La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 25392 depositata il 12 novembre 2013, intervenendo in tema di licenziamenti ha statuito che è legittimo il licenziamento operato dall’azienda nei confronti del dipendente che, durante l’attività operativa in fabbrica, ripetutamente rifiutato di indossare i dispositivi di protezione individuali, nel caso in specie gli occhiali.
La vicenda ha riguardato un dipendente che è stato licenziato per avere reiteratamente rifiutato di indossare gli occhiali di protezione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa all’interno del reparto produttivo, così come previsto dal documento di valutazione dei rischi e da specifica disposizione aziendale.
Il dipendente impugnava il provvedimento di licenziamento inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, disposto dal datore per non aver indossato gli occhiali di protezione, il cui uso era stato prescritto dall’azienda nello svolgimento della prestazione lavorativa. Il dipendente riteneva, invece, che l’uso degli occhiali di protezione doveva ritenersi necessario, secondo il parere espresso dalla AUSL, solo durante le lavorazioni che esponevano il lavoratore a rischio, e specificamente nel caso in cui egli fosse stato addetto a mansioni che comportavano l’uso di aria compressa, ovvero nel caso in cui questa fosse utilizzata da altri dipendenti nelle immediate vicinanze.
Il Tribunale adito ha rigettato la domanda del lavoratore e la sentenza veniva confermata anche dalla Corte di Appello che evidenziavano, nelle motivazioni, che la normativa sulla sicurezza in materia di lavoro pone anzitutto a carico del datore di lavoro un dovere di valutazione dei rischi, non delegabile, con l’obbligo di esplicitarne la valutazione in un apposito documento, che deve contenere una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione effettuata.
Il dipendente avverso la decisione della corte territoriale propone ricorso, fondato su sei motivi di censura, alla Corte Suprema.
I giudici della Suprema Corte, non accolgono la tesi del dipendente e rigettano il ricorso, puntualizzano che le periodiche riunioni organizzate dal datore di lavoro sulla prevenzione e protezione costituiscono adempimento dell’obbligo informativo e formativo in capo al datore, tanto più che durante una di queste il lavoratore aveva firmato un verbale nel quale veniva fatto riferimento proprio alla necessità di indossare gli occhiali protettivi in determinate attività. Il provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro è legittimato, vista la conoscenza delle norme da parte del lavoratore e alla luce delle reiterate violazioni dell’obbligo.
Gli Ermellini hanno ritenuto la disposizione aziendale legittima in considerazione che il datore di lavoro è chiamato a rispondere non solo per l’omissione di misure di sicurezza espressamente e specificamente definite dalla legge, ma anche per l’omissione di quelle che siano suggerite da conoscenze sperimentali e tecniche. Pertanto è inadempiente il lavoratore che rifiuta reiteratamente di osservare l’obbligo discendente dalla prescrizione del datore.
All’interno del rapporto di lavoro subordinato, non è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa nei modi e nei termini precisati dal datore di lavoro in forza del suo potere direttivo.
Non sussiste infatti una potenziale controversia su una non condivisa scelta organizzativa aziendale, perché tali obblighi in materia di sicurezza non possono essere sindacati dal lavoratore.
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