introdotta in ambito nazionale dall’art. 2 del DPR n. 897 del 1980.
Si tratta di operazioni commerciali nelle quali intervengono, oltre al terzo non residente, ultimo acquirente, due operatori nazionali rispettivamente cedente e cessionario di beni da esportare.
In sostanza, l’ipotesi di triangolazione ricorre quando la cessione, anche tramite l’intervento di un commissionario, sia eseguita dal cedente con trasporto o spedizione dei beni nel paese di destino (extra UE) su incarico del cessionario italiano (o del suo commissionario). È pertanto necessario che i beni siano recapitati direttamente al cliente extra UE del cessionario italiano.
Il regime di non imponibilità opera anche nelle cessioni che intervengono tra il primo cedente ed il promotore.
A tal proposito, la società istante analizza le condizioni che devono ricorrere ai fini della qualificazione di una cessione di beni come cessione all’esportazione triangolare, di cui all’art. 8, primo comma, lett. a) del DPR n. 633 del 1972, rilevante ai fini della formazione del plafond spendibile per l’acquisto di beni e servizi senza addebito d’imposta e in particolare:
a) il trasporto o spedizione dei beni all’estero (a cura e nome del primo cedente);
b) la prova dell’avvenuta esportazione di beni;
In merito al presupposto di cui alla lett. a), la società istante fa presente che il regime di non imponibilità previsto per le esportazioni triangolari risulterebbe applicabile anche quando il trasporto dei beni all’estero sia curato direttamente dal cessionario italiano (nel caso di specie ALFA), per il seguente ordine di ragioni:
originariamente l’Amministrazione finanziaria, in aderenza al dato letterale della previsione recata dall’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972, aveva assunto come requisito essenziale, ai fini della classificazione di una cessione di beni come operazione ”triangolare” all’esportazione, la circostanza che il trasporto o spedizione dei beni all’estero avvenga a cura o nome del primo cedente, anche per incarico del proprio cessionario, senza che il cessionario entri in possesso dei beni nel territorio nazionale. Tuttavia, a parere dell’istante, l’interpretazione autentica della predetta disposizione, fornita dallo stesso legislatore con l’art. 13, comma 1, della legge n. 413 del 1991, avrebbe circoscritto la rilevanza delle modalità e dell’intestazione della fattura del trasporto, elevando a prova essenziale di regolarità nella triangolazione la vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della fattura emessa dal primo cedente nei confronti del promotore della triangolazione, nonché su un esemplare della fattura emessa dal promotore nei confronti del cliente finale, destinatario finale dei beni;
la circostanza che il regime di non imponibilità della triangolazione all’esportazione sia applicabile anche nel caso in cui il contratto di trasporto dei beni all’estero sia stipulato dal promotore/secondo cedente risulterebbe, a parere dell’istante, coerente con l’orientamento della Corte di Cassazione (in tal senso sentenza 13951 del 24 giugno 2011). Con la predetta pronuncia i giudici di legittimità hanno, infatti, statuito che ”un’operazione triangolare, per essere considerata come cessione all’esportazione, non presuppone necessariamente che il trasporto dei beni nell’altro ”Stato membro” avvenga ”a cura o a nome del cedente”, in quanto lo scopo della norma è più limitatamente quello di evitare operazioni fraudolente le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse decidere di esportare i beni in un altro ”Stato membro” autonomamente, ossia al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente. Pertanto, ad assicurare il risultato perseguito dalla norma, si rende sufficiente che la consegna a cessionario nazionale sia stata, per comune volontà, originariamente prevista come cessione per il trasporto e la consegna a clienti residenti nell’altro ”Stato membro” e che tale previsione risulti contenuta ed esplicitata in tutta la documentazione relativa alle operazioni in questione”;
Sulla base delle considerazioni sopra svolte, a parere dell’interpellante, si configurerebbe una cessione all’esportazione triangolare anche nell’ipotesi in cui il trasporto dei beni venga svolto a cura o nome del cessionario (promotore della triangolazione) purché vengano fornite le prove della materiale uscita dei beni dal territorio unionale.
Partendo dal suddetto convincimento, la società istante ritiene, in subordine, che l’eventuale consegna dei beni nel territorio dello Stato Italiano al promotore della triangolazione, che curerà il trasporto dei predetti beni al di fuori dell’UE, non escluda l’applicabilità del beneficio del regime di non imponibilità, di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972, per ciascuna delle due cessioni di beni che connotano l’operazione di esportazione triangolare.
A sostegno della propria tesi interpretativa l’istante fa presente che:
la Corte di Giustizia, adottando un approccio più sostanzialistico, riconosce il beneficio dell’esenzione (non imponibilità) purché i beni siano effettivamente trasportati al di fuori del territorio unionale (in tal senso sentenza relativa alla causa C-146/05);
la Corte di Cassazione, con alcune pronunce, ha riconosciuto la possibilità che i beni vengano consegnati dal primo cedente al promotore della triangolazione nel territorio nazionale in vista del successivo invio all’estero, senza che ciò interrompa i benefici della doppia imponibilità dell’operazione triangolare (cfr. Cass. pronuncia n. 4408 del 2018). In sintesi, a parere dell’interpellante, in base all’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione, la configurabilità di una cessione all’esportazione ”triangolare” deve essere riconosciuta se viene fornita la prova che:
1) fin dall’origine il primo fornitore e il promotore della triangolazione abbiano concordato che i beni siano ceduti in vista del trasporto al cessionario estero;
2) beni siano effettivamente trasportati al di fuori del territorio dell”Unione Europea.
In conclusione, la società istante è dell’avviso che un’operazione si qualifichi come operazione triangolare all’esportazione anche laddove il primo cedente consegni i beni al promotore della triangolazione, se tale consegna implica un possesso finalizzato esclusivamente al loro trasferimento presso il cantiere estero in vista della fase di montaggio e/o assemblaggio.
Per quanto concerne il requisito di cui alla lett. b), attinente alla prova dell’avvenuta esportazione di beni, viene evidenziato che l’eventuale consegna dei beni in Italia alla società istante non determinerebbe in via generale l’immissione in consumo dei suddetti beni in Italia.
Dal punto di vista documentale entrambi gli operatori nazionali devono, quindi, conservare la prova dell’avvenuta esportazione, circostanza che consente all’Amministrazione finanziaria di verificare sia la corrispondenza tra i beni oggetto delle due cessioni sia l’effettiva uscita degli stessi dal territorio unionale e, di conseguenza, la legittimità dell’applicazione del regime di non imponibilità della cessione del primo fornitore al promotore.
Secondo l’istante:
1) sia la fattura emessa dal primo cedente sia la fattura emessa dal promotore sono indicate nella dichiarazione doganale di esportazione;
2) il promotore, in quanto esportatore, cura l’operazione ai fini doganali e può comprovare l’avvenuta esportazione attraverso copia del DAE e del messaggio elettronico ”risultati di uscita” registrato nel sistema informatico doganale nazionale AIDA;
3) sulla fattura emessa dal primo cedente nei confronti del promotore e presentata in dogana è apposto il visto doganale. A tal fine, secondo quanto specificato nella circolare n. 16/D datata 11 maggio 2011 se dal MRN l’uscita risulta conclusa le fatture associate s’intendono vistate ai fini della non imponibilità IVA;
4) il primo cedente può integrare la prova con la copia del DAE intestato al promotore e contenente il riferimento alla triangolazione unitamente alla stampa del messaggio elettronico di uscita.
In sintesi, con specifico riferimento alla sussistenza nel caso di specie dei requisiti di cui alle lett. a) e b), la società ALFA, sulla base delle considerazioni sopra svolte, è dell’avviso che:
le previsioni del contratto di fornitura e la procedura adottata da ALFA garantiscono che nonostante i termini di resa FCA o EXW, i beni acquistati dalla stessa istante siano effettivamente esportati da quest’ultima al di fuori del territorio dell’UE;
sebbene per effetto della previsione delle clausole FCA o EXW il passaggio dei rischi e della proprietà dei beni a favore di ALFA avvenga nel territorio dello Stato italiano, i predetti beni non possono essere utilizzati direttamente da ALFA sul territorio nazionale essendo vincolati fin dall’origine agli impegni assunti dalla stessa ALFA con il cliente estero;
per quanto concerne la prova della fuoriuscita dei beni all’estero, viene evidenziato che la procedura seguita consente di ritenere perfezionata sia in capo a ALFA che al fornitore la procedura di esportazione.
In conclusione, la società istante ritiene che le forniture di beni, acquistati da ALFA presso soggetti passivi IVA italiani, e destinati alla successiva rivendita a clienti extra UE nell’ambito dello svolgimento dell’attività di ”procurement” oggetto di affidamento nelle tre differenti tipologie di schemi contrattuali di cui sopra (contratti EP, EP+C, EPC), configurino nel loro complesso un’operazione triangolare all’esportazione di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR n. 633 del 1972.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Ai fini della soluzione del quesito prospettato nell’istanza d’interpello indicato in oggetto attinente la configurabilità della fattispecie di esportazione ”triangolare”, non imponibile ai fini IVA, nell’ipotesi di cessioni di beni, precedentemente acquistati presso fornitori italiani, effettuate da ALFA nell’ambito della propria attività di ”procurement” relativa a contratti di realizzazione degli impianti in Paesi extra UE riconducibili alle tre tipologie di schemi di cui alle lett. i), ii) e iii) sopra elencati occorre, in via preliminare, richiamare il quadro normativo di riferimento in materia di cessioni all’esportazione a cui è applicabile il regime di non imponibilità agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.
Ai fini che qui interessano, si fa presente che l’art. 146 della Direttiva 28 novembre 2006 n. 112, stabilisce che ”gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
a) le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori della Comunità (…)”.
La richiamata disposizione unionale trova attuazione nell’ordinamento domestico nell’art. 8, primo comma, lettera a) del DPR n. 633 del 1972 che considera cessioni all’esportazione non imponibili ”le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. (…)”.
In virtù di tale disposizione, affinché si configuri una cessione all’esportazione non imponibile agli effetti dell’IVA nei riguardi di un soggetto cliente finale destinatario dei beni al di fuori del territorio dell’Unione europea è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:
1. trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento dei beni;
2. uscita effettiva dei beni dal territorio doganale comunitario;
3. esecuzione del trasporto o della spedizione a ”cura o a nome del cedente”.
Al ricorrere delle suddette condizioni si considerano non imponibili:
sia la cessione dei beni trasportati o spediti direttamente in un paese Extra UE da parte di un soggetto passivo IVA stabilito o identificato in Italia (cosiddetta ”esportazione diretta”);
sia la cessione da parte di un soggetto passivo stabilito o identificato in Italia (primo cedente) ad un altro soggetto nazionale (cessionario promotore della triangolazione) di beni destinati ad un cliente estero (cosiddetta ”esportazione triangolare”).
Con specifico riguardo al quesito oggetto di interpello, si rileva che anche nella fattispecie delle cessioni all’esportazione ”triangolari” transazioni, similari a quelle descritte nell’istanza, in cui intervengono tre differenti operatori economici (due nazionali e un cliente estero) deve essere rispettata la condizione di cui al n. 3) del predetto elenco, ossia il trasporto e la spedizione dei beni all’estero deve avvenire ”a cura o nome” del cedente nazionale che vende ad un altro soggette residente in Italia (cessionario nazionale o promotore) beni destinati ad un cliente estero extra UE.
Sul punto, si osserva che la previsione contenuta nell’art. 8, comma 1, lettera a) del DPR n. 633 del 1972, come evidenziato dallo stesso istante, è stata oggetto di interpretazione autentica da parte del legislatore, che, attraverso l’introduzione dell’art. 13, comma 1, della legge n. 413 del 1991, ha disposto che ”ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella lettera a) del primo comma dell’articolo 8 (…) le cessioni ivi previste devono intendersi non imponibili (…) a nulla rilevando, per la documentazione della cessione all’esportazione, che i documenti di cui all’articolo 21 del predetto decreto n. 633 del 1972 siano emessi dagli spedizionieri o trasportatori nei confronti dei cedenti o altri soggetti”.
A tal riguardo, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’ampiezza dell’espressione contenuta nel citato art. 13 della legge n. 413 del 1991 permetta di legittimare, nell’ambito dell’operazione triangolare, la possibilità di emettere la fattura nei confronti del cessionario residente in qualità di soggetto passivo che provvede concretamente al pagamento della prestazione di trasporto o spedizione pur non avendola direttamente commissionata (cfr. risoluzione n. 51/E del 1995).
Con il citato documento di prassi è stata, altresì, esclusa l’applicabilità del regime di non imponibilità nell’ipotesi in cui nell’operazione triangolare nella fase del trasporto o spedizione dei beni all’estero si inserisca il cessionario residente (ad esempio stipula diretta del contratto o affidamento del servizio) sia pure per motivazioni di carattere economico.
In merito all’ambito applicativo dell’art. 8, comma 1, lettera a) del DPR n. 633 del 1972, come interpretato dall’art. 13 della legge n. 413 del 1991, è inoltre intervenuta la Corte di Cassazione che, con diverse pronunce, ha statuito che ‘‘che un’operazione triangolare non presuppone necessariamente che il trasporto dei beni all’estero avvenga ”a cura o a nome del cedente”, in quanto lo scopo della norma è più limitatamente quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente decidere di non esportare i beni ovvero di esportarli in un altro Stato (Cass. 4098/2000)”.
Partendo da tale assunto, gli stessi giudici di legittimità hanno affermato che ”la stessa Legge n. 413 del 1991, articolo 13 interpretativo del citato articolo 8, lettera a), prevede d’altro canto che gli spedizionieri o i trasportatori possano emettere la fattura nei confronti ”del cedente o di altri soggetti” e quindi come è stato sottolineato in Cass. 5065/98 dello stesso cessionario”.
La Corte di Cassazione ha peraltro concluso come non sia necessario che la spedizione o il trasporto dei beni avvengano in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo (in tal senso Cass. sentenze n. 6114 del 2009, n. 6898 del 2011 e n. 13951 del 2011).
In particolare, in base all’orientamento statuito dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità di una cessione all’esportazione triangolare non imponibile agli effetti dell’IVA, è necessario che ”l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà’ degli originari contraenti (in tal senso, Cass. 4098/2000).”.
In recepimento del suddetto indirizzo giurisprudenziale, con la risoluzione n. 35/E del 2010 l’Amministrazione finanziaria ha chiarito sia pur con riferimento alla distinta fattispecie di cui all’articolo 58 del DL 331/1993, disciplinante le operazioni triangolari con destinazione comunitaria che la ratio della norma sulle triangolazioni è quella di evitare che una cessione interna tra due operatori nazionali possa beneficiare del regime di non imponibilità, evenienza che si realizzerebbe qualora i beni transitassero materialmente dal primo cedente al cessionario nazionale in quanto quest’ultimo ne acquisterebbe la disponibilità nel territorio dello Stato italiano.
Con la citata risoluzione n. 35/E del 2010, alla luce dell’interpretazione (evolutiva) elaborata in sede giurisprudenziale, è stato, altresì, precisato che l’operazione di cessione triangolare può godere del regime di non imponibilità anche nel caso in cui il cessionario stipuli il contratto su mandato ed in nome del cedente. In questo caso il predetto cessionario agirebbe come mero intermediario del cedente senza acquisire mai la disponibilità del bene, nel pieno rispetto della ratio della norma.
In conclusione, la non imponibilità dell’operazione triangolare all’esportazione è sempre da escludere quando il cessionario nazionale (promotore della triangolazione) acquisisca la disponibilità dei beni nel territorio italiano, condizione che non si realizza nelle seguenti casistiche esaminate con documenti di prassi:
nell’ipotesi in cui i beni prima della loro spedizione all’estero siano sottoposti da parte del cessionario nazionale a test o collaudi per il controllo della rispondenza del bene (macchinario prodotto) ai requisiti costruttivi richiesti. Tale circostanza non costituisce consegna in Italia, trattandosi di meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità ed il funzionamento dei beni prima della loro spedizione. (cfr. risoluzione n. 72/E del 2000);
nel caso in cui il primo cedente nazionale invii i beni al proprio cessionario cedente nazionale (promotore della triangolazione) affinché ne esegua l’assemblaggio e certificazione prima di acquistarli ai fini della rivendita al cliente finale extracomunitario (risposta interpello 580 del 2020).
Tanto premesso, nel caso di specie si fa presente che l’operazione di transazione triangolare descritta nell’istanza d’interpello presenta le seguenti peculiarità:
la società ALFA acquista i beni presso i fornitori italiani;
i beni vengono ritirati presso lo stabilimento del fornitore italiano (termini resa EXW) oppure in alternativa il fornitore italiano consegna i beni acquistati da ALFA presso il magazzino del vettore incaricato dalla stessa società istante (termini resa FCA);
la società ALFA tramite propri vettori cura il trasporto dei beni verso la destinazione di arrivo extra UE;
il cliente estero acquista i beni dopo che ALFA esegue i test di collaudo nel territorio extra UE.
Nell’ambito della predetta transazione, come emerge dalla contrattualista allegata all’istanza di interpello, la società ALFA (cessionario o promotore della transazione triangolare) si impegna a curare direttamente, per il tramite di vettori incaricati a suo nome e per proprio conto, il trasporto e la spedizione dei beni acquistati presso cedenti italiani, facendosi quindi carico di tutti i rischi di eventuali danni e/o perdite dei beni verificabili durante il trasporto fino alla consegna nel territorio del Paese extra UE di destinazione.
Pertanto, la società ALFA acquista la disponibilità dei beni, precedentemente acquistati presso fornitori italiani e destinati alla rivendita, nel territorio dello Stato italiano e, conseguentemente, la cessione che intercorre tra la stessa istante e il primo cedente italiano rileverà, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come cessione di beni nazionale.
In altri termini, ancorché dalla contrattualistica risulti evidente che la destinazione dei predetti beni sia la rivendita al cliente estero, nel caso di specie la transazione triangolare posta in essere nei termini anzi descritti non può configurare una cessione all’esportazione triangolare o indiretta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera a) del DPR n. 633 del 1972, in quanto non risulta integrato il requisito del ”trasporto a cura e nome del cedente”, nell’accezione individuata dalla normativa come interpretata dalla prassi di riferimento.
Conseguentemente, la suddetta operazione triangolare, sotto il profilo IVA, darà origine ad una cessione di beni nazionale (tra fornitore nazionale e società istante) seguita in ordine cronologico da una cessione all’esportazione diretta (tra società istante e cliente estero), nell’ipotesi in cui l’ultimo trasferimento di beni, rilevante ai fini della formazione del plafond spendibile, sia effettuato nell’ambito dell’espletamento dell’attività di ”procurement” oggetto di affidamento negli schemi contrattuali Contratti EP e EP+C.
Nell’ipotesi in cui, nell’operazione triangolare anzi descritta l’ultimo trasferimento di beni (intercorso tra ALFA e il cliente finale) venga effettuato nell’ambito di uno schema contrattuale più complesso come quello relativo al contratto EPC, occorrere valutare se la complessa operazione posta in essere in attuazione del predetto negozio contrattuale, in base ai criteri elaborati dalla Corte di Giustizia in materia di operazione composite, sia qualificabile come prestazione dei servizi derivanti da un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un impianto.
In tale ultima ipotesi, il trattamento IVA della prestazione di servizi, configurabile come operazione principale (assorbente), si estenderà anche all’operazione ancillare di fornitura di beni.
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