Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia giulia, sezione 1, sentenza n. 155 depositata l’ 11 luglio 2022
Esportazione di beni in regime di esenzione IVA
La società aaaaa srl con sede legale in Cividale del Friuli, a mezzo del rag. bbbbb ha impugnato la sentenza n. 144/2017 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Udine sez. 2 in data 10.5.2017 e depositata in data 17.5.2017.
La materia del contendere riguarda un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Udine ed avente in oggetto il recupero dell’Iva su alcune operazioni di esportazione oltre ad alcuni rilievi di carattere formale.
La società impugnava tempestivamente l’atto impositivo innanzi alla CTP di Udine che, con decisione n. 222/2013 pronunciava l’inammissibilità del ricorso per omessa o generica indicazione dei motivi.
La società a questo punto, proponeva appello innanzi a questa Commissione Tributaria Regionale che, con sentenza n. 355/2013 rimetteva il fascicolo al giudice di primo grado avendo ravvisato il difetto di notifica dell’avviso di fissazione d’udienza.
La Commissione Tributaria Provinciale di Udine, con la decisione qui impugnata, rigettava il ricorso ritenute fondate le ragioni dell’atto impositivo. Infatti, la pretesa erariale derivava dalla mancata esibizione della documentazione dimostrativa dell’avvenuta esportazione. In particolare, difettavano le attestazioni della dogana di uscita delle merci dal territorio UE, né ciò risultava aliunde.
La contribuente impugnava la decisione proponendo appello sui seguenti motivi:
- l’addebito ha una natura formale il cui rilievo è stato causato dalla mancata restituzione delle bollette doganali da parte del trasportatore. Di contro, le operazioni di esportazione risulterebbero dalla contabilità dove sono stati riportati fatture e bonifici di pagamento oltre alla corrispondenza;
- esperibilità del procedimento di mediazione in appello con possibilità di conciliazione tra le parti in causa;
- la prova dell’esportazione, ex art. 796 quinquies bis del C.D.C. prevede che la prova dell’esportazione possa essere data con la bolla firmata dal destinatario, con la prova del pagamento o con la dichiarazione del trasportatore;
- l’Ufficio doganale dove sarebbe transitata la merce, non è stato in grado di rinvenire i documenti relativi all’esportazione per propri problemi tecnici (passaggio dal cartaceo al telematico);
- negli atti di causa risulta allegata la documentazione probatoria del ricevimento della merce e del pagamento.
L’Ufficio si è regolarmente costituito in appello articolando le proprie difese su tre capitoli: eccezioni pregiudiziali; merito; appello incidentale.
Nel primo, l’Amministrazione Finanziaria ha chiesto – rectius reiterato – la declaratoria di inammissibilità dell’appello per omessa indicazione del responsabile legale della società ricorrente, nonché per assenza dei motivi d’appello alla sentenza di primo grado. Oltre a ciò ha indicato argomenti di difesa in ordine ad alcune eccezioni sollevate dall’appellante in merito all’esclusione dell’invocata mediazione in sede di appello e all’assenza dei presupposti per la conciliazione, oltre alla regolarità formale delle comunicazioni processuali inoltrate alla contribuente.
Nel secondo, l’Ufficio ha richiamato la normativa Iva che regola la fattispecie in discussione (in particolare, l’assenza del DAU per ogni singola esportazione) e l’insufficienza o inidoneità della documentazione prodotta dalla difesa avversa.
In sede incidentale infine, l’Ufficio ha lamentato la violazione degli artt. 18 d.lgs. 546/92 e 112 c.p.c. in ragione di quanto articolato nel ricorso di prime cure, i cui motivi, a suo dire, sono stati ritenuti generici, incerti se non proprio contraddittori. Per altro verso, ha ritenuto che la decisione impugnata fosse ulteriormente viziata per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. E ciò in ragione della compensazione delle spese.
Il ricorso è stato discusso nella pubblica udienza del 6 giugno 2022 ed il collegio, previamente letti gli atti, ascoltati il giudice relatore nella persona dell’avv. ccccc e i difensori delle parti, ha ritenuto infondati l’appello principale e quello incidentale per le seguenti:
La lettura degli atti processuali non pone dubbi nel ravvisare l’oggetto del presente giudizio nell’assenza della documentazione probatoria dell’avvenuta esportazione. Sovviene a tal riguardo, il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione che può identificarsi nella recentissima sentenza n. 11112 del 6.4.2022 pronunciata dalla sez.5: “in tema di esportazione al di fuori del territorio dell’UE in regime di esenzione d’IVA, di cui all’art. 8 comma 1 lett. a) del dpr 633/72, la destinazione dei beni all’esportazione non può essere provata dal contribuente allegando documentazione di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento, in quanto la normativa doganale richiede a tal fine mezzi di prova certi ed incontrovertibili, quali le attestazioni di pubbliche amministrazioni del paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana, ai sensi dell’art. 346 del dpr 43/1973, o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, o anche le bolle d’accompagnamento, i documenti internazionali di trasporto e gli altri documenti previsti dall’amministrazione finanziaria, purché risulti la vidimazione dell’ufficio doganale comprovante l’uscita della merce dal territorio doganale o quella delle autorità pubbliche dello Stato estero importatore, comprovante l’uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione“.
L’assenza di tale documentazione non può assolutamente essere addebitata agli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria né a terzi, poiché era la contribuente a doversi attivare tempestivamente e diligentemente all’acquisizione probatoria chiesta dal caso, anche promuovendo presso i competenti Uffici la relativa procedura, aspetto questo chiarito in udienza dal difensore dell’Agenzia delle Entrate (cfr. Cass. Sez. 5 sent. n. 958 del 21.1.2015).
La difesa dell’appellante invece, si è spesa in un’attività documentale volta a dimostrare l’effettività delle esportazioni e la sua non colpevolezza circa l’assenza di tali documenti, da ricondurre alla ditta che all’epoca curò i trasporti nonché all’Ufficio doganale, che non sarebbe stato in grado di reperire traccia degli sdoganamenti.
Per queste stesse ragioni, pare evidente a questo giudice, che non sussistano le condizioni per pronunciare un ordine di esecuzione ex artt. 118, 119 c.p.c. e 94 d.att. c.p.c. non essendo stata prodotta la prova che la documentazione fosse posseduta dalla controparte (Cass. Sez. 2, ordinanza n. 31251 del 3.11.2021).
Assolutamente infondate ed inammissibili poi, risultano le richieste indirizzate a questo Giudice per lo svolgimento della conciliazione e della mediazione.
La natura estremamente rigida nella formulazione della norma violata, inibisce – a questo Giudice – qualsiasi proposta conciliativa ipoteticamente pronunciabile ex art. 185 bis cpc, mentre risulta non percorribile l’incidente di mediazione, trattandosi questo di uno strumento pre-processuale.
Per tutte queste ragioni, l’appello principale della contribuente deve essere rigettato con contestuale assorbimento delle ulteriori questioni pregiudiziali sollevata dall’Agenzia delle Entrate.
Risulta altresì infondato l’appello incidentale promosso dalla controparte appellata principale.
In primo luogo, ad avviso di questo Collegio, il ricorso di primo grado è stato sufficientemente articolato per consentire l’analisi delle doglianze sollevate dalla società contribuente, di cogliere i presupposti giuridici dell’atto contestato e di emettere la relativa sentenza.
Per quanto riguarda la decisione sulle spese invece, il Collegio rileva che la compensazione sia stata fondata su due ordini di ragioni: 1) la peculiarità della fattispecie (si noti a tal riguardo che l’Amministrazione Finanziaria non ha mai negato che le operazioni di esportazione siano state effettivamente realizzate, quanto sì, che manchino i documenti probatori chiesti dalla normativa); 2) l’esito positivo per la contribuente nel giudizio d’appello che, per un solo motivo in rito, ha rimesso il fascicolo al Giudice di primo grado. A tal riguardo, non può negarsi che la natura della pronuncia d’appello non inibisca la liquidazione delle spese a favore della parte vincitrice, di tal ché il Giudice di primo grado ha ritenuto di valorizzare tale situazione nel complesso delle spese concernenti il giudizio di primo e secondo grado.
Per queste ragioni, l’appello incidentale va respinto.
Alla luce di quanto sopra, il Collegio rigetta l’appello principale e quello incidentale e stante il regime della reciproca soccombenza, compensa integralmente le spese tra le parti come da dispositivo.
La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia – sez. prima, definitivamente pronunciandosi sul ricorso di cui al numero r.g.a. 23/2018, conferma la sentenza di primo grado e rigetta gli appelli principale ed incidentale. Spese compensate per entrambi i gradi.