AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 469 del 28 novembre 2023
IVA – Trasferimento di carburanti per motori – Erronea applicazione del regime ordinario in luogo della sospensione d’imposta di cui all’art. 1, commi 937 e ss. della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – Effetti e rimedi esperibili – Art. 30-ter del dPR 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante è una società non residente «operante nel trading di prodotti petroliferi, registrata ai fini iva in Italia con partita iva inclusa nell’archivio VIES.».
L’istante rappresenta che nel mese di novembre 2021 acquistava e vendeva gasolio destinato ad essere utilizzato come carburante per motori per uso autotrazione (di seguito, ”il prodotto”), realizzando una cessione a catena con i seguenti soggetti:
a) [Beta], una raffineria europea stabilita in Grecia, sua fornitrice;
b) [Gamma], «una società stabilita nel Regno Unito, anch’essa operante nel settore della distribuzione all’ingrosso di carburanti e prodotti derivati, registrata ai fini iva in Italia con partita iva inclusa nell’archivio VIES a partire dal […] dicembre 2021»;
c) [Delta], «una società stabilita in uno Stato europeo con partita iva italiana operante nel medesimo settore», acquirente di [Gamma].
In particolare, dopo avere acquistato da [Beta] il prodotto, l’istante lo cedeva a [Gamma], la quale, a sua volta, lo cedeva a [Delta].
L’istante evidenzia che il «prodotto è stato posto in regime di sospensione d’accisa in un deposito fiscale greco ed è stato spedito direttamente da [Beta], con trasporto a cura di [ALFA], ad un deposito fiscale italiano, sito a […], gestito da un soggetto terzo indipendente, […], con cui [Delta] aveva in essere un contratto di deposito […]. Il prodotto è stato introdotto in regime di sospensione d’accisa all’interno del deposito fiscale italiano da [Delta]. Né [ALFA], né [Gamma] erano in possesso dell’autorizzazione allo stoccaggio prescritta dall’art. 1, c. 945, della l. 205/2017.
Nell’ambito dell’operazione descritta, [ALFA] ha posto in essere un acquisto intracomunitario di beni nei confronti di [Beta] ed una successiva cessione interna di beni nei confronti di [Gamma].».
Inoltre, ritenendo «che non potesse trovare applicazione il regime di sospensione da imposta di cui all’art. 1, c. 939 della l. 205/2017 (legge di stabilità 2018), [ALFA] ha integrato la fattura ricevuta da [Beta] e ha emesso fattura nei confronti di [Gamma] con applicazione di iva per euro […]. L’iva è stata corrisposta all’Erario in data 15 dicembre 2021 […].
Successivamente, il 7 dicembre 2021, a seguito di aggiustamento del prezzo, [ALFA] ha emesso nei confronti di [Gamma] una nota di credito per un imponibile di euro […] ed un’iva di euro […]. Detta iva è confluita nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2021 e, avendo [ALFA] posto in essere (fatta eccezione per quella intervenuta nei confronti di [Gamma] soltanto cessioni soggette a reverse charge a carico degli acquirenti residenti ex art. 17, c. 2, del d.p.r. 633/1972, la rettifica ha determinato il sorgere in capo alla Società di un credito di pari importo, chiesto a rimborso […].
A seguito di istruttoria dell’Ufficio […], il credito […] è stato rimborsato il 27 dicembre 2022.».
Dopo la prima sopra descritta operazione, all’inizio del 2022 ne è stata realizzata una seconda, identica, ma a parti invertite tra l’istante e [Gamma].
«Anche in questo caso, non ritenendo applicabile il regime di cui all’art. 1, c. 939 della l. 205/2017, [Gamma] ha emesso fattura nei confronti di [ALFA] con applicazione di iva. […] Detta iva ha concorso alla liquidazione del mese di gennaio 2022 di [ALFA] […] e, avendo la Società posto in essere soltanto cessioni soggette a reverse charge a carico degli acquirenti residenti ex art. 17, c. 2, del d.p.r. 633/1972 […], ha determinato il sorgere in capo alla stessa di un credito di pari importo, chiesto a rimborso […].
A seguito di istruttoria dell’Ufficio […], il credito […] è stato rimborsato il 13 marzo 2023, con riconoscimento di interessi per euro […].».
Nell’estate 2023, [Gamma] «ha reso noto a [ALFA] di aver presentato sul finire del 2022, in vista della realizzazione di operazioni analoghe a quelle appena descritte, un interpello, nutrendo dei dubbi in ordine all’applicabilità del regime di sospensione da imposta di cui all’art. 1, c. 939, della 1. 205/2017.».
In esito allo stesso l’Amministrazione finanziaria «ha risposto che ”il trasferimento di carburanti per motori autotrazione (V.d. 27101245; v.d. 27101249; v.d. 27101943; v.d. 27102011) da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, in regime di accisa sospesa, rientra sempre nel regime previsto dall’art. 1, comma 939, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 che prevede la sospensione nell’applicazione dell’IVA.».
In ragione di tale risposta e della conseguente necessità di correggere i comportamenti tenuti in difformità rispetto alla stessa, in «relazione alla regolarizzazione della prima operazione, la Società chiede se:
per la regolarizzazione dell’acquisto intracomunitario intervenuto nei confronti di [Beta] sia necessaria e sufficiente la presentazione di una dichiarazione integrativa ex art. 8, c. 6bis, del d.p.r. 322/1998 (primo quesito);
possa ricorrere, per ottenere la restituzione dell’iva indebitamente corrisposta all’Erario, allo strumento dell’art. 30ter, c. l, del d.p.r. 633/1972 (secondo quesito).
In relazione alla regolarizzazione della seconda operazione, la Società chiedesse, ferma la presentazione di una dichiarazione integrativa a sfavore ai sensi dell’art. 8, c. 6bis, del d.p.r. 322/1998 ed il versamento dell’importo di euro […] (euro […], oltre interessi rimborsati […]), ai fini del ravvedimento operoso ex art. 13 del d.lgs. 472/1997:
si rendano applicabili gli artt. 6, c. 2, del d.lgs. 472/1997 e 10, c. 3, della l. 212/2000, sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’art. 1, commi 937 e seguenti, della l. 205/2017 (terzo quesito);
come debbano essere calcolati gli interessi dovuti (quarto quesito).».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, seguendo la numerazione dei quesiti formulati, l’istante ritiene:
1) «che per la regolarizzazione dell’acquisto intracomunitario intervenuto nei confronti di [Beta] sia necessaria e sufficiente la presentazione di una dichiarazione integrativa ex art. 8, c. 6bis, del d.p.r. 322/1998 non determinando detta correzione l’emersione di una maggiore imposta o di un minor credito, o comunque una variazione al risultato della dichiarazione.»;
2) «di potere ricorrere, per ottenere la restituzione dell’iva indebitamente corrisposta all’Erario, allo strumento dell’art. 30ter, c. 1, del d.p.r. 633/1972, sussistendo un caso di ”incolpevole inerzia” del contribuente.»;
3) «che nessuna sanzione risulti applicabile ai sensi degli artt. 6, c. 2, del d.lgs. 472/1997 e 10, c. 3, della l. 212/2000, sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’art. 1, commi da 937 e seguenti, della l. 205/2017.»;
4) «gli interessi debbano essere calcolati al tasso legale sull’importo di euro […] con decorrenza dal […] 2023, data di ottenimento del rimborso, sino alla data del versamento effettuato ai fini del ravvedimento.».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Va in primo luogo rilevato che non costituiscono oggetto di interpello il comportamento degli ulteriori interlocutori ([Beta], [Gamma], [Delta], ecc.) intervenuti nelle complesse operazioni descritte, né i rapporti di ordine privatistico tra loro occorsi o che occorreranno in ragione delle operazioni poste in essere, qui assunte acriticamente, essendo avulsa dalla presente sede qualunque forma di controllo.
Tanto premesso, come ricordato anche dall’istante, con la risposta al precedente interpello presentato da [Gamma], richiamando i documenti di prassi in materia e le risposte rese in continuità con gli stessi a chiarimento di dubbi sollevati da altri contribuenti (cfr. le risposte numero 376 e 506, pubblicate rispettivamente il 17 settembre 2020 ed il 19 ottobre 2021 nell’apposita sezione del sito istituzionale della scrivente), si è ribadito che «coerentemente con quanto chiarito nella circolare n. 18/E del 7 agosto 2019, il trasferimento di carburanti per motori autotrazione (v.d. 27101245; v.d. 27101249; v.d. 27101943; v.d. 27102011) da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, in regime di accisa sospesa, rientra sempre nel regime previsto dall’art. 1, comma 939, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 che prevede la sospensione nell’applicazione dell’IVA.
Pertanto, come peraltro ribadito nella circolare n. 18/E del 7 agosto 2019 ”la cessione dei prodotti all’interno di un deposito o da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, o verso un destinatario registrato esercente deposito commerciale, non deve essere assoggettata ad IVA”.».
Trattasi, dunque, di principi assodati, non diversamente da quelli enunciati in riferimento agli errori nell’applicazione dell’inversione contabile, rispetto ai quali si è più volte rammentato «che l’articolo 6, comma 9bis3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che «Se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».
Stante la disposizione appena citata avente natura procedurale più che sanzionatoria il cessionario/committente debitore dell’imposta può, dunque, correggere l’errore commesso (applicazione dell’IVA ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette) tramite delle mere annotazioni contabili di senso contrario a quelle erroneamente eseguite e che intende neutralizzare, salva l’ipotesi in cui non abbia potuto esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA. In tale evenienza la norma prevede espressamente la possibilità di recuperare l’IVA non detratta tramite il ricorso alla nota di variazione, ove sussistano ancora i tempi di cui al comma 3 dell’articolo 26 del decreto IVA, ovvero, in alternativa, mediante la richiesta di rimborso ex articolo 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.
Nonostante ad oggi, ai fini IVA, occorra fare riferimento all’articolo 30ter del decreto IVA, che replica le disposizioni del rimborso anomalo contenute nel citato articolo 21, resta confermata la possibilità di ricorrere, nel caso di specie, in alternativa alla nota di variazione, all’istituto del rimborso anomalo.
Né valgono, nel caso di specie, le precisazioni più volte ribadite dalla scrivente in diversi documenti di prassi, ove è stato chiarito che «Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30ter del decreto IVA, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso di specie, l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per ”colpevole” inerzia del soggetto passivo.
La possibilità di ricorrere al rimborso deve essere riconosciuta, invece, laddove, ad esempio, il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972.» (così la circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021, ovvero recentemente la risposta n. 592 pubblicata sul sito della scrivente il 16 dicembre 2022).
I limiti sopra richiamati non ricorrono, infatti, perché, come già precisato, è lo stesso articolo 6, comma 9bis3, del d.lgs. n. 471 del 1997, a disporre il ricorso al rimborso anomalo (ex articolo 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, ora articolo 30ter del decreto IVA) in alternativa all’articolo 26 del decreto IVA.
[…]
Resta inteso che, affinché sia rispettata la neutralità dell’IVA ed il rimborso non integri la fattispecie di arricchimento senza causa, durante la fase istruttoria che segue la richiesta di rimborso, l’istante dovrà fornire prova all’Ufficio competente di non aver detratto l’IVA relativa alle prestazioni ricevute e che la medesima, se imputata a costo, sia recuperata a tassazione.» (con queste parole, anche di recente, la risposta n. 203 pubblicata il 7 febbraio 2023).
Dovendo fare applicazione dei principi richiamati al caso in esame, seguendo la numerazione dei quesiti formulati, deve dirsi che:
1) in ipotesi di inversione contabile applicata ad operazioni non imponibili o comunque con imposta che non è da versare, ma erroneamente ritenute imponibili, la presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8, comma 6bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 secondo cui «Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dell’imposta sul valore aggiunto possono essere integrate per correggere errori od omissioni, […] mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.» è necessaria, ma di per sé non sufficiente, dovendosi comunque accompagnare alle dovute rettifiche delle annotazioni effettuate in precedenza ed al versamento, fermo quanto si dirà sub 3), della sanzione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (eventualmente ridotta ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), trattandosi di dichiarazione complessivamente, ma non esclusivamente, ”a favore” del contribuente.
Infatti, solo «la presentazione di una dichiarazione integrativa interamente a favore del contribuente non è soggetta ad alcuna sanzione. È, invece, dovuta la sanzione amministrativa da 250 euro a 2.000 euro qualora la dichiarazione integrativa sia presentata per correggere errori od omissioni sia a favore che a sfavore del contribuente ed il risultato finale della stessa sia comunque rappresentato da un maggior credito. In tale ipotesi, infatti, risulta integrata la violazione sanzionata dall’articolo 8 del d.lgs. 471 del 1997 (Violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni).» (così la risoluzione n. 82/E del 24 dicembre 2020);
2) in assenza di specifica previsione del legislatore, lo strumento principale (e generale) per rimediare ad errori in sede di fatturazione è la nota di variazione (nello specifico, in diminuzione) di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risultando l’articolo 30ter del medesimo decreto una norma residuale ed eccezionale, la quale trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che hanno impedito l’emissione della nota.
Sotto questo profilo, nel caso in esame, fermo restando lo spirare del termine di cui all’articolo 26, comma 3, del decreto IVA per l’emissione di una nota di variazione (i.e. «un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile»), va rilevato pur in presenza di principi assodati in tema di cessione di carburanti all’interno di un deposito fiscale o da un deposito all’altro e, dunque, di applicazione dell’articolo 1, commi 937 e ss. della legge n. 205 del 2017 come lo specifico chiarimento sulla possibile collocazione anche all’estero dei depositi fiscali sia intervenuto solo con la recente risposta, sopra richiamata, resa a [Gamma] (n. 465, pubblicata il 21 novembre 2023 nell’apposita sezione del sito istituzionale dell’Agenzia).
Ne consegue, a fronte del comportamento tenuto in via prudenziale dall’istante e salva l’emersione di elementi contrari in sede di eventuale controllo, che l’attuale impossibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione non dipende da una colpevole inerzia dell’istante stessa, risultando pertanto applicabile la disposizione di cui all’articolo 30ter, comma 1, del decreto IVA e, quindi, la possibilità di chiedere la restituzione dell’imposta non dovuta, «a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima» (avvenuto, secondo quanto rappresentato, il 15 dicembre 2021);
3) la necessità del recente chiarimento in merito alla compravendita di carburanti con passaggio degli stessi da un deposito fiscale estero ad uno nazionale, di cui al punto precedente, dà conto di una preesistente incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’articolo 1, commi 937 e ss. della legge n. 205 del 2017, tale da escludere, almeno in capo all’istante, l’applicazione di sanzioni ex articoli 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (si veda, al riguardo, già la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998). Ciò, come già sopra rilevato, fatta salva l’emersione in sede di eventuale controllo di elementi taciuti o non adeguatamente valorizzati nell’interpello ora in esame;
4) la restituzione di somme indebitamente percepite a rimborso deve essere accompagnata dalla corresponsione dei relativi interessi che, in assenza di iniziative dell’Ufficio, possono individuarsi nella misura di cui all’articolo 38bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (2 per cento annuo con decorrenza dalla indebita percezione).
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