AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 182 del 31 gennaio 2023
IVA – Qualificazione delle operazioni di cessione del medicinale XXX effettuate al prezzo simbolico di 1 euro – Art. 13, primo comma, d.P.R. n. 633/1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA è una società appartenente al Gruppo XXX attiva nella produzione e vendita di medicinali ed altri preparati farmaceutici. Nell’ambito della propria attività, ALFA intende commercializzare un nuovo farmaco denominato ”XXX”, indicato per il trattamento della … in pazienti adulti candidati alla terapia sistemica.
L’istante riferisce di aver presentato all’AIFA, per commercializzare il nuovo farmaco, la richiesta di riclassificazione del XXX tra i farmaci erogabili a carico del Servizio Sanitario Nazionale (di seguito anche ”SSN”), ai fini della sua rimborsabilità.
Più precisamente, la società intende avviare una efficace strategia promozionale volta a diffondere la conoscenza del XXX presso la propria clientela di riferimento (per lo più strutture sanitarie pubbliche o private, talune soggette al meccanismo IVA dello split payment). A tal fine, il farmaco verrebbe ceduto al prezzo simbolico di 1 euro, oltre IVA, per un periodo di tempo limitato ed esclusivamente fin quando lo stesso non sia disponibile a livello regionale e non ottenga la rimborsabilità da parte del SSN. Invero, la cessione del farmaco al prezzo simbolico di 1 euro permetterebbe ad ALFA di promuovere il prodotto, consentendo ai propri clienti/medici di testarne le funzionalità nel trattamento dei pazienti che presentano problematiche particolarmente gravi.
Viene, altresì, fatto presente che ALFA non intende ”omaggiare” il farmaco ai propri clienti per un fine di liberalità, bensì promuovere la conoscenza e la diffusione dello stesso. In particolare, ALFA riferisce che la gestione provvisoria della fatturazione al prezzo simbolico di 1 euro, le permetterebbe di distinguere, anche da un punto di vista contabile e fiscale, le cessioni del XXX rispetto agli omaggi che l’istante generalmente riconosce ai propri clienti. A parere dell’interpellante, tale soluzione risulta essere quella più corretta anche nell’ottica futura di fatturazione del farmaco al prezzo di mercato, una volta riconosciuta la relativa rimborsabilità.
Secondo l’istante, infatti, se il farmaco fosse ceduto al prezzo di mercato (dunque, non al prezzo simbolico di 1 euro), vista l’attuale non rimborsabilità da parte del SSN, otterrebbe come risultato la mancanza di ordini/acquisti da parte dei propri potenziali clienti, i quali preferirebbero sicuramente attendere la conferma del SSN ed acquistare nel contempo altri farmaci disponibili sul mercato per i quali è già confermata la rimborsabilità da parte del SSN.
ALFA intenderebbe, pertanto, fatturare le cessioni del prodotto in oggetto al prezzo di 1 euro, operando la rivalsa nei confronti dei cessionari, alcuni dei quali potrebbero assolvere l’imposta secondo il meccanismo IVA dello split payment, ai sensi dell’articolo 17ter, commi 1 e 1bis, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Contestualmente, la società procederebbe ad esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sul prezzo di costo del bene, ai sensi del successivo articolo 19.
Al riguardo, viene precisato che le cessioni del medicinale XXX sconteranno l’aliquota IVA agevolata nella misura del 10 per cento, ai sensi del punto 114) della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972.
L’istante fa presente, da ultimo, che intende: i) stipulare degli accordi con i propri clienti volti a concordare la cessione del farmaco al prezzo simbolico di 1 euro; ii) adottare tale modalità di commercializzazione per un periodo di tempo limitato, fino a quando verrà fornita l’autorizzazione alla rimborsabilità del farmaco da parte del SSN. Successivamente il prodotto verrà, invece, ceduto al prezzo di costo, oltre IVA.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene che esclusivamente nelle more della autorizzazione circa la rimborsabilità del XXX da parte del SSN sia corretto:
cedere il farmaco ai propri clienti al prezzo simbolico contrattualmente determinato pari ad 1 euro, sebbene inferiore al prezzo di costo del bene e, conseguentemente, fatturare tali cessioni con rivalsa dell’IVA nei confronti del cliente, procedendo alla contestuale detrazione dell’IVA assolta a monte sul costo del bene;
ovvero, in subordine:
equiparare l’offerta del nuovo farmaco alla disciplina IVA dei campioni gratuiti e, conseguentemente, non assoggettare ad IVA la cessione, registrandola nel registro dei campioni gratuiti, e procedendo alla contestuale detrazione dell’IVA assolta a monte sul costo del bene.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
ALFA ha presentato l’istanza d’interpello in esame al fine di conoscere il corretto trattamento fiscale da riservare, ai fini IVA, alle cessioni del prodotto denominato XXX, effettuate, secondo quanto riferito dallo stesso interpellante, ”al prezzo simbolico di 1 euro, oltre IVA” nei confronti dei ”propri clienti (per lo più strutture sanitarie pubbliche o private, talune soggette al meccanismo IVA dello split payment)”.
In particolare, la società ritiene corretto considerare le operazioni in esame come cessioni di beni rilevanti ai fini IVA in quanto riferisce che ”non intende omaggiare il farmaco ai propri clienti per un fine di liberalità”, bensì ”far conoscere ai propri clienti il XXX nell’ottica di migliorare la conoscenza e la diffusione dello stesso”.
Come confermato anche in sede di documentazione integrativa pervenuta alla scrivente in data … (R.U. …), ”In attesa di ricevere conferma circa la rimborsabilità del XXX (…), l’istante sta attualmente cedendo il prodotto al prezzo simbolico di 1 euro più IVA (…)”. La commercializzazione del XXX, secondo quanto rappresentato dall’interpellante, avviene, pertanto, applicando alla clientela un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, al fine di ”migliorare la conoscenza e la diffusione” del prodotto per un periodo di tempo determinato.
Con la presente istanza, dunque, la Società chiede di confermare la corretta qualificazione, ai fini IVA, delle cessioni poste in essere per le quali è stabilito contrattualmente un corrispettivo significativamente inferiore rispetto al prezzo di mercato (i.e. prezzo di 1 euro).
Giova preliminarmente evidenziare che il presente parere è reso sulla base delle informazioni fornite dall’interpellante nel presupposto della veridicità e completezza e, in particolare, della circostanza, evidenziata nella documentazione integrativa, che i citati prodotti sono ceduti ad un prezzo simbolico ma non alla stregua di campioni gratuiti, in quanto i prodotti commercializzati, come asserito dalla società istante, non sono etichettati come ”campione gratuito” e ”seguono il normale canale commerciale”.
Tenuto conto di tale precisazione, ad avviso della scrivente, la fattispecie in esame non è riconducibile nell’ambito applicativo della disciplina IVA prevista per le cessioni di ”campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati” di cui all’art. 2, comma 3, lett. d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Ciò posto, occorre quindi procedere alla qualificazione della cessione del farmaco al prezzo di 1 euro come operazione a titolo oneroso ovvero come operazione a titolo gratuito.
Sotto il profilo civilistico, ai fini che qui interessano, giova ricordare l’orientamento espresso dai giudici di legittimità, in base al quale il prezzo simbolico o apparente (i.e. nummo uno ”per un soldo”) si distingue dal prezzo irrisorio (o vile): l’uno, in quanto privo di ogni valore, renderebbe, in linea di principio, nulla la compravendita per difetto di un requisito essenziale; l’altro, in quanto provvisto di un qualche valore, seppur molto inferiore al livello di mercato, non inciderebbe sulla validità del contratto, ma porrebbe soltanto una questione di interpretazione negoziale e definizione causale.
In particolare, secondo la Suprema Corte, nella compravendita, il prezzo potrebbe ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (artt. 1418, 1470 c.c.), quando risulta concordato un prezzo obbiettivamente non serio, o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente e simbolico, o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato (cfr. ex multis, Cass., 24 febbraio 1968, n. 632; Cass., 28 agosto 1993, n. 9144; Cass., 19 aprile 2013, n. 9640; Cass., 4 novembre 2015, n. 22567).
In altri termini, secondo la Suprema Corte, a rigore, solo la mancanza di controprestazione (o il suo valore meramente simbolico) potrebbe tradursi in un difetto genetico della causa, all’esito di un sindacato che attiene alla regolare formazione del contratto, laddove, viceversa, uno squilibrio, anche notevole, pone solo un problema di interpretazione della volontà negoziale (l’inadeguatezza economica della prestazione potrebbe essere opportunamente valorizzata dal giudice, ai fini della qualificazione del contratto, di per sé valido, eventualmente sotto un diverso indice causale).
Secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, ”lo squilibrio economico originario non priva di causa il contratto, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell’autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Si ritiene dunque che, salvo particolari esigenze di tutela, ”le parti sono i migliori giudici dei loro interessi”” (cfr. Corte di cassazione, sezione I, sentenza 4 novembre 2015, n. 22567).
In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che non solo un corrispettivo irrisorio, ma anche simbolico o addirittura del tutto assente, potrebbe giustificare, dunque, l’attribuzione patrimoniale, al più connotandola come gratuita, laddove dalla sproporzione, voluta dalle parti, consegua la realizzazione di un interesse giuridico meritevole di tutela.
In applicazione dei principi interpretativi desumibili dalla giurisprudenza da ultimo citata, con riferimento al caso di specie, in relazione al prodotto XXX che la società dichiara di commercializzare, temporaneamente, al prezzo da quest’ultima indicato come ”simbolico” di 1 euro, allo scopo di promuoverne la diffusione, e rispetto al quale non vi è alcun obbligo, in capo al cliente/utilizzatore del farmaco, di testare lo stesso ovvero di fornire un feedback sull’efficacia o sugli effetti non è possibile escludersi che possa trattarsi, nella sostanza, una fattispecie di cessione a titolo gratuito.
Una puntuale qualificazione in tal senso, tuttavia, esula dalle prerogative esercitabili dalla scrivente in sede di interpello in quanto implica un’accurata valutazione di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano la fattispecie concreta, ivi inclusa un’indagine sulla causa concreta della dazione, ossia degli interessi concretamente perseguiti dalle parti interessate.
Tutte queste circostanze, alla luce del richiamato orientamento della cassazione, potrebbero, infatti, indurre l’Amministrazione Finanziaria a qualificare la cessione del farmaco al prezzo di 1 euro come operazione sostanzialmente gratuita, con la conseguenza che l’intera operazione dovrebbe essere valutata alla luce della relativa disciplina prevista ai fini IVA.
Infatti, sebbene la base imponibile delle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi sia ordinariamente costituita dall’ammontare complessivo delle somme dovute al cedente/prestatore secondo le condizioni contrattuali convenute dalle parti (cfr. articolo 13, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) e il corrispettivo sul quale calcolare l’imposta sia rimesso alla libera determinazione dei contraenti, non è escluso che la congruità del corrispettivo possa, comunque, formare oggetto di valutazione/indagine in sede di accertamento e costituire un elemento idoneo a condurre ad una riqualificazione dell’operazione di cui trattasi alla luce delle caratteristiche dello specifico assetto di interessi.
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