AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 giugno 2021, n. 402
IVA – Trattamento applicabile al contributo erogato a sostegno di una riduzione tariffaria per il servizio di gestione dei rifiuti
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Comune istante ha fatto presente che con la delibera del Consiglio Comunale (…) ha istituito, a decorrere dal (…), la TARI (la tariffa per la copertura dei costi inerenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani) secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 668, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
Il Comune, in ottemperanza alla deliberazione dell’Autorità X (di seguito Autorità) n. (…) – che ha previsto alcune misure di tutela straordinaria e urgenti derivanti dalle limitazioni introdotte a livello nazionale e locale dei provvedimenti normativi adottati al fine di contrastare l’emergenza da COVID-19 – ha applicato le riduzioni della predetta tariffa per alcune categorie di utenze non domestiche sulla base della minore quantità di rifiuti dalle stesse prodotte.
Con riferimento al documento per la consultazione n. (…) – in cui si profilano gli sviluppi di modifica del metodo tariffario rifiuti che tengono conto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e che rappresenta una prima chiave di lettura per l’attuazione della citata delibera n. (…) – il gestore del servizio rifiuti ha quantificato il danno economico subito per le utenze dello stesso Comune.
Il Comune, successivamente, con delibera n. (…), ha stanziato un importo – quale contributo a titolo di indennizzo stimato a copertura delle riduzioni applicate – finanziandolo con una quota dei trasferimenti del Fondo Funzioni Fondamentali, di cui all’articolo 106 del decreto-legge n. 34 del 2020. L’istante dovrà ora provvedere al trasferimento della somma al gestore del servizio.
Al riguardo, il Comune ha rappresentato che la società che gestisce il servizio rifiuti (di seguito gestore) sostiene che è tenuta ad emettere fattura verso lo stesso ente locale per l’importo pari all’indennizzo riconosciuto, con la conseguente applicazione dell’IVA in regime di split payment, oltre all’addebito dell’imposta addizionale.
Il Comune ritiene, viceversa, che non debba essere emessa nei propri confronti alcuna fattura con addebito dell’IVA e dell’addizionale provinciale poiché non può essere paragonato all’utente finale.
Più precisamente, il Comune ritiene che la somma da trasferire non sia il corrispettivo di una prestazione di servizi erogata, ma un mero trasferimento di fondi a titolo di indennizzo a seguito dell’emergenza pandemica; si tratta di un mero indennizzo monetario quale intervento di carattere straordinario e sociale secondo i fini umanitari e istituzionali cui è preposto e la riduzione delle tariffe a determinate categorie non è effettuata sulla base di una graduatoria di merito o di una valutazione politica, ma essenzialmente imposto dall’eccezionale situazione emergenziale venutasi a determinare a seguito della pandemia.
A tal riguardo, il Comune ha precisato che la scelta di ridurre le tariffe verso alcune utenze non domestiche non deve essere inteso come un beneficio o utilità per l’amministrazione pubblica, ma piuttosto come un’indicazione che la pubblica autorità ha adottato in relazione alla chiusura forzata di determinate categorie commerciali (non domestiche) e, quindi, l’impossibilità per dette utenze di produrre rifiuti.
Ciò premesso, il Comune ha chiesto di conoscere se il predetto contributo debba o meno essere assoggettato ad IVA con la conseguente emissione, da parte del gestorebeneficiario, della fattura in regime di split payment, oltre l’addebito dell’addizionale provinciale.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante ritiene di dover versare al gestore dei rifiuti la somma stanziata quale contributo a copertura delle riduzioni delle tariffe applicate alle predette utenze non domestiche, come previsto dalla normativa adottata per far fronte all’emergenza COVID-19, mediante il trasferimento dell’importo complessivo previsto nel proprio bilancio, nel rispetto dell’articolo 10-bis del decreto-legge n. 137 del 2020 (senza l’applicazione della ritenuta d’acconto del 4 per cento, di cui all’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) ed escludendo lo stesso contributo dall’assoggettamento sia dall’IVA sia dall’addizionale provinciale
Parere dell’agenzia delle entrate
La normativa dell’Unione Europea (in particolare gli articoli 2 e 73 della Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE) alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia UE, definisce in maniera alquanto ampia l’ambito oggettivo di rilevanza di un’operazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Più precisamente, si configura un’operazione imponibile solo quando esista tra il prestatore e il destinatario un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio effettuato all’utente (cfr. sentenze della Corte di Giustizia CE: 23 marzo 2006, causa n. C-210/04 e 3 marzo 1994, causa n. C-16/93).
Più specificamente, in tema di determinazione della base imponibile agli effetti dell’IVA, il citato articolo 73 prevede, tra l’altro, che «per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi (…), la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
Al riguardo, la suddetta Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare che la locuzione “sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo” deve essere interpretata nel senso che essa include unicamente le sovvenzioni che costituiscono il corrispettivo totale o parziale di un’operazione di fornitura di beni o di prestazione di servizi e che sono versate da un terzo al venditore o al prestatore, spettando comunque al giudice nazionale di verificare, sulla base degli elementi di fatto che gli sono sottoposti, l’esistenza di tale circostanza (cfr. sentenza 22 novembre 2001, n. C-184/00).
La stessa Corte, altresì, ha evidenziato che, fermo restando la facoltà del giudice nazionale di verificare in maniera autonoma, in relazione a elementi fattuali che gli sono sottoposti, se la sovvenzione costituisca o meno un corrispettivo connesso con il prezzo, in ogni caso il solo fatto che una sovvenzione possa avere influenza sul prezzo dei beni ceduti o dei servizi forniti dal soggetto sovvenzionato non è sufficiente a rendere la stessa “sovvenzione” imponibile all’IVA; infatti, perché la sovvenzione sia direttamente connessa con il prezzo di dette operazioni, ai sensi del richiamato articolo 73 della Direttiva, è rilevante la circostanza che essa sia specificamente versata all’organismo sovvenzionato affinché fornisca un bene o effettui un determinato servizio. In questo caso la sovvenzione può essere configurata alla stregua di un corrispettivo della fornitura di un bene o della prestazione di un servizio.
Nello stesso senso, con la successiva sentenza del 13 giugno 2002, n. C-353/00 la Corte di Giustizia ha stabilito che la disposizione contenuta nella Direttiva [all’epoca l’articolo 11, parte A, n. 1, lett. a) della sesta direttiva a cui corrisponde attualmente il citato articolo 73] riguarda, tra l’altro, situazioni in cui sono interessate tre parti, vale a dire l’ente pubblico che concede la sovvenzione, l’operatore economico che ne beneficia e l’acquirente del bene o il destinatario del servizio rispettivamente ceduto o fornito dall’operatore sovvenzionato. In tale contesto, la somma versata da un ente pubblico ad un operatore economico in relazione a un determinato servizio fornito da quest’ultimo a determinate categorie di utenti può costituire una sovvenzione ai sensi della predetta normativa. La Corte ha avuto modo di constatare che la somma versata dall’ente pubblico all’operatore economico è stata ricevuta da quest’ultimo come corrispettivo del servizio dallo stesso fornito a determinate categorie di beneficiari e, quindi, in quanto corrispettivo di un’operazione, rientra nella base imponibile IVA ai sensi della predetta disposizione.
Nell’ambito dell’ordinamento nazionale occorre far riferimento all’articolo 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 il quale prevede, tra l’altro, che «la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, (…), aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti».
Sul punto, la Corte di Cassazione (sentenze nn. 16825 e 16827 del 30 luglio 2007) ha statuito che “una sovvenzione in tanto può concorrere alla formazione della base imponibile IV in quanto nel rapporto che intercorre tra il beneficiario dei contributi ed il soggetto erogatore si possa configurare un nesso sinallagmatico tra le somme versate a titolo di contribuzione ed una qualsivoglia prestazione di servizi o cessione di beni effettuati dal primo.”.
In sostanza, secondo la Suprema Corte affinché la somma erogata possa essere assoggettata ad IVA “occorre cioè che l’agevolazione si rifletta direttamente sui servizi forniti ed i beni ceduti dall’organismo sovvenzionato, in tal senso istituendosi quella specifica connessione tra contribuzione e prezzo da valutare caso per caso in base alla diminuzione che esso subisce proprio per effetto della sovvenzione stessa” ed inoltre “per stabilire, dunque, se i contributi in parola rientravano nel campo di azione dell’IVA, era necessario individuare se le sovvenzioni si configuravano come contribuzioni a fondo perduto (come tali non realizzanti alcun presupposto impositivo) siccome rivolti al perseguimento di obiettivi di carattere generale non correlati a specifiche prestazioni nel senso suindicato oppure se l’impresa che se ne avvaleva quale beneficiaria era tenuta ad una controprestazione”.
Coerentemente con la richiamata prassi giurisprudenziale e alle disposizioni unionali l’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 34/E del 22 novembre 2013, ha chiarito che, in linea generale, un contributo assume rilevanza agli effetti dell’IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare e permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In sostanza, il contributo assume natura onerosa, configurando un’operazione rilevante ai fini del tributo quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallgmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario rappresenta il compenso per il servizio effettuato (cfr. risoluzioni: n. 72/E del 3 maggio 1999; n. 54/E del 24 aprile 2001; n. 90/E del 19 marzo 2002; n. 183/E dell’11 giugno 2002; n. 135/E del 23 giugno 2003; n. 100/E del 25 luglio 2005; n. 473/E del 3 dicembre 2008).
Viceversa, l’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo (beneficiario) non risulta obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione (cfr. risoluzioni n. 54/E del 2001; n. 183/E del 2002 e n. 42/E del 16 marzo 2004. La medesima circolare n. 34/E del 2013 ha ribadito che al fine di accertare se i contributi di cui trattasi costituiscano nella sostanza corrispettivi per prestazioni di servizi, ovvero si configurino come mere elargizioni di denaro per il perseguimento degli obiettivi di carattere generale, occorre fare riferimento al concreto assetto degli interessi delle parti, la corretta qualificazione di una somma come corrispettivo o contributo richiede, altresì, un’attenta analisi dell’accordo/provvedimento che ne prevede l’erogazione al fine di accertare se il soggetto beneficiario del denaro sia tenuto all’esecuzione dell’attività finanziata o sia un mero tramite per il trasferimento delle medesime somme a terzi attuatori.
Le predette conclusioni sono state confermate anche dalla successiva circolare n. 20/E del 11 maggio 2015, che ha precisato il trattamento IVA applicabile ai contributi pubblici relativi alle politiche del lavoro e della formazione professionale, con la quale la scrivente ha ribadito che l’applicazione dell’IVA a una determinata operazione presuppone l’esistenza di un nesso di reciprocità fra le prestazioni dedotte nel rapporto che lega le parti (pubbliche o private che siano).
Pertanto, ove sussista il predetto nesso l’erogazione di denaro si qualifica come corrispettivo e l’operazione deve essere regolarmente assoggettata al tributo.
Diversamente, ossia in mancanza della funzione sinallgmatica tra gli importi erogati da parte pubblica o privata e la prestazione resa dalla controparte, le stesse somme di denaro si qualificano come contributi, nel senso di mere movimentazioni di denaro e, in quanto tali, saranno escluse dall’ambito applicativo dell’IVA.
Nella fattispecie in esame, l’originaria convenzione, stipulata in data (…), tra l’Agenzia Alfa per i Servizi Pubblici di (…) e il gestore Beta S.p.A., avente per oggetto la gestione dei servizi inerenti al ciclo dei rifiuti urbani, ha stabilito all’articolo 12 che, a fronte dell’erogazione del servizio fosse dovuto, in sostanza, un corrispettivo costituito dalla tariffa riscossa nei confronti degli utenti del medesimo servizio. In particolare, tale articolo 12 ha previsto, tra l’altro, che, a fronte dell’erogazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani, è dovuto un corrispettivo che, a regime, sarà costituito dal gettito dell’applicazione della tariffa di cui all’articolo 49 del d.lgs. 22 del 1997, da determinarsi in conformità alle disposizioni del d.P.R. n. 158 del 1999 a cura dell’Agenzia e le parti si davano atto che non sussistendo all’atto della stessa convenzione le condizioni giuridico normative per il concreto esercizio della potestà tariffaria da parte dell’Agenzia, i corrispettivi per l’erogazione del servizio saranno corrisposti al gestore da parte degli utenti del medesimo servizio nei territori delle amministrazioni comunali che abbiano dato corso all’applicazione della tariffa di cui al d.P.R. n. 158 del 1999.
Con la delibera n. (…) del Consiglio, il Comune ha deciso di proporre la riduzione della tariffa del servizio rifiuti urbani e assimilati alle utenze non domestiche che, a seguito dell’emergenza COVID-19, hanno dovuto sospendere la propria attività (così come individuate dalla citata deliberazione n. … dell’Autorità). Nella medesima delibera n. (…) il Comune ha richiesto al gestore del servizio che nelle fatture emesse nei confronti delle utenze aventi diritto alla riduzione tariffaria venisse espressamente indicato l’importo della stessa riduzione accompagnato dalla dicitura “sostegno comunale per riduzione tariffaria COVID-19”.
Al riguardo, si ritiene che il contributo riconosciuto dal Comune al gestore si configura quale sovvenzione direttamente connessa con il prezzo della prestazione di servizi a cui è tenuta lo stesso gestore, destinata a coprire, totalmente o parzialmente, la riduzione decisa dal Comune con la citata delibera. Detta sovvenzione, infatti, è destinata a coprire, in tutto o in parte, la perdita che il gestore si troverebbe a fronteggiare in relazione alla riduzione della tariffa deliberata dal Comune per agevolare determinate categorie di utenze che, per l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione epidemiologica, hanno visto sospesa la propria attività (con la conseguente riduzione nella produzione di rifiuti).
Da quanto evidenziato nella delibera comunale, come detto, il gestore sarà tenuto ad indicare nella bolletta l’importo della riduzione accompagnandola con la dicitura ” sostegno comunale per riduzione tariffaria COVID-19″evidenziando, in tal modo, che la sovvenzione è destinata a coprire l’entità della riduzione e, dunque, che la stessa è direttamente connessa al prezzo dell’operazione in questione. La stessa sovvenzione viene, infatti, erogata direttamente al gestore tenuto a fornire la prestazione di servizi contrattualmente individuata, ossia la gestione dei rifiuti urbani e assimilati.
In tale contesto, dunque, si ravvisa un rapporto sinallagmatico tra la sovvenzione-contributo e la prestazione di servizi di gestione dei rifiuti.
Alla luce di quanto precede, si ritiene che la sovvenzione deliberata e versato dal Comune al gestore rientra nella base imponibile dell’operazione che il gestore è tenuto a svolgere, ai sensi delle citate disposizioni della Direttiva n. 112/2006/CE e dell’articolo 13 del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto rappresenta un’integrazione sovvenzione direttamente connessa con il corrispettivo concordato in sede contrattuale con lo stesso Comune.
Nella sostanza il rapporto sinallagmatico intercorre tra il Comune (nella veste di committente) e il gestore (quale prestatore) e, quindi, il medesimo contributo di cui risulta beneficiario il gestore, seppur ispirato a finalità di carattere straordinarie dovute all’emergenza COVID-19 per compensare la riduzione delle tariffe concordate a favore di determinate utenze, risulta correlato alla specifica prestazione a cui è tenuto e obbligato contrattualmente lo stesso gestore nei confronti del Comune committente.
Tale contributo-sostegno deve essere, quindi, fatturato dal gestore in regime di split payment.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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