CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 agosto 2021, n. 23174
Tributi – TARSU – Aree occupate all’interno dell’interporto di Nola – Accordo di esclusione dallo svolgimento del servizio di rimozione e di smaltimento dei rifiuti – Esonero dal tributo
Ritenuto
1. – La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 11396/44/2016 del 24 novembre 2016, pubblicata il 15 dicembre 2016, favorevolmente scrutinando il gravame della contribuente appresso indicata, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 10422/2015, ha accolto il ricorso proposto dalla società E. s.r.l., in persona del legale rappresentante, nei confronti del Comune di Nola, in persona del Sindaco in carica pro tempore, legale rappresentante delì’tnte impositore, e nei confronti dell’Agente della riscossione, avverso l’avviso di pagamento della TARSU dovuta per l’anno 2012 in relazione alle aree occupate dalla società all’interno dell’interporto.
2. – L’ente impositore ha proposto ricorso per cassazione mediante atto del 15 giugno 2017.
E con memoria dell’8 aprile 2021 ha insistito per l’accoglimento della impugnazione.
3. – La società contribuente ha resistito mediante controricorso del 21 luglio 2017 e mediante memoria del 23 febbraio 2021.
Considerato
1. – La Commissione tributaria regionale, pur convenendo col giudice di prime cure nella affermazione del principio di diritto secondo il quale « la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ai sensi dell’art. 62 del d. lgs. 507/1993, è dovuta non in base alla effettiva produzione dei rifiuti bensì in base alla utilizzazione delle superfici idonee a produrre rifiuti e alla potenziale potenzialità (sic) del servizio », ha, tuttavia, motivato l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente, in riforma della sentenza appellata, osservando: anche per l’annualità del 2012, in contestazione, deve trovare attuazione la transazione stipulata l’11 marzo 2010 tra il Comune di Nola e l’Interporto Campano, in virtù della quale era escluso lo svolgimento del servizio di rimozione e di smaltimento dei rifiuti all’interno delle aree interportuali; infatti non risultano essere intervenute modificazioni nell’espletamento del servizio in parola, atteso che il Comune ha concesso a terzi la gestione del servizio solo per le aree esterne all’ Interporto; inoltre con determina adottata il 18 maggio 2010 (non considerata dalla Commissione tributaria provinciale) il responsabile dell’ufficio tributi dell’Ente impositore ha accordato alla società la riduzione del 15% del tributo; né l’accordo transattivo, né la ridetta determina sono state revocate dall’Ente impositore.
2. – La ricorrente denunzia, con unico motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 62 del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507.
L’ente impositore deduce: la Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione della norma di legge in parola, in virtù delle quale il possesso di aree idonee a produrre rifiuti e la potenziale utilizzazione del servizio di raccolta e di smaltimento comportano la soggezione ai tributo, indipendentemente dalla circostanza che il contribuente si fruisca, in concreto, del servizio; la contribuente possessore di un capannone industriale non ha offerto la prova liberatoria, atta a superare la presunzione di legge, che l’immobile sia inidoneo a produrre rifiuti; è assolutamente irrilevante la circostanza che la intimata non utilizzi di fatto il servizio; fallace e ininfluente è la distinzione operata dalla Commissione tributaria regionale tra le aree « esterne » e quelle « interne » dell’interporto; conta soltanto la distinzione tra strade pubbliche e strade private (nella specie quelle interne tra i lotti dell’Interporto), atteso che, ovviamente, in relazione alla strade private il servizio di raccolta dei rifiuti non viene espletato; orbene, far tempo dal 2010, il pubblico servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è regolarmente attivo lungo « le strade pubbliche di collegamento della per la zona ASI – CIS – Interporlo – Vulcano Buono » ed è esercitato dalle imprese concessionarie (come documentato in prime cure mediante la produzione di stralcio del contratto di appalto e dalla relazione in data 20 marzo 2014 della impresa appaltatrice); l’accordo stipulato l’il marzo 2010 tra il Comune e la Società Interporto Campano s.p.a. per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009 durante i quali il servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella zona in questione non era espletato, ha esaurito i suoi effetti alla data del 31 dicembre 2009; non era, pertanto, necessario alcun provvedimento di revoca; e del pari irrilevante è la determina del dirigente dell’ufficio tributi, in data 18 maggio 2010, la quale, in attuazione del ridetto accordo ha annullato gli avvisi di accertamento emessi per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009.
3. – Il ricorso è infondato.
3.1 – La Commissione tributaria regionale ha espressamente ribadito nell’esordio della parte motiva il principio di diritto del quale il comune ricorrente denunzia la violazione; e, nel prosieguo della motivazione, il Giudice a quo non ha operato accertamenti in punto di fatto che contraddicano l’applicazione del principio (correttamente enunciato) al caso di specie.
Per vero la Commissione tributaria regionale ha motivato la riforma della sentenza appellata, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della società odierna controricorrente, sia sulla base della interpretazione dell’accordo intervenuto l’11 marzo 2010 tra il Comune di Nola e l’interporto Campano, del quale ha postulato la applicazione anche per le successive annualità, in difetto di mutamenti della situazione; sia precipuamente sulla base dell’assunto fattuale che, anche per le annualità in contestazione, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani continuasse a non essere espletato dal Comune nella zona ove è ubicato il capannone della società controricorrente, sicché la stessa non avrebbe potuto avvalersene.
È, pertanto, da escludere nettamente la sussistenza della denunziata violazione di legge.
3.2 – Le ulteriori censure sviluppate dal ricorrente investono piuttosto la interpretazione, operata dal giudice a quo, dell’accordo dell’11 maggio 2010, in relazione alla applicazione del negozio per le annualità successive del tributo, e l’accertamento negativo, in punto di fatto, della Commissione tributaria regionale circa la erogazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella zona di pertinenza dell’immobile tassato.
Ma tali censure non devono essere prese in considerazione: gli è che, non essendo riconducibili al motivo della violazione di legge, per quale il ricorso è stato proposto, e, costituendo, invece, censure di merito in punto di fatto, sono inammissibili nella sede del presente scrutinio di legittimità.
3.3 – Consegue alla considerazioni che precedono il rigetto del ricorso.
3.4 – Le spese del presente giudizio sono congruamente liquidate nel dispositivo in base alla soccombenza.
3.5 – La reiezione del ricorso comporta, infine, trattandosi di impugnazione notificata dopo ii 31 gennaio 2013, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta li ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 1.800,00 per compensi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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